“MaXXXine” – la recensione in anteprima del nuovo film di Ti West
Presentato in anteprima esclusiva stasera con una maratona mozzafiato, “MaXXXine” uscirà al cinema dal prossimo 28 agosto. Nel cast, oltre a Mia Goth, anche Michelle Monaghan, Giancarlo Esposito, Elizabeth Debicki e Kevin Bacon.
Hollywood, 1985.
Maxine Minx, star di film per adulti ed aspirante attrice, riesce finalmente a trovare la sua grande occasione. In seguito ad un provino, ottiene infatti la parte della protagonista nel sequel di un horror intitolato (non a caso?) La Puritana II e risulta determinata a sconvolgere il pubblico con la sua interpretazione, per entrare così nell’industria cinematografica più importante del mondo.
Un misterioso assassino, però, dà la caccia alle stelle di Hollywood. Conosciuto con il nome di Night Stalker, adesca le sue vittime invitando loro ad una festa sulle colline di Los Angeles e ne compie l’omicidio seguendo ogni volta un copione ben preciso.
Maxine è scaltra e questo la aiuta a tenersi alla larga dal pericolo, ma questa scia di sangue rischia di rivelare il suo oscuro passato. Qual è il suo legame con le vittime?
Riuscirà ad affrontare i suoi traumi e a diventare una grande star del cinema?
Un horror classico, ma innovativo
“Introducendo idee molto moderne in film che sono anche immersi nell’estetica del passato, West ha fatto qualcosa di audace e di molto cinematografico.”
Martin Scorsese su New York Times, sulla trilogia di Ti West
Dopo il successo di X: A sexy horror story (2022) e Pearl (2022), Ti West torna sul grande schermo con l’ultimo capitolo della sua trilogia, confermandosi un maestro contemporaneo del genere horror. Ammirato dalla critica (e da grandi nomi come Martin Scorsese e Stephen King) ed influenzato dal cinema americano del passato, con MaXXXine il regista colloca le vicende narrate in una Los Angeles tanto affascinante quanto cupa e contraddittoria.
Maxine è attratta da tutto ciò che la patria del sogno americano può offrire e si muove in un ambiente che sembra conoscere molto bene, ma che nasconde criminalità e spiacevoli sorprese. La stessa forte determinazione ad inseguire il suo sogno si scontra con i segreti che continuano a perseguitarla.
La struttura del racconto potrebbe definirsi classica, in particolare nell’utilizzo degli elementi specifici del thriller e dell’horror – inseguimenti, imboscate, inquadrature strette e sequenze “tarantiniane”, girate per lo più al buio e in vicoli ciechi – che fanno emergere progressivamente una serie di indizi utili allo svelamento dell’identità del serial killer e, al contempo, cercano di spiegare il ruolo di Maxine nella storia.
Mentre gli investigatori a cui è affidato il caso di Night Stalker seguono le tracce della giovane, lei porta avanti una sua personale indagine, nel tentativo di salvare le persone care che le stanno intorno e di chiudere finalmente con il suo passato.
Nonostante qualche buco di trama e – a mio parere – uno sviluppo approssimativo del legame tra Maxine e quanto le è accaduto nell’infanzia (vi è un chiaro riferimento alla figura del padre che non è mai realmente approfondito), MaXXXine è colmo di elementi che rendono la storia interessante e coinvolgente.
Un omaggio al cinema di un tempo
Complice un insieme di caratteristiche che gli appassionati hanno sicuramente ritrovato nelle opere precedenti di West, Maxxxine è un horror sui generis, in cui non mancano elementi splatter, inseriti nella giusta misura e funzionali alla narrazione e all’intrattenimento, imprescindibile dal genere in questione.
Ti West sceglie anche questa volta una precisa ambientazione che, curata nei minimi dettagli, richiama i grandi classici e il cinema di un tempo. Non solo, ciò che possiamo definire “gore” – e l’estetica comunemente associata ad esso – ci ricorda i B-movies e la sperimentazione degli effetti visivi.
La Hollywood degli anni ‘80 è rappresentata in maniera impeccabile come un luogo in cui convergono e coesistono due scenari differenti: da un lato, le strade della città dove il pericolo è sempre dietro l’angolo; dall’altro, gli studios cinematografici, specchio di una realtà patinata e seducente.
La fotografia di Eliot Rockett (già collaboratore di West) racconta e accentua questo contrasto: si alternano scene girate di notte – in cui spicca, nel buio, il colore rosso del sangue – e sequenze ambientate nella Los Angeles assolata che ci è senza dubbio più familiare, dove Maxine si muove con disinvoltura.
La ragazza si adatta a questa doppia natura e la interiorizza, subendo il fascino del “sogno americano”, ma conoscendo anche il lato oscuro dello show business e di un luogo in cui la violenza è sotto gli occhi di tutti.
La dualità del personaggio talvolta disorienta lo spettatore. Non sappiamo veramente cosa ha in mente Maxine, né riusciamo a dare una spiegazione al suo rifiuto a collaborare alle indagini su Night Stalker. In più occasioni non riusciamo a giustificare il suo distacco verso le crude vicende, nonostante molte persone vicine a lei siano coinvolte.
Nessuno può mettere Maxine in un angolo
Il trauma della protagonista rimane nell’ombra quasi fino alla fine della pellicola e, man mano che ci si avvicina a questo momento, esso sfuma nella più classica rivelazione del colpevole, un po’ scontata se non fosse per la resa visiva e un’intera sequenza che si svolge nei pressi dell’imponente Hollywood Sign.
“Non accettare mai una vita che non meriti.”
Maxine Minx (Mia Goth)
Si assiste qui alla liberazione della protagonista e all’emergere della sua vera natura. Il suo legame con la Maxine del passato è il vero ostacolo nel perseguimento dei suoi obiettivi e l’aspirazione alla carriera cinematografica è non solo una “vocazione”, ma anche il modo per abbandonare una volta per tutte ciò che la tormenta fin da piccola.
Mia Goth è magnetica ed impeccabile, una conferma per chi ha visto anche X e Pearl ed una rivelazione per chi invece ne sente parlare per la prima volta.
“Nella mia professione, finché non sei conosciuta come un mostro, non sei una star.”
Bette Davis
Al di là dell’aspetto di Maxine (che ricorda vagamente quello dell’attrice), non passa inosservata, in apertura dell’opera, una citazione che la riconduce a Bette Davis, icona senza tempo. Vi è infatti un chiaro riferimento all’aspirazione che accomuna queste due donne, forti della loro ambizione e consapevoli degli ostacoli che l’industria cinematografica di quel periodo pone loro davanti.
Come Bette, Maxine si fa strada all’interno di un sistema dominato dagli uomini e cerca di scardinare parte di esso a modo suo: diventa così “il mostro”, disposta a tutto – anche alla violenza – pur di raggiungere il successo.
Se Davis ha sfidato gli Studios per ottenere la completa libertà di scegliere i progetti, Maxine allo stesso modo punta alla fama e all’affermazione di sé, ossessionata da una vita che merita di essere vissuta. Ovviamente secondo le sue regole.
Un cast d’eccezione
Al fianco di Mia Goth, il cast si arricchisce di grandi nomi come Giancarlo Esposito (Gus Fring di Breaking Bad) nel ruolo del suo agente, Michelle Monaghan (Boston-Caccia all’uomo, Every breathe you take) e Bobby Cannavale (The Watcher, Nine perfect strangers) nei panni degli investigatori impegnati nel caso di Night Stalker, Elizabeth Debicki (The Crown), regista di The Puritan II, e Kevin Bacon, un detective privato e “villain” della storia.
Li accomuna un’aura misteriosa ed un ruolo sempre attivo e connesso con le azioni della protagonista. Chi per buone intenzioni, chi dalla parte del “nemico”, ciascuno di questi personaggi contribuisce a fornire allo spettatore una messa in scena dalle molteplici letture, che suscita continuamente dubbi e sospetti.
Nel complesso il film è godibile, coinvolgente e adatto non soltanto agli appassionati del genere. MaXXXine è la rappresentazione accurata di un’epoca passata fatta di luci e di ombre, che regala al pubblico un’esperienza insolita e trascinante.
a cura di
Sofia Vanzetto
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