“Hit Man”, l’ultimo gioiellino di Richard Linklater – la recensione in anteprima

“Hit Man”, l’ultimo gioiellino di Richard Linklater – la recensione in anteprima
Condividi su

In uscita al cinema giovedì 27 giugno la nuova commedia di Richard Linklater, designata come “Film della critica” all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Il film è ispirato alla vera storia di Gary Johnson, qui interpretato da un esilarante e talentuoso Glen Powell che, reduce dal successo di “Tutti tranne te”, collabora alla sceneggiatura e dà vita a un personaggio incredibile e – letteralmente – dalle molteplici sfumature. Nel cast anche Adria Arjona e Austin Amelio.

Dopo avere conquistato l’80° Festival del Cinema di Venezia, Hit Man sembra avere tutte le carte in regola per sorprendere anche il grande pubblico nelle sale cinematografiche. Richard Linklater (nella sua filmografia anche Before Midnight, School of Rock, Boyhood, Tutti vogliono qualcosa) torna infatti con una commedia che attinge a vari generi e topoi del cinema e ci restituisce una riflessione sull’identità e la necessità di uscire dagli schemi.

“Hit Man” è liberamente ispirato a un articolo che ho letto quasi vent’anni fa sulla rivista “Texas Monthly”, riguardante un fatto di cronaca nera veramente accaduto. Il film si propone di mescolare diversi generi – commedia, noir, thriller, dramma psicologico – ma soprattutto indagare sul concetto di identità, e su quanto la nostra personalità possa, o meno, cambiare.

Richard Linklater

“Hit Man”

Il film si ispira alla storia di Gary Johnson, un professore di psicologia e filosofia che vive con i suoi gatti (si chiamano Es e Ego, e non poteva essere altrimenti) nella periferia di New Orleans. Separato ma con un ottimo rapporto con l’ex moglie ora incita, quando non insegna collabora sotto copertura per il dipartimento di polizia della città, per reati di piccola entità. Nulla potrebbe essere più ordinario.

Alla richiesta di fingersi un killer per sventare possibili omicidi e incastrare i mandanti, si rivela particolarmente abile, anche grazie ai suoi travestimenti e alla grande capacità di calarsi nei panni di un sicario ogni volta diverso e sempre credibile.

Gary studia tutto nei minimi dettagli, osserva attentamente i suoi interlocutori, misura i suoi gesti e le parole senza forzature e, anche quando sembra cedere al suo malcapitato, le sue doti di improvvisazione non lo ingannano.

Lo schema non subisce imprevisti fino a quando conosce Madison, una giovane donna disposta a tutto pur di liberarsi di un marito violento e possessivo. Così, nei panni dell’affascinante Ron, Gary finisce per flirtare con lei in quello che sembra più un primo appuntamento che un incontro tra “criminali”. Madison è visibilmente attratta da Ron e lui, da quel momento, non può fare altro che assecondare… Ron.

La vita di Gary cambia con l’identità che lui stesso decide di assumere: il suo personaggio è decisamente meno impacciato, ha una fidanzata e un look impeccabile che non passa inosservato. Le vicende del professor Johnson prendono una piega inaspettata e divertente, perfettamente in sintonia con la sua personalità in divenire.

Quale identità?

Le lezioni di Gary ai suoi studenti raccontano un desiderio comune e anticipano un racconto di vita straordinario. Egli spiega che “vivere pericolosamente” è un monito per una vita piena di esperienze che possano arricchire l’essere umano. Esperienze da cui lui stesso sembra tenersi alla larga.

Fin dalle prime scene, una voce narrante ci racconta la doppia vita del protagonista che, come qualsiasi agente o collaboratore sotto copertura, è ben consapevole delle caratteristiche e dei modi di essere che il lavoro gli chiede di assumere. Anche se Gary, un po’ come nella quotidianità, tende a rimanere nell’ombra.

Ciò che lo spettatore non sa è che questo gioco di ruoli si amplifica e funziona più di quanto lo stesso protagonista si aspetti. Johnson veste ogni volta i panni di un personaggio diverso, più o meno eccentrico, inquietante, silenzioso, rozzo, riflessivo.

E ancora contro ogni previsione, cede non solo al fascino e alla determinazione di Madison, ma anche al savoir faire e alla scaltrezza di Ron, il suo alter ego, ciò che sceglie di essere e che, appunto, lo porta a vivere davvero.

Che ne sarà del suo essere profondo? Qual è la sua vera identità e cosa lo determina? Attraverso l’azione e il susseguirsi degli eventi lo spettatore è chiamato a scoprirlo e, in questo modo, a riflettere sul rapporto (talvolta il conflitto) tra ego e alter ego. Tra noi e ciò che vogliamo mostrare di noi, in relazione alle numerose circostanze in cui ci troviamo.

Un film-rivelazione

Come molte storie raccontate sul grande schermo, anche il film di Linklater tratta, tra gli altri, il tema della doppia personalità e della doppia vita e lo fa in modo divertente ma non banale, avvalendosi di un linguaggio ironico e cinematografico che soddisfa anche lo spettatore più appassionato, ribaltando al contempo la figura “leggendaria” del sicario che la cultura mainstream ci ha proposto fino ad oggi.

Non giochiamo con i cliché, quindi alla fine Hit Man diventa un vero toccasana, e ti lascia con un messaggio gioioso. Che è ancora più folle”, […] “Non stiamo giocando con il noir o con questo tipo di temi nichilisti. Stiamo lasciando al pubblico una molla davvero divertente verso l’essere che vuole diventare.

Glen Powell, The Hollywood Reporter

Nel film ritroviamo inoltre un elemento chiave che unisce come un filo rosso le storie di Linklater, ovvero la cura e l’attenzione al lato più umano dei personaggi, che nascondono e poi rivelano un qualcosa di straordinario, in una quotidianità che rispecchia quella dello spettatore.

Ogni azione, riflessione e contraddizione non è mai fuori luogo e anche nella compresenza di più generi – “tra thriller erotico e screwball comedy” – l’unicità del protagonista rimane salda, adattandosi al contesto che cambia e alla possibilità di vivere situazioni che mai si sarebbe immaginato.

…con un cast formidabile

Complice della buona riuscita della pellicola, trascinante è indubbiamente la sceneggiatura, frutto della collaborazione del regista con lo stesso Powell, consolidata in passato da progetti come Fast Food Nation (2006), Tutti vogliono qualcosa (2016) e Apollo 10 e mezzo (2022). Anche per chi non avesse visto i film precedenti, Hit Man conferma un sodalizio in grado di far emergere il grande talento dell’attore, in sordina fino a poco tempo fa.

Completano il cast Austin Amelio (noto soprattutto per il ruolo di Dwigh nella serie tv The Walking Dead) nei panni del collega squilibrato e rancoroso, scalzato da Gary. E Adria Arjona (Morbius, Triple Frontier), nel ruolo di Madison, sorprendente e affabile complice del protagonista anche nella costruzione di tempi comici e di azione perfettamente intrecciati.

Hit Man è una rivelazione, una black comedy che ridisegna i limiti di questo stesso genere e non lascia indifferenti. Mentre il pubblico non può fare a meno di affezionarsi ai personaggi, anche quando le loro azioni sono folli o moralmente discutibili, Linklater pone l’accento su una riflessione esistenziale, sull’importanza di valorizzare il proprio talento. Di trovare e di “trovarsi” nella propria identità.

a cura di
Sofia Vanzetto

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – All’alba de Il Cinema Ritrovato – “Amadeus” (e il grande fan Aronofsky) in Piazza Maggiore
LEGGI ANCHE – L’invenzione di noi due ecco il film tratto dall’omonimo romanzo
Condividi su

Sofia Vanzetto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *