Manca la carta, il collasso è vicino?

Manca la carta, il collasso è vicino?
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Accedendo al sito di Adei, l’articolo più recente racconta nel dettaglio la ripresa economica degli editori indipendenti e, di conseguenza, delle librerie. Sono titoli che troviamo ovunque in questo periodo, che raccontano di una popolazione che legge molto di più, che si interessa e che dialoga su questi prodotti principalmente cartacei.

Questo è l’enorme problema. Ci accontentiamo dei titoli.

Caratteri di stampa. Foto Unsplash
In sintesi

Proviamo a sintetizzare cosa è successo in questi anni. Nel 2001 viene tramutato in legge un decreto salva librerie (le chiamano così ma vi assicuro che da libraia non c’è una sola legge che tuteli da certe cose) che prevedeva uno sconto di copertina del 10% massimo. Nel 2011 entra in vigore la legge Levi che invece, nel tentativo di uniformare i costi alla media europea, alza il tetto massimo di sconto al 15%. Lo scorso anno diventa legge il decreto del 2020, quello definito dai media salva librerie (di nuovo). Nel 2021 abbiamo ancora una volta una modifica delle normative che impongono, questa volta, uno sconto massimo del 5%.

Il lettore diventa la vittima dello Stato che non tutela chi non si può permettere di spendere 18 euro per un libro. Allora i bookblogger aumentano a dismisura ed ecco che si torna a leggere, gratuitamente, in cambio di recensioni.

Cetriolini

Se, e dico se, decidiamo di andare alla ricerca di un senso in tutto questo, ci rendiamo conto di quanto sia necessario che quel famoso sconto sia basso. I motivi sono tanti ma fra tutti, sicuramente, la possibilità di abbassare il prezzo di copertina. Nel 2001 un libro costava in media 12,50 euro sul quale si poteva applicare il 10% di sconto e acquistare così il volume a 11,25 euro. Questa percentuale lasciava pressoché invariato ogni costo e ogni guadagno, ma permetteva al lettore di sentirsi fortunato per aver potuto aderire e acquistare il libro al prezzo più basso.

Quando uscì la legge Levi ci trovammo di fronte al rialzo di quel prezzo di copertina perché, se avessimo applicato quel 15% di sconto su quei 12,50 euro, avremmo speso in media 10,62 euro. Poteva andare bene per le migliaia di pagine pubblicate ogni anno da Mondadori o Feltrinelli, ma un editore più piccolo come poteva resistere?

Macchina piana della cartiera Fabriano. Foto tratta dal loro sito internet

Perché vedete, dietro un libro c’è la carta che deve essere acquistata dalla tipografia. Non si va in cartiera e si comprano risme di fogli, bisogna chiamare lo stabilimento che produce ma che poi manda la carta a chi la rende “stampabile”. Da li bisogna quindi aggiungere inchiostri, trasporti, luce, lavoro e allestimento del libro. L’editore deve pagare i diritti d’autore e chi traduce. Aggiungiamo i magazzini e l’aguzzino del distributore. E come puoi sopravvivere e retribuire il lavoro se il libro, alla fine, costa 10 euro?

Così si è visto aumentare il prezzo di copertina. Incrementando il costo di circa 2 euro si poteva tornare a respirare. Il libro fino a tre anni fa aveva un costo di 14,50 euro circa e con quel 15% si poteva tornare ad acquistare a poco più di 12 euro, dando così la possibilità di aderire agli sconti maggiori che la legge Levi prevedeva in alcuni periodi.

Se la legge salva librerie non avesse incontrato il Covid, ad oggi avremmo avuto dei costi di copertina nuovamente in discesa, così da poter pagare quel volume tra gli 11 e i 12 euro.

Chi più, chi meno, tutti abbiamo i nostri cetrioli che ci guardano dal frigorifero.

Mamma ho perso la carta

Dal 2020 ad oggi (quindi in questi due anni di onorata chiusura di attività e incremento dei lettori) è vero, l’editoria ha ripreso aria. Se non fosse che il costo delle materie prime, dell trasporto e dell lavoro è aumentato a dismisura.

Il bello della mia esperienza in tipografia è ritrovarsi il direttore che ti guarda e dice: “non c’è carta“.

Come può non esserci? La prima cosa alla quale si pensa è l’assenza di alberi. Giusto, ci siamo mangiati tutte le foreste, ma molte cartiere piantano alberi proprio per poter utilizzare lo stesso terreno e lo stesso quantitativo di carta, allora non è quello il problema. Dove è finita?

La carta è ferma. L’aumento dell’energia ha costretto le cartiere (quelle che producono carta) a ridurre le ore di lavoro e dunque a rallentare la produzione, così come per chi prepara poi i fogli. Quando vedete le bobine sappiate che non escono già così dalla cartiera. La carta viene passata in una macchina continua che prepara, con una serie di operazioni, i rotoli sui quali si stampa.

Esempio di bobina per la stampa dei manifesti pubblicitari. Foto di Ylenia Del Giudice

Si riducono le ore di lavoro e si accumulano le richieste. Quindi se chiamo oggi chiedendo 50mila euro di carta per stampare (che per una tipografia è pressappoco una manciata di bancali) state pur certi che, se mi dice bene, arriverà fra 20 o 30 giorni. E il costo non sarà lo stesso di oggi e nemmeno di due anni fa.

Abbiamo poche ma buone cartiere qui in Italia, allora perché importiamo dalla Cina? Perché, nonostante tutto, ci costa meno. O ci costava, dipende dal tipo di carta che bisogna acquistare. Ma se prima con 1.000 euro di trasporto fino al Mediterraneo si potevano spedire 50 quintali di carta, oggi con la stessa cifra si spedisce solo un quintale.

Il problema sono le cooperative?

Potrebbero, si. Le cooperative sono lo stesso motivo per cui i pastori buttano latte e guadagnano una miseria per il lavoro che fanno. Qui abbiamo in parte la stessa situazione.

Il Conai non ti lascia molto movimento e se da una parte è giusto pagare un contributo volontario per imballaggi, carta e plastica, dall’altro l’imprenditore è massacrato perché, sul prodotto finito, dovrà aggiungere anche le spese del Conai sostenute volontariamente. É un consorzio che ti obbliga all’adesione, non hai alternativa.

Tiriamo le somme

Da marzo 2020 le tipografie hanno visto aumentare il tutto del 120%. Il 70% è dovuto al rincaro della materia prima, il contributo Conai è più che raddoppiato e il trasporto dalla Cina al Mediterraneo ha avuto il 600% d’aumento.

Se prima una classica 80gr usomano per i libri costava 90 centesimi al chilo, ora arriva a 1,55 euro.

Se una tipografia richiede della carta ma il rivenditore sa che fra 15 giorni potrebbe venderla a un prezzo maggiore, l’unica cosa che risponde è che non c’è carta. Eppure le grandi aziende la tirano fuori in continuazione, come è possibile? C’è l’equivalente di una Bat-caverna? No, ci sono gli accordi. Patti fra grandi aziende, intese fra cartiere e distributori di prodotti cartacei, per esempio. Questo per poter assicurare alla grande azienda e alla grande distribuzione un lavoro costante. Anche perché nessuno spedisce più lettere, ma abbiamo imparato che quando ci dicono che non possiamo più avere quelle buste ne sentiamo l’esigenza immediata. Ve la ricordate la lamentela comune del ridateci le librerie durante il lockdown, no?

Perché il libraio non può farci nulla (e neanche l’editore)

Una volta che abbiamo preso coscienza di tutto quello che ruota dietro una copertina, ci possiamo rendere anche conto che non era la legge che avrebbe dovuto salvare le librerie e non è neanche Amazon che ci affossa. L’editore non può modificare a piacimento il prezzo di copertina e non può mettere un foglietto con scritto “scusate, abbiamo sbagliato“. E allora si affossa piano piano, cercando di garantire la continuità di quel costo sul quale si può ancora applicare uno sconto e cercando di arrivare a pagare anche chi quei libri li stampa.

Perché dal 2020 è vero che l’editoria è impennata ma i costi di copertina non si sono abbassati, così come era stato previsto con l’arrivo del decreto prima e legge poi. Il prezzo di copertina non può essere abbassato e alzato di punto in bianco, ma l’editore paga comunque un prezzo più alto di prima e, di conseguenza, al libraio non può in alcun modo esser fatto uno sconto maggiore sull’oggetto libro acquistato.

a cura di
Ylenia Del Giudice

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Ylenia Del Giudice

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