Intervista a Annie “l’illustratrice lamentosa”

Intervista a Annie “l’illustratrice lamentosa”
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In questo periodo di stop forzato ci sentiamo tutti un po’ persi. Allora perchè non impiegare il tempo per scoprire talento e originalità? Annie ne ha da vendere. Si autodefinisce “illustratrice lamentosa” ma è un concentrato di simpatia e lentiggini, il tutto condito con un genuino accento toscano. L’ho intervistata per voi.

Ciao! Hai 100 parole per presentarti, pronti..via!

Oh no, mi sembra di essere tornata a quando contavo le parole per la tesi! Ciao, mi chiamo Valentina, disegno, faccio anche tante altre cose e non ho il dono della sintesi. Sono conosciuta come Annie e da tre anni sono il sindaco di un piccolo mondo che mi sono creata su Instagram! Cerco di raccontare storie, ah e ho anche scritto un libro. Tra poco mi laureo, pandemia permettendo! Ora che ci penso, forse, 100 parole erano anche troppe!

Il nome “Tutte le mele di Annie”, tuo pseudonimo e nome della pagina Instagram che gestisci, da dove è nato? Chi sono queste “mele”?

Inizialmente mi chiamavo Tutte le mele che vuoi, una citazione de Lo stato sociale, disegnavo canzoni e mi sembrava in tema.

Col tempo ho capito che volevo qualcosa di mio e quindi è diventato “di Annie”, che è un mio soprannome. Le mele sono diventate le persone che mi seguono, supportano e sopportano!

Il vuoto che resta
Il vuoto che resta è il tuo primo libro illustrato. Cosa significa per te disegnare e cosa ti porta a farlo? Come hai iniziato?

Disegnare per me è una necessità e uno sfogo, non disegno se sono forzata a farlo.

Mi piace vedere una cosa e pensare a come la disegnerei io, mi piace reinterpretare storie che mi succedono o che succedono a chi me le racconta. Non c’è un momento in cui ho iniziato a farlo, è successo, come succede di iniziare a camminare!

Descrivi il tuo stile in 3 parole.

Sempre
in
evoluzione

Navigando sul tuo profilo mi sono imbattuta nel progetto “Donne Forti”. Cosa ti ha spinta a raccontarle attraverso i tuoi disegni?

Dato che disegnavo canzoni, film, poesie, mi sono detta: “Perchè non disegnare la vita vera? La vita di chi è caduto e si è rialzato?

Così ho raccolto le storie di chi mi seguiva, storie difficili, dolori, perdite e malattie. Momenti bui e luci infondo al tunnel! Ho raccontato storie di donne con una forza che io, credo, non riuscirei ad avere mai.

Le ringrazio tutte, anche quelle che non sono mai state rese pubbliche, ho conosciuto tante forze della natura! Purtroppo la vita “da grandi”, il lavoro, lo studio e il ritagliarmi tempo per me mi hanno impedito di continuare.

Non era un lavoro semplice, ne fisicamente, ne mentalmente. Dovevo leggere storie che toccavano davvero l’anima a mani nude, riscriverle, disegnarle… dopo qualche mese è stato davvero troppo per me.

Sono una persona molto sensibile e questo progetto rischiava di farmi a pezzi. Chissà che questo momento di stallo che stiamo vivendo non sia un buon momento per ricominciare!

Vuoi condividere con i nostri lettori un tuo disegno che faccia pensare a questo difficile periodo?

Estraggo un disegno dal mio libro e lo accompagno con la sua lettera che potete leggere ne Il vuoto che resta. Visivamente mi raffigura tanto, psicologicamente di più!

Ti è mai capitato di pensare almeno una volta “avrò per sempre bisogno di tutto questo”? C’è mai stato un momento in cui avevi tutto, non ti serviva niente di più? Sai Gabriella, credevo che una cosa simile si potesse pensare solo in un momento di estrema felicità. Eppure adesso me ne sto qui, accanto al tuo ricordo, circondato da cose che sono un po’ più vuote da quando non ci sei più tu a riempirle, e penso che avrò sempre bisogno di tutto questo. Avrò sempre bisogno di riscoprirmi e forse il dolore è questo che fa: ci aiuta a ritrovare le parti di noi che avevamo perso, a metterle da parte tutte insieme nell’attesa di qualcuno o qualcosa che le ricomponga. E forse anche le assenze hanno del buono, forse è proprio perché non ci sei che ci sono io. Ho sempre pensato il contrario, ma forse la vita è questo che fa, cambia tutto.

a cura di Ilaria Iannuzzi

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Ilaria Iannuzzi

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