Grande successo per i Porcupine Tree, la band britannica di Steven Wilson, simbolo del progressive rock che registra il tutto esaurito all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone in occasione del Roma Summer Fest 2023
Partiamo da un presupposto, assistere ad un concerto in una cornice cosi suggestiva come la Cavea dell’Auditorium, è di per se un’esperienza magica. Se poi ad esibirsi sul palco è una band iconica della scena progressive rock come i Porcupine Tree, l’esperienza del live raggiunge un’intensità e un pathos difficile da descrivere.
È evidente che Roma li attendesse con trepidazione: la fila di persone a piedi per raggiungere l’Auditorium è chilometrica e i pochissimi posti liberi nell’anfiteatro decretano un bel sold out.
Un evento, questo, che i fan stavano aspettando dall’esibizione al Forum di Assago di Milano lo scorso 24 ottobre, con la band che tornava live dopo oltre 12 anni di assenza creativa, dando ancora una volta, un’occasione per ascoltare i brani del nuovo lavoro discografico “Closure/Continuation” insieme a una rivisitazione dei grandi classici della loro lunga carriera, in una di quelle che, a detta del leader, potrebbe essere una delle ultime esibizioni live.

Passato e presente si intrecciano magistramente in un live da brividi
Sono da poco passate le 21:00 quando le luci illuminano la scena e una sublime “Blackest Eyes” decreta l’inizio praticamente perfetto del concerto. L’atmosfera creata dalla band è impressionante ed il pubblico reagisce con entusiasmo, tanto che già dal secondo pezzo, “Harridan” le persone, invitate da Wilson, abbandonano le sedie e si accalcano sotto al palco.
I Porcupine Tree appaiono da subito in splendida forma, con il leader Steven Wilson scalzo al centro, (voce, tastiera e pianoforte elettronico) supportato in maniera eccezionale da quel mostro di bravura di Gavin Harrison (batteria) e dalle architetture sonore di un Richard Barbieri in splendida forma. Ad accompagnare i tre membri della formazione originale un turnista di tutto rispetto, Randy McStine alla chitarra. Grande assente il bassista Nate Navarro per problemi familiari, come annunciato sui social dalla band.
Il concerto, che dura complessivamente ben oltre due ore, prosegue senza indugi con l’intensa “On the New Day“. Seguono “Mellotron Scratch” e “Open Car“. Quindi Wilson imbraccia l’acustica per la coppia “Drown with Me” e “Dignity“.
Nuovo tuffo nel passato con la celebre “The Sound of Muzak“, con un assolo di chitarra stravolgente per il leader fondatore. L’atmosfera diventa magica con “Last Chance to Evacuate Planet Earth Before It Is Recycled” e poi più cupa con “Chimera’s Wreck“, con l’esaltazione della sessione ritmica che ne aumenta la tensione. Si prosegue con un’energica “Herd Culling“. Presente e passato continuano ad intrecciarsi magistralmente con quello che è uno tra i brani più progressive della band.
Uno dei vertici della serata, lo si raggiunge con uno dei pezzi più rappresentativi, “Anesthetize“in una versione devastante, accolta dalla platea con un’ovazione che rimbomba nel cielo estivo e nel petto. Brividi.
Si prosegue con la suggestiva “I Drive the Hears” e poi con una versione particolarmente energica di “Sleep Togheter“.
C’è ancora spazio per gli immancabili bis e la conclusione del concerto è ancora di altissimo livello.
Si parte con una splendida “Collapse The Light Into Earth“, in tutta la sua intensità e poesia. Si prosegue quindi con una toccante “Halo“, fino ad arrivare all’immancabile “Trains“, l’unico brano dei Porcupine Tree ad essere riuscito a trascendere i confini abituali della band, per raggiungere un pubblico più ampio, come ha più volte sottolineato lo stesso Wilson, scherzando sullo scarso appeal commerciale della sua musica.

Un omaggio a decenni d’arte
Si conclude cosi, com’è iniziato tra gli applausi calorosi ed entusiasti dell’Auditorium, una serata a dir poco trionfale nella quale i Porcupine Tree hanno saputo incantare meravigliosamente con una scaletta ben dosata, con accostamenti interessanti e riproposizioni curate e impeccabili creando un’atmosfera e una connessione con il pubblico difficile da spiegare.
Un vero e proprio omaggio a decenni d’arte per una band che oggi più che di culto, si presenta come un gruppo che è riuscito anche nel suo periodo di inattività a mantenere vivo l’interesse per la sua musica, grazie alla carriera solista di Steven Wilson che ha raggiunto picchi qualitativi impressionanti.
Setlist
- Blackest Eyes
- Harridan
- Of The New Day
- Mellotron Scratch
- Open Car
- Dignity
- The Sound Of Muzak
- Last Chance To Evacuate Planet Earth Before It Is Recycled
- Chimera’s Wreck
- Herd Culling
- Anesthetize
- I Drive the Hears
- Sleep Togheter
Encore: - Collapse the Light Into Earth
- Halo
- Trains
a cura di
Gabriella Vaghini
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