Gorillaz, un viaggio nel tempo su Cracker Island per rivivere gli anni ’80
Tornano i Gorillaz con l’ottavo album in studio, Cracker Island
Preparate le valigie e non dimenticate a casa giacche di pelle cortissime e t-shirt extra large: con “Cracker Island” tornano in auge gli eighties.
A circa tre anni di distanza dal fortunato “Song Machine, Season One: Strange Timez“, il nuovo album della virtual band londinese fondata dal frontman dei Blur, Damon Albarn, e dal fumettista Jamie Hewlett si presenta come un revival collettivo che ci porta indietro di oltre quarant’anni.
Un dichiarato omaggio al sound della Cool Generation delle band inglesi degli anni ’80 – tra cui Style Council, Working Week, Sade ed Everything But The Girl – fluidamente immerso nelle sonorità dance-funk ed elettroniche più contemporanee.
Un album energico, disteso e ricco di potenziali hit, impreziosito da un parterre di featuring stellari
“Cracker Island” racconta la partenza della band dal Regno Unito verso la California, un viaggio onirico di dieci tracce (quindici nella versione deluxe) che suonano come dieci lettere d’amore, capaci di custodire una miriade di universi musicali.
Due anni di intense sessioni in studio di registrazione, completate durante la primavera del 2022 in co-produzione artistica con Greg Kurstin (Liam Gallagher, Red Hot Chili Peppers, Foo Fighters, Flaming Lips) e Remi Kabara Jr. (già turnista della band dal 2020), che vantano la collaborazione di artisti di fama internazionale.
Il groove di basso di Thundercat arricchisce la title track quanto la voce di Stevie Nicks dei Fleetwood Mac rafforza qualitativamente “Oil”. Adeleye Omotayo (precedentemente già vocalist di Amy Winehouse) amplifica la risonanza armonica di “Silent Running”.
Tame Impala e Bootie Brown non sono da meno nell’eccellente “New Gold”, tra le migliori del disco. Il rapper portoricano Bad Bunny contribuisce alla riuscita della solare “Tormenta” e Beck sigilla con la sua innata profondità espressiva il brano “Possession Island”.
I Gorillaz sono ancora un side project di Damon Albarn?
Sulle macerie emerse dalla fine della Guerra del Vietnam, passando per il disastro nucleare di Chernobyl e la caduta del Muro di Berlino, cresceva una società controversa, a cavallo tra le Generazioni X ed Y.
“Cracker Island” si colloca nitidamente in quegli anni, nostalgicamente memore di un passato idealizzato e calato nel manifesto di una società impegnata politicamente ma, al contempo, volta all’edonismo e al pensiero positivo.
Un album divertente, assolutamente interessante e non effimero dove Damon Albarn riesce ad esprimere il suo talento verso nuovi orizzonti artistici ed eguaglia il numero di dischi pubblicati con i Blur. A tal ragione, a fronte della raggiunta – nonché inaspettata – longevità dei Gorillaz, conviene ancora considerarlo come un suo mero side project?
Ai lettori di The Soundcheck l’ardua sentenza.
a cura di
Edoardo Siliquini
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