Questa pandemia ci renderà migliori. Ma anche no
Continua la diatriba tutta personale di un cinico (meno) ottimista.
Continuo a leggere post, articoli, messaggi, didascalie di immagini virali di larga condivisione con lo stesso messaggio di fondo. “Andrà tutto bene”. Soprattutto, “Tutti ne usciremo migliori”.
Non so davvero in quale percentuale chi pubblica e condivide questi pensieri sia veramente convinto. O che percepisca davvero di stare imparando qualcosa che permetta di migliorare come persona e come essere umano. Penso sia esigua, decisamente esigua.
Gran parte di coloro che continuano a ripetere che grazie al Coronavirus, a questa esperienza della quarantena / isolamento, le persone stiano imparando un grande insegnamento che porterà di certo a dei cambiamenti, spera solo di potersi sentire sollevata e di essere accettata come individuo positivo ammirevole, propenso alla bontà della collettività.
Peccato che il cinico che è in me ha costantemente l’olfatto irritato dall’odore di bruciato.
Capita, così, che non appena si paventa la possibilità di allentare le (giustamente) rigide maglie di controlli e restrizioni, imperversi improvvisamente una mole smodata di furbetti e sceriffi. Sempre impegnati a sbandierare sui social lo slogan “Ne usciremo persone migliori”, sia chiaro: non sia mai salti un post su Instagram o Facebook.
Sono quelli che portano a spasso il cane 15 volte al giorno. Gli amici a quattro zampe non sanno più cosa fare, hanno segnato ogni nanometro di territorio. Loro sì, ne usciranno migliori: impareranno a portare da sé il guinzaglio, pur di avere 5 minuti d’aria senza il padrone tra le scatole.
C’è anche l’altra parte della barricata (letteralmente). Molti hanno risvegliato il Walker Texas Ranger che è in loro e dalla finestra della loro abitazione filmano e insultano chi è in giro.
Magari quel povero Cristo è “a spasso” perché deve buttare la spazzatura, o perché il supermercato dista trecento, quattrocento, seicento metri da casa. “È uscito e si sta facendo una passeggiata perché c’è il sole. Vergogna”. Il calcolo di probabilità che tra marzo e aprile ci siano giornate soleggiate è un’arma a doppio taglio.
Bisognerebbe piuttosto imprecare per l’unica Pasquetta con temperatura e meteo decenti non sfruttabile.
“Ne usciremo persone migliori”. Davvero? Dopo che una masnada di indemoniati, armati di tastiere e sprovvisti di qualsivoglia tipo di apostrofo e segno d’interpunzione ha insultato Tiziano Ferro perché si fa portavoce di chi lavora nel mondo dello spettacolo e della musica dal vivo?
Quella stessa masnada di indemoniati che non è riuscita a fare “click” o “tap” per leggere che il cantante sfrutta la sua immagine per dare voce in capitolo alle “retrovie”, a chi smonta e monta palchi, a chi “porta a casa la pagnotta” con il lavoro di promozione e organizzazione di eventi?
Quella stessa masnada dice “Ne usciremo migliori”. Ma non riesce a comprendere un’intervista in italiano. Non riesce a capire che l’artista sta dicendo “Non sono tanto io a essere in difficoltà, ma le persone che lavorano e letteralmente costruiscono e costituiscono il mondo della musica e dello spettacolo perché sono ferme e non possono lavorare”.
“Ne usciremo migliori”, dicono. Anche se al supermercato comprano 5 chili di lievito di birra, ma non sanno come si conserva. “Ne usciremo migliori”, ripetono. Anche se ti guardano storto mentre aspettano di entrare al supermercato. Con la mascherina sui capelli, come se fosse una fascetta.
“Ne usciremo migliori”. Non penso.
Penso che ne usciremo e basta.
Qualcuno sì, migliorato, rafforzato, rinvigorito. Perché per la legge dei grandi numeri qualche cosa di buono qualcuno lo raccoglierà e lo interiorizzerà (qui il me cinico fa posto al me ottimista).
Ma molti, la maggior parte, ne uscirà e basta. Tornerà a fare le stesse cose, magari con modalità leggermente differenti. Ma non cambierà poi molto.
a cura di
Andrea Mariano
Foto di copertina da
www.rts.ch
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