“La casa del Mago” di Emanuele Trevi

“La casa del Mago” di Emanuele Trevi
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Dopo il romanzo Due vite, vincitore del Premio Strega 2021, Emanuele Trevi torna con La casa del mago, edito Ponte alle Grazie, per rievocare la memoria di suo padre, lo psicanalista junghiano Mario Trevi

Questo romanzo è un’autobiografia, ma è anche una riflessione sul senso dei rapporti umani e dell’esistenza stessa. Un viaggio all’interno dei ricordi condivisi con suo padre; tra le sue letture, tra gli oggetti custoditi nel suo appartamento (anche studio), che non trova acquirenti, e dove il figlio si trasferisce decidendo di farne casa propria.

L’intento sembra quello di raccontare questo uomo definito “saturnino”, riservato e schivo, ma Trevi fa molto di più: leggendo sembra di trovarsi in una sorta di labirinto, dove ogni volta continui a muoverti sicuro di essere sulla strada giusta e invece alla fine ti accorgi che non c’è una sola via ma tante, diverse.

I protagonisti di La casa del Mago: la casa

In La casa del Mago si incontrano personaggi un po’ “sui generis”, come Paradisa, una prostituta peruviana, amica della Degenerata, la domestica, che fa di tutto tranne che pulire e rassettare la casa. Altri forse inesistenti, come la Visitatrice, altri ancora sono addirittura oggetti o libri che prendono vita attraverso il racconto del narratore.

Ma la casa è la prima, vera protagonista. È un oggetto inanimato ma conserva le tracce del passato, delle anime che sono passate da lì per essere guarite dal Mago e, pare dia una sensazione negativa a chiunque entri, tanto da fare in modo che nessuno sia interessato ad acquistarla. 

In questa casa, che diventa così la casa anche del figlio, inizia la ricerca. Ed è a questo punto che protagonisti diventano i libri, gli oggetti e le persone che la frequentano.

Come il libro Simboli della trasformazione di C. G. Jung, che riporta a margine le esclamazioni, le domande e anche le contestazioni di Mario Trevi che il figlio rilegge e studia cercando un’origine, un appiglio da cui partire per scoprire qualcosa in più di suo padre.

E poi l’I Ching. Il libro dei mutamenti, testo divinatorio antichissimo, ritrovato stranamente in precarie condizioni, dato l’uso, dove il narratore riconosce il ritratto del padre in un esagramma.

Ogni oggetto possiede una memoria: come la vecchia lucerna che ricorda l’infanzia del padre rovinata dalla guerra; o i ciottoli di fiume che Mario Trevi puliva e levigava e dove si rifugiava quando aveva bisogno di un pò di pace. 

Gli altri personaggi di La casa del Mago

La Degenerata e Paradisa sono personaggi che entrano nella storia quasi come una distrazione, come pensieri che entrano senza chiedere il permesso e rimangono fino a che non li accetti e li lasci andare, come se la casa fosse la coscienza umana.

La Visitatrice, che non si sa se esista o meno, è come quando non si riesce a distinguere la realtà dalla percezione della stessa e rimani nel dubbio dell’esattezza dei tuoi stessi pensieri.

Nonostante le tante tracce e i ricordi di un passato insieme, Mario Trevi, rimane per il figlio comunque un mistero. La voce del narratore finisce per confondersi con quella del padre diventandone una “prosecuzione” o forse una ripetizione, confermando proprio ciò che il padre stesso gli disse un giorno mentre erano a Venezia:

“Solo ciò che accade due volte possiede un significato magico e arcano. Un evento che si verifica una sola volta è un caso; più di due volte è un’abitudine, un fatto comprovato, dipende da leggi stabilite”.

Questo romanzo enigmatico, un po’ magico, contiene secondo me un messaggio importante sulla vita e, in generale, sul mistero che ognuno di noi conserva e che andrebbe preservato, anche se non si riesce a conoscerlo mai per davvero. 

Consiglio questa lettura a chi desidera espandere il proprio punto di vista e a chi ama trovare nei libri ispirazioni per nuove letture e riflessioni.

a cura di
Anna Francesca Perrone

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