“The Witcher: Nightmare of the Wolf” – La recensione BRUTTA (cit. Barbascura X)
Nella top 10 di Netflix, l’anime che narra le gesta dello strigo Vesemir, mentore di Geralt di Rivia, si rivela una bellissima occasione per espandere l’universo della saga di The Witcher. Una bellissima occasione, sì, ma miseramente sprecata.
Vesemir, mentore di Geralt di Rivia, è un elemento importante nell’universo di The Witcher. Non solo nella narrativa dei libri, ma anche in quella futura della serie Netflix (che tornerà il 17 dicembre con la seconda stagione).
Personaggio chiave perché colui che ha “allevato” il Lupo Bianco, in realtà, è una figura sfuggente nei libri, non si sa molto del suo passato. Ecco perché “The Witcher: Nightmare of the Wolf” è un’ottima occasione per conoscere un Vesemir giovane, dalle origini umili fino ai sollazzi tipici dei cacciatori di mostri. Cosa può andare storto? Tutto, dato che la vita degli strighi non è mai stata semplice.
Un incrocio tra Enrico Silvestrin e Ben Stiller
Senza fare chissà quale spoiler, il giovane Vesemir è un povero fanciullo figlio di un povero diavolo al servizio di un discretamente ricco signorotto della città. Odia l’idea di continuare a vivere in quel modo; un accadimento (termine desueto del mese, ndr) lo porterà a seguire Deglan, uno dei witcher più esperti… e furbi. Una decisione presa solo in apparenza con facilità, dato che ci sono alcune complicanze che non posso narrarvi in quanto potenziali spoiler.
“The Witcher: Nightmare of the Wolf” basa le sue fondamenta sul Vesemir dall’aspetto poco meno che trentenne, borioso e sicuro di sé, incline ai piaceri della vita. Una rappresentazione che cozza con la sua controparte più matura nella linea temporale della saga di Geralt di Rivia, ma erano altri tempi, è credibile. Questo anime ha come punto di forza il mostrare come un tempo la presenza degli strighi venisse quantomeno socialmente tollerata e perché, al tempo della saga canonica, siano invece così malvisti.
Quello che non è piaciuto molto al sottoscritto è la rappresentazione estetica Vesemir: capelli corti, dritti, moda stile fine anni ’90 / primi 2000… Sembra un incrocio tra Ben Stiller ed Enrico Silvestrin. Da questo punto di vista, il character design non l’ho trovato azzeccato, o meglio, fin troppo “moderno” per il contesto in cui si muove Vasermir. Nulla da dire invece per la realizzazione tecnica e le animazioni in generale: puntuale e molto curata l’una, fluida e senza incertezza l’altra. Riprende a piene mani dalla lezione di Castlevania, ma da buon copione prende i punti fondamentali e migliori; bene così.
“Cos’è ‘sto casino?” (cit. mia madre)
“The Witcher: Nightmare of the Wolf” ha diversi problemi. Analizziamoli velocemente.
Trama: nulla di eclatante, ha solo un paio di momenti davvero azzeccati; apprezzabili alcuni collegamenti col “futuro” (leggasi: la serie), deprecabili un paio di fan-service sfruttati malissimo.
Dettagli: ci si perde, di tanto in tanto, nel celeberrimo bicchier d’acqua. In questo caso, ci si perde nell’ampolla. L’uso dei sieri che potenziano ulteriormente le abilità dei witcher qui vengono usate come fossero acqua minerale. Inoltre, alcuni momenti sono del tutto errati o quasi fuori luogo, come il rapporto tra Vesemir e la maga Tetra.
Ritmo: si inizia bene, con un cliffanger telefonatissimo ma le cui successive azioni sono spettacolari. Poi si procede per alternanze tra “racconto”, “spiegone” e azione frenetica. Personalmente non mi è pesato molto, ma per alcuni potrebbe risultare fin troppo forzato e spezzato.
Un completo disastro, dunque? Dai, salviamo qualcosa. Come già detto, l’estetica (Vesemir/Silvestrin/Stiller a parte) è molto piacevole, le animazioni anche, la maggior parte delle scene d’azione sono veloci, frenetiche ma non confusionarie. Un dettaglio, questo, non scontato. La parte finale è uno spettacolo per gli occhi e ha delle chicche a livello di “first reaction: shock” (cit. meme Renzi) che non ti aspetti dopo un’ora di piattume.
Stop. Dimentica (cit. Tiziano Ferro)
“The Witcher: Nightmare of the Wolf” è un gran peccato. In diversi punti sprigiona potenziale, in altri sprigiona solo calendari da tirare giù con pacata violenza. La figura di Vesemir e dei comprimari principali sono delineati discretamente, i maghi di Kaer Morhen sono buttati lì con una sorta di spiegone veloce. Il regno di Kaedwen e la stessa Kaer Morhen, invece, hanno il giusto peso, fanno percepire l’ambiente e le “meccaniche sociali” su cui si basano.
Il resto della trama e della realizzazione dell’anime, sembra seguire il pensiero che ha seguito Geralt per gran parte della sua vita: “preferisco non scegliere”.
a cura di
Andrea Mariano
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