Giorgio Canali – Tutto Molto Bello, Bologna – 16 settembre 2020
“Volevo presentarvi le canzoni nuove, ma l’ho massacrate e sono uscite di merda. Scusate”. Come fai a non voler bene a una persona che ti dice tutto ciò? A Giorgio Canali, che alle prime quattro canzoni è tra lo spaesato e il timoroso, con la voce che non ne vuole sapere a riscaldarsi (Emilia Parallela fatica a cantarla).
Voglio bene a Giorgio Canali, perché ogni volta che sale su un palco lo fa in silenzio, tranquillo, con il suo librone coi testi sottobraccio e bicchierone d’alcolico in mano; perché ha esattamente l’approccio che ho sempre adorato in un musicista durante i live: sporco, non necessariamente preciso.
Genuino direbbe qualcuno, grezzo e feroce – in senso buono – dico io. Per citare il festival che accoglie questa data, è tutto molto bello.
Un furgoncino pieno di groove
Ad allietare l’attesa ci pensano i Westfalia, giovane band vincitrice del contest Freschissimo. Hanno un bel groove, un buon controllo e uso dell’elettronica e, cosa non meno importante, una discreta impostazione scenica. Una buona proposta, che fa presa sulla platea già piuttosto folta.
Un unico, spassionato consiglio: ragazzi, curate di più i social, perché è difficile trovare informazioni su di voi. Per il resto, tanto di cappello, continuate così.
Precipito
Ore 21:30. Ci siamo. L’occasione è di quelle particolari. Il buon Giorgio ha scelto l’Arena Puccini del Tutto Molto Bello Festival per presentare alcune nuove canzoni che andranno a formare il suo prossimo album.
L’emozione, stranamente, è palese. Concentrato, non alza la testa. Si prosegue, altra nuova proposta. Sono episodi non furiosi, tutt’altro. La sensazione è quella che sarà un disco più pensato, meno roboante, ma tutt’altro che senza ispirazione.
La serata continua così, con Canali che sembra faticare a riscaldare la voce. Poi arriva un’altra nuova canzone. Strofa, momento strumentale, Giorgio si volta verso la batteria di Luca Martelli (pazzesca la sua energia), improvvisamente smette di suonare e continua a fissare il batterista. Dopo qualche istante si fermano tutti. “Scusate, sono in panico. Sarà l’emozione”.
Ripeto: come si fa a non voler bene a Giorgio Canali? Uno che tiene talmente tanto alla sua creatura, che non si vergogna di farlo vedere, anche sbagliando o non ricordandosi come fa. O non gliene frega un cazzo e noi dobbiamo farci fottere.
Regola numero uno: sfasciare tutto
Poco alla volta, il concerto decolla. L’emozione (sopra e sotto il palco) rimane, ma le valvole degli amplificatori si scaldano e si viene invasi da rasoiate di chitarre stridenti e ritmi martellanti. Quando la band toglie il piede dall’acceleratore, l’atmosfera decadente avvolge l’Arena Puccini.
Questo è il bello di Giorgio Canali e dei suoi Rossofuoco: si passa dalla rabbia alla disillusione, dal sarcasmo alla melanconia. Lo ripeto: tutto molto bello. Dannatamente bello.
Lezioni di Poesia
Giorgio o lo si ama, o lo si stima. Non si può odiarlo. Ogni suo concerto è un incontro tra amici, non c’è un muro tra artista e pubblico. Semmai uno scalino.
Il fatto di riuscire anche a empatizzare in più frangenti con ciò che canta, poi, è un’arma a doppio taglio: lo comprendi, ti senti compreso, ti fai male. Che in un certo senso è parte del processo di catarsi che ognuno di noi, in diversi modi, cerca.
“Volevo farvi sentire qualche canzone nuova, invece l’ho massacrate. Scusatemi”. Non scusarti Giorgio. È sempre tutto molto bello, anche quando non tutto va come avevi pianificato. Anzi, sei ancora più umano, più vicino.
a cura di
Andrea Mariano
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