Ancora proteste a Minneapolis: film e serie TV per capire il Black Lives Matter

Ancora proteste a Minneapolis: film e serie TV per capire il Black Lives Matter
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Domenica scorsa, l’11 aprile 2021, Daunte Wright, un ragazzo nero, è stato ucciso con un colpo di pistola da un agente di polizia a Minneapolis. A poca distanza, proprio in questi giorni, si sta svolgendo il processo contro Derrek Chauvin, uno dei poliziotti accusati per la morte di George Floyd.

Questo ennesimo atto di violenza da parte della polizia ai danni di un afroamericano ha causato ancora una volta scontri tra i manifestanti. Anche se è passato ormai quasi un anno dalla morte di George Floyd e dall’inizio delle manifestazioni del movimento Black Lives Matter, non sembrano esserci grandi cambiamenti per quanto riguarda il razzismo sistemico americano.

Per citare “Fa’ la cosa gista“, il celebre film di Spike Lee: “Lo hanno fatto di nuovo. Come Michael Stewart“. La storia si ripete e la discussione continua anche nella cultura popolare.

Alcuni film e serie TV, usciti tra 2020 e 2021, possono aiutarci a capire qualcosa in più sull’origine del movimento dei diritti degli afroamericani e del razzismo sistemico negli Stati Uniti. In alcuni casi si tratta di racconti ucronici, altri sono invece basati su fatti e personaggi realmente esisti. Ognuno può aiutare ad approfondire alcuni aspetti di questo problema o, perlomeno, offrire uno spunto di riflessione.

Complotto contro l’America

Questa serie Tv prodotta da HBO è basata sul celebre romanzo di Philip Roth. Si tratta di un’inquietante storia ucronica nella quale, nel 1940, il presidente Roosevelt viene battuto alle elezioni dall’aviatore, eroe della patria, Charles Lindbergh. In questo scenario storico alternativo Lindbergh, alleatosi con Hitler, decide di non intervenire in Europa durante la seconda guerra mondiale. Durante la visione dei dibattiti è impossibile non pensare allo slogan “America First” di Donald Trump.

Un’allegoria, certo. Ma anche un modo per suggerirci come alcuni deragliamenti non avvengano per caso. Il razzismo nei confronti delle minoranze etniche, nel caso di Complotto contro l’America si parla di quella ebraica, può serpeggiare in qualunque comunità.
Il monito è chiaro: quello che accade alla famiglia Levin, protagonista della serie, potrebbe accadere ovunque.

Complotto contro l’America
Judas and the Black Messiah

La storia raccontata da Judas and the Black Messiah fa riferimento al movimento armato e rivoluzionario delle Pantere Nere che si è battuto, e ancora si batte, per i diritti degli afroamericani. Il film racconta la vicenda di Fred Hampton, uno dei suoi leader più carismatici, ucciso dall’FBI con la collaborazione dell’infiltrato William O’Neal.

O’Neal è il Giuda traditore e, nonostante la vicenda finisca proprio come ci si aspetti, con la morte del messia nero, come in ogni Vangelo che si rispetti c’è anche una risurrezione, quella del movimento per i diritti civili, oggi incarnato dal Black Lives Matter.

Judas and the Black Messiah ha ricevuto diverse nomination agli Oscar, tra cui quella per gli attori non protagonisti, la sceneggiatura, la fotografia e quella più importante, come Miglior film. Uno degli aspetti più interessanti è che la pellicola è la prima con una produzione totalmente afroamericana, ovvero senza produttori bianchi, a ricevere la candidatura al premio.

Judas and the Black Messiah
Il processo ai Chicago 7

Pur inserendosi in un filone di cinematografia “militante”, Il processo ai Chicago 7 è un film più ammiccante verso il grande pubblico rispetto a Judas and the Black Messiah. La storia racconta delle manifestazioni di protesta contro la guerra in Vietnam, avvenute durante la convention democratica del 1968, e della violenza della polizia che attaccò duramente i manifestanti.

Il film è polarizzato e sicuramente più superficiale nel trattare il tema, ma può offrire una mappa dell’ideologia americana, con la sinistra degli hippie, dei democratici e delle Pantere Nere, coinvolte ma estranee al processo, e della destra rappresentata dal pubblico ministero Richard Schultz.

L’intento del regista, Aaron Sorkin, non è tanto mostrare quello che successe a Chicago, quanto la narrazione giudiziaria di come la neo amministrazione Nixon decise di costruire un processo politico contro tutti i leader del movimento, accusandoli di essere d’accordo e aver cospirato ad accendere gli scontri.

Una menzione particolare va alla vicenda di Bobby Seale delle Pantere Nere, prosciolto dalle accuse, dato che non conosceva nessuno degli altri accusati ed era stato a Chicago soltanto un paio di ore, ma condannato a quattro anni di carcere per oltraggio alla corte. Durante il processo non ebbe la possibilità di avere il suo avvocato, perché malato, né di difendersi da solo. Per aver obiettato di fronte al giudice venne inoltre imbavagliato e legato alla sedia davanti a tutta la corte.

Processo ai Chicago 7
Le radici del Black Live Matters

Come si può vedere anche da questi ultimi due film citati, negli anni Sessanta mosse i primi passi il movimento per i diritti civili, guidato dal reverendo Martin Luther King, le cui frange più estreme – le Pantere Nere – si rifacevano invece all’attivista Malcom X.

Grazie alle lotte e alle proteste, la segregazione razziale, che regolava la vita sociale separando fisicamente i bianchi dai neri, venne abolita nel 1964 con il Civil Rights Act. Ma una legge non cambia all’improvviso la cultura di un popolo.

Questi film e la miniserie tratta dal romanzo di Roth possono essere lo spunto per capire meglio il presente, dalle proteste del Black Lives Matter fino all’origine del razzismo negli Stati Uniti, e per informarsi sul periodo storico e sugli eventi a cui si riferiscono, caratterizzati dagli assassini delle figure di spicco del movimento per i diritti e di Bob Kennedy, oltre che da innumerevoli scontri in diverse città degli Stati Uniti. Soprattutto però ci mostrano come il contesto non sia poi molto cambiato da allora. La lotta per l’uguaglianza e la liberà non è ancora finita.

a cura di
Daniela Fabbri

immagine di copertina:
Commons Wikimedia
John Lucia

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Daniela Fabbri

Sono nata nella ridente Rèmne, Riviera Romagnola, nel 1985. Copywriter. Leggo e scrivo da sempre. Ho divorato enormi quantità di libri, ma non solo: buona forchetta, amo i racconti brevi, i viaggi lunghi, le cartoline, gli ideali e chi ci crede. Nutro un amore, profondo e viscerale, per la musica, in tutte le sue forme. Sono fermamente convinta che ogni momento della vita debba avere una colonna sonora. Potendo scegliere, vorrei che la mia esistenza fosse vissuta lentamente, come un blues, e invece sono sempre di corsa. Mi piacciono gli animali. Cani, gatti, procioni. Tutti.

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