La Storia e Io: la riscoperta di Giovanna De Nobili

La Storia e Io: la riscoperta di Giovanna De Nobili
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Colto viatore, ascolta il patrio canto…

Venisti a visitar contrade ascose,

Per quel prestigio di soave incanto

Che le prestan memorie assai fastose?

Ma che vi trovi, o pellegrino, intanto

Se non la volve dell’antiche cose?..

Che il saraceno con funesto vanto

N’atterrò le memorie gloriose.

Ma nei calabri petti è il sacro foco;

Mentre la Magna- Grecia ruinando

Lasciò il suo genio a custodirne il loco.

Ei ci alita la mente, e disgombrando

Va le nostre miserie a poco a poco,

Per quel sentire che ti fa comando.

Giovanna De Nobili – in arte Arminda Lesbiense – vive a Catanzaro, tra il 1776 ed il 1847. Appartenere ad una famiglia nobile le dà modo di dedicarsi per tutta la vita all’otium letterario, esistenza che si svolgerà interamente nel capoluogo calabrese.

Annalaura Rotella la racconta in Giovanna De Nobili, Una letterata nella Calabria del XIX secolo. L’opera, che nasce come tesi di laurea e viene pubblicata a luglio 2021 da La Rondine, ripercorre la vita della poetessa, le sue produzioni ed i suoi carteggi, nel tentativo – nonostante la quasi assenza di materiale – di darci un quadro completo della donna.

L’intento è di riportare alla luce una scrittrice quasi completamente dimenticata. Dare modo a chi verrà dopo di avere un ulteriore mezzo per studiarla. E ci ricorda – volontariamente? – che la nostra storia è ricca di donne capaci.

Come sei venuta a conoscenza di Giovanna De Nobili?

Dovevo fare una relazione per l’Università ed avevo bisogno di una biblioteca poco conosciuta, allora ho scelto quella di Catanzaro. Ho iniziato un po’ a spulciare: a chi era intitolata, le varie persone che avevano fatto da direttori e direttrici e sono saltate fuori varie famiglie nobili tra cui quella di Giovanna. 

Tra l’altro in città c’è un liceo che si chiama Giovanna De Nobili, ma non avendola mai sentita nominare non lo avevo notato. La biblioteca invece è intitolata a Filippo De Nobili, che è il suo pronipote.

Come sei riuscita a recuperare il materiale per poterla studiare?

Ci sono alcuni testi in cui viene nominata di sfuggita, alcuni risalenti all’800. Intorni agli inizi del ‘900 viene scritto un volume su di lei, nato principalmente per il territorio catanzarese. C’è poi un manoscritto, che si trova nella biblioteca di cui parlavo prima, che raccoglie tutti i documenti che parlano dell’autrice, le cose che ha scritto e le sue lettere. Quando è stato donato il suo fondo, le cose sono state accorpate tutte insieme.

Ma di suo non si trova niente in commercio, solo qualcosa nelle biblioteche. Per arrivare a lei, devi un po’ volerla cercare.

Giovanna De Nobili
L’aver avuto così poca risonanza a livello nazionale è dovuto più al suo essere donna, al fatto che fosse a Catanzaro oppure, almeno in parte, anche alla sua personalità?

In parte è sicuramente legato al fatto che la “letteratura del meridione” non viene studiata nelle scuole, a parte pochi casi. Il fatto che fosse donna l’ha sicuramente penalizzata un po’, nonostante ci fossero scrittrici con una certa risonanza già all’epoca. Sappiamo che è un limite ancora adesso, nell’800 lo era ancora di più. 

Parliamo, tra l’altro, di una donna che non si è voluta sposare ed avere figli: nelle sue lettere scrive chiaramente di non desiderare relazioni, ma solo amanti.  

Ha sicuramente inciso il fatto che vivesse a Catanzaro. Non essere mai riuscita raggiungere Napoli, capitale del regno Borbonico, è stato un grosso limite. Aveva contatti interessanti, ma erano sempre epistolari. Gente che vedeva di rado, quando andava a Catanzaro o che non ha mai incontrato. Raggiungere Napoli di persona le avrebbe permesso, sicuramente, di aprirsi ad un salotto più ampio ed avere più possibilità.

C’è da dire che De Nobili ha dei limiti, soprattutto per quanto riguarda l’ortografia. Si trovano molti errori, non so se è dato dalla sua formazione o dal fatto che odiasse ricontrollare i suoi scritti. Era estremamente pigra, scriveva di getto senza mai correggere.

Nelle lettere il suo parlare di Catanzaro è quasi “bipolare”. Che rapporto ha realmente con la città, non riesce effettivamente ad andarsene o non vuole?

Era probabilmente più legata all’idea di quello che il territorio era stato. Essere una colonia della Magna Grecia, dava alla città una discendenza degna di nota. 

Ma era più un rapporto di amore e odio quello effettivo con la provincia. Era insofferente verso la vita e l’ambiente di Catanzaro.

La volte in cui difende la città è anche quasi per un tornaconto personale. Per evitare che le venga tolto il titolo di capitale di provincia, cosa che avrebbe portato ad un ulteriore appiattimento dell’ambiente culturale, in quel momento abbastanza interessante. Afferma infatti che si rischia di offendere una città ricca di lumi, cosa in parte vera.

Il fatto che non la lasci mai è dato in parte dal fattore economico. Viveva delle rendite della famiglia e si indebita molto per ristrutturare la casa che le viene data dai fratelli. Spostarsi verso Napoli, e riuscire a viverci per un anno, è una spesa impegnativa.

Soffre inoltre di reumatismi, cosa che le impedisce di viaggiare d’inverno. E, come detto prima, è estremamente pigra.

Cosa ti ha spinto a voler pubblicare questo libro?

Ho voluto pubblicarlo perché volevo che il lavoro fatto, un anno della mia vita, andasse oltre il momento della mia laurea. E soprattutto perché ho pensato che se qualcuno in futuro dovesse mettersi a studiare Giovanna De Nobili, non dovrà fare tutta la fatica che ho dovuto fare io per trovare qualcosa. Dare un punto di partenza dai pezzi che ho unito.

a cura di
Andrea Romeo

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