Andrea Tich ci racconta la storia dietro il suo album

Andrea Tich ci racconta la storia dietro il suo album
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Storia di TICH” è la storia ricca di psichedelia di Andrea Tich, ma anche il suo ultimo album pubblicato il 19 febbraio. Come si può intuire dal titolo, abbiamo a che fare con una narrazione il cui protagonista altro non è che l’alterego dell’artista, il quale sull’onda degli undici brani che compongono la suite, ci accompagna in un viaggio lisergico fatto di musica anni Settanta e distorsioni percettive.

Andrea Tich è un cantautore di certo poco ordinario, che fin dal ‘77 rientra in quella sfera di musicisti alternativi della scena milanese (tra cui sicuramente ricorderemo Battiato, Finardi o Camerini). Nonostante gli anni cambiano e le mode si ripetono, Andrea Tich resta sempre fedele al sé stesso dei primordi, perché come il tempo e la storia dell’Uroboro ci insegnano, ogni cosa si ripete sempre uguale a sé stessa.

Con “Storia di TICH” dunque, l’artista riesce a rievocare i suoni e le caratteristiche compositive degli anni Settanta rendendole però più contemporanee che mai. Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con lui nell’intervista che potete leggere qui sotto!

Ciao Andrea, il 19 febbraio hai pubblicato “Storia di TICH”, ti va di raccontare anche a noi brevemente la narrazione di questa storia?

Si tratta di una quasi favola che ho pensato di scrivere perché avevo la necessità di raccontare qualcosa di personale, intimo, che sprofondasse nel mondo dei ricordi e dei sogni, i miei sogni. Questa suite è la perfetta condizione che porta a identificarsi e a proiettarsi nella pura fantasia, e anche se sono privati sicuramente qualcuno si identificherà con la realtà di quello desidero rappresentare.

Un po’ come è accaduto nella Commedia di Dante, anche tu ti sei creato dei compagni di viaggio in questo itinerario onirico che è la suite: chi sono questi personaggi?

I vari personaggi che raccordano l’intera suite sono preziosi intarsi che accentuano ancora di più lo stato d’animo in cui mi sono trovato componendo le varie canzoni. Tutte hanno un comune denominatore: “il Cicerone” che introduce i vari brani, primo fra tutti il mio alter ego TICH, che mi accompagna da sempre ed è un po’ come la mia coperta di Linus.

Poi ci sono voci familiari, versi di un poeta siciliano, di una donna Kazaka e una Polacca, c’è la voce di mia sorella Cristina… insomma, preziosi tasselli necessari per aggiungere suggestioni per chi ascolta.

La copertina della pop suite “Storia di TICH”
Da cosa è nata l’ispirazione per la creazione di “Storia di TICH”?

In un primo momento, stavo semplicemente pensando a un mio nuovo album e man mano che sceglievo le canzoni, alcune delle quali ripescate dal mio passato siculo, mi sono accorto che erano magicamente collegate e perfettamente sintonizzate.

Così nella mia testa sono esplose mille idee che mi hanno convinto a creare una suite, come si faceva spesso nella musica pop degli anni ’70, che avesse tutti i requisiti necessari che riportassero a quei tempi psichedelici. E quei requisiti c’erano tutti.

Chi sono i tre autori che non potresti fare a meno di ascoltare?

Sono tanti, ma spesso e volentieri riascolto Frank Zappa, che per me è stato una folgorazione, ha cambiato completamente il mio modo di comporre musica. La sua genialità, l’arte di creare musica in maniera così artigianale e inconsueta, stimolava in me la voglia di imitarlo, ogni singola nota, ogni passaggio musicale, ogni “rumore” era perfetto.

Il primo Battiato, nello specifico l’album “Fetus”,  i suoni di questo disco, le atmosfere, gli intarsi di voci, formule fisico/idrauliche e le citazioni classiche (il pianto di Battiato sulle note della Moldava di Smetana è struggente), ti portano ad avere una speranza, ormai svanita… e i Kraftwerk.

La musica elettronica fatta con audacia, che racchiude tutta l’energia della loro musica ma con la bellezza e delicatezza delle armonie, creando tappeti elettronici che scatenano la voglia di vivere una vita parallela, che ipnotizza e rende schiavi dei loro ritmi… Li ascolterei ma li ballerei anche, all’infinito.

Non solo il tappeto sonoro ma anche la copertina della suite evoca sensazioni lisergiche tipiche degli anni Settanta: credi che un mood così psichedelico riesca a resistere nonostante la musica italiana sembra virare più verso la trap e la musica elettronica?

C’è un grande ritorno della psichedelia anni ‘70 molto apprezzata e riscoperta dalle nuove generazioni, credo che ci sia spazio per tutti. Ma mentre perseguire la musica “moderna” ti rende schiavo del sistema mega discografico che ti impone di produrre a comando, noi siamo beati cultori di quello per cui Madre Natura ci ha dotato: la passione pura per la musica, perché noi apparteniamo alla “resistenza musicale”.

A cura di
Ilaria Rapa

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