Fredd0°: “La vita fa schifo”, ma quest’intervista no

Fredd0°: “La vita fa schifo”, ma quest’intervista no
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Un progetto musicale interessante, ironico, cinico ma che racconta una realtà quotidiana in cui vive non solo Fredd0°. A voi l’intervista in occasione dell’uscita del terzo album “La vita fa schifo”

Dall’Abruzzo con ottimismo inverso. Un po’ pop, un po’ cantautorale, un po’ tante cose che unite danno vita a un progetto interessante, particolare. Quel pizzico di originalità che ha fatto drizzare le orecchie al sottoscritto. Fredd0°, al secolo Davide, è da poco su tutte le piattaforme streaming col suo terzo album, “La vita fa schifo”. Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con lui, sperando di essere meno tediosi di una replica di “Terra Amara” su Rete 4 alle 3 di notte.

Ciao Davide, benvenuto su The Soundcheck. È un piacere poter rivolgerti alcune domande in occasione dell’uscita del tuo nuovo album “La vita fa schifo”. Anzitutto, raccontaci un po’ di te, del tuo progetto Fredd0°. Anche perché è curioso il nome Fredd0°, anche per come è scritto…

Il piacere è tutto mio e vi ringrazio molto per l’intervista!

Il progetto Fredd0° nasce nel 2019, dopo vari trascorsi in diverse band ho sentito il bisogno di partire da zero con un progetto solista, così ho comprato una loop station e ho iniziato a scrivere di tutto quello che mi passava per la testa, senza filtri.

Quando il primo disco era già pronto non sapevo ancora come chiamare il progetto ma un giorno passò a casa mia Gianluca, un mio compaesano, gli feci ascoltare l’album e mi consigliò di chiamarmi Fredd0°. Disse che aveva notato una certa disinvoltura nel mio trattare di temi delicati attraverso l’ironia, difatti era così perché io sono così, quindi è nato Fredd0°.

Fredd0° porta ogni argomento al grado 0, non ha paura di generare controversie né di mettersi in ridicolo ma ci scherza su senza alcun problema.

Nel 2020 debutti con “La Crisi” (mai titolo fu più azzeccato come tempistiche), poi nel 2023 esce il secondo album “I soldi, l’amore e la morte”. Ora, “La vita fa schifo”. Un’escalation di ottimismo, potrebbe dire qualcuno. Ci racconti l’evoluzione in questi quattro anni?

L’evoluzione è sicuramente dettata dalle situazioni che ho vissuto, la mia è una ricerca continua su me stesso. “La crisi” l’ho scritto in un momento in cui avevo bisogno di libertà e quindi me la sono andata a prendere, “I soldi, l’amore e la morte” è segnato da un lungo periodo di riflessione e “La vita fa schifo” è in un certo senso la sua conseguente risposta.

Sul fatto che sono dei titoli pessimisti non posso farci niente, magari un giorno sarò una delle persone più felici sulla faccia della terra e scriverò di quello ma quel giorno non è ancora arrivato perché ad oggi la mia vita fa schifo. Per inciso, tutto questo è valido anche dal punto di vista musicale, per il prossimo album potrei tranquillamente virare sul black metal nel caso dovessi trasferirmi per lavoro in Norvegia.

Come è stato creare passo dopo passo “La vita fa schifo”? Da dove sei partito per la stesura delle canzoni? E a quale sei più legato?

Onestamente non ricordo quale canzone io abbia scritto per prima e quale dopo, forse perché sono tutte delle canzoni molto istintive, nate al massimo nello spazio di una giornata.

Ad esempio quando ho scritto il brano “La vita fa schifo” ero a casa con la febbre, suonavo quei miseri quattro accordi mentre vaneggiavo sul fatto che in quel momento mi stava andando tutto male, pensavo che forse dovevo trasferirmi in un’altra città per dare una svolta alla mia vita, oppure avrei dovuto fare lo stesso lavoro di mio padre perché tutto sarebbe stato più semplice ma alla fine ho concluso che è proprio avere trent’anni che fa schifo, ed è la vita stessa, in generale, a fare schifo. Qualsiasi strada avessi preso non sarebbe cambiato niente, avrei avuto comunque la porzione di merda che prima o poi spetta a tutti, quindi canta che ti passa.

Se dovessi descrivere l’album a qualcuno che non conosce nulla di musica, come faresti? A cosa paragoneresti “La vita fa schifo”?

Gli direi che io non credo alla gente che risponde “tutto bene” alla domanda “come stai?”. Dato per certo che se qualcuno ti domanda come stai vuol dire che vuole parlarti di come sta lui, se non vuoi trasmettere negatività a una persona che magari ha già i suoi problemi, l’unica cosa che puoi fare è sdrammatizzare, ma non rispondere “tutto bene” perché in realtà non ti crede nessuno.

Poi, se rispondi tipo: “Alla grande”, sembri uno di quelli che vuole far credere di avere una vita meravigliosa solo perché può permettersi di noleggiare una macchina americana per fare video da postare sui social, ma che non superino i trenta secondi eh! Mi raccomando! Purtroppo la vita dura più di trenta secondi, ed una bella canzone, il più delle volte, dura più di due minuti.

“Big Arms” è stato il primo singolo estratto dall’album, accompagnato tra l’altro da un video molto particolare e che di sicuro possiamo dire tutt’altro che banale. Non è passato inosservato, dato che ha avuto menzioni anche in alcuni festival di cinema e cortometraggi…

Anche “Big Arms” è una canzone molto istintiva, racconta di questo mostro con le braccia lunghissime a cui tutti rischiamo di assomigliare. Margherita Tacconelli ha tradotto in illustrazione il brano e ne è uscito questo bellissimo videoclip.

A settembre saremo in finale per il Picentia Short Film Festival soprattutto grazie a tutti quelli che ci hanno sostenuto attraverso la votazione online, sarà sicuramente un’ottima occasione per presentare il video, il talento di Margherita e il progetto Fredd0°.

– A proposito di “non banalità”, la copertina dell’album è tanto semplice quanto d’impatto, nella sua semplicità: una tua foto, con aquiloni che volano sullo sfondo e il tuo volto in primo piano… coperto da uno scarabocchio.Di chi è stata l’idea? È stato qualcosa di studiato oppure un “raptus di creatività”?

La seconda. Mi hanno fatto quella foto al mare e poi me l’hanno inviata, avevo una tale faccia da ebete che ho dovuto cancellarla e alla fine è diventata la copertina dell’album. Credo che sia un’immagine molto emblematica e che rispecchi i contenuti raccontati nelle canzoni dell’album, è un’istantanea di un momento felice che di colpo viene cancellato dalla realtà.

L’operazione della cancellatura produce un effetto sull’immagine che un po’ fa ridere e un po’ ci rimani di cazzo, ma sempre in maniera sottile, più o meno le tracce di “La vita fa schifo” dovrebbero generare lo stesso effetto sull’ascoltatore.

Hai in programma un tour, una serie di concerti per portare in sede live “La vita fa schifo” e gli altri tasselli della tua discografia?

Sì, ho delle date in programma. Per me suonare dal vivo è fondamentale perché mi sento più vicino alle persone e non lo faccio soltanto per far ascoltare loro le mie canzoni: le canzoni sono solo un tramite. Più che altro lo faccio per confrontarmi con gli altri e per conoscerli, non a caso mi piacciono tanto le piccole situazioni e un po’ meno i grandi palchi.

– Ultima domanda, originale quanto la programmazione di Rai1 d’estate: progetti per il futuro?

Sto scrivendo le canzoni per il prossimo album, ho già qualche bozza, alcune le testerò live quest’estate. Per il resto andiamo avanti giorno per giorno, piano. Quest’ultima parola non tagliatela, riferitelo all’addetto al montaggio! Ciao e grazie ancora!

a cura di
Andrea Mariano

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Andrea Mariano

Andrea nasce in un non meglio precisato giorno di febbraio, in una non meglio precisata seconda metà degli Anni ’80. È stata l’unica volta che è arrivato con estremo anticipo a un appuntamento. Sin da piccolo ha avuto il pallino per la scrittura e la musica. Pallino che nel corso degli anni è diventato un pallone aerostatico di dimensioni ragguardevoli. Da qualche tempo ha creato e cura (almeno, cerca) Perle ai Porci, un podcast dove parla a vanvera di dischi e artisti da riscoprire. La musica non è tuttavia il suo unico interesse: si definisce nerd voyeur, nel senso che è appassionato di tecnologia e videogiochi, rimane aggiornato su tutto, ma le ultime console che ha avuto sono il Super Nintendo nel 1995 e il GameBoy pocket nel 1996. Ogni tanto si ricorda di essere serio. Ma tranquilli, capita di rado. Note particolari: crede di vivere ancora negli Anni ’90.

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