Noa – Teatro Splendor Aosta – 16 Febbraio 2020

Noa – Teatro Splendor Aosta – 16 Febbraio 2020
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Noa, interprete e cantautrice israeliana di fama internazionale, torna sul palcoscenico con un tour italiano che muove i passi dal suo ultimo progetto discografico, Letters to Bach, pubblicato nel 2019 sotto la meticolosa guida del produttore statunitense Quincy Jones: una vera e propria scommessa con la musica classica, un esperimento audace che ha concesso a Noa di dare voce e parole alle più famose arie di Johann Sebastian Bach.

Noa al Teatro Splendor di Aosta
Lo strumento voce

La sfida è allettante per un’artista capace di costruire il successo di una lunga carriera grazie anche al preciso ed esperto uso della voce, mutuando dalla lirica l’impostazione e la modulazione dello strumento musicale per eccellenza.

La padronanza assoluta della sua incredibile estensione vocale permette a Noa di eseguire senza cedimenti i passaggi sinfonici del compositore tedesco: un’impresa decisamente ardua, considerando il fatto che la musica di Bach non è stata scritta per la voce, non prevede i tempi necessari per la respirazione e il lavoro richiesto è minuzioso, nel cercare lo spazio per la parola, su una ben precisa nota.

Or Lubianiker al basso elettrico, Noa voce e percussioni, Gil Dor chitarra

Eppure Noa riesce abilmente in tutto questo e al Teatro Splendor di Aosta (sold out per la sua data) incanta, coinvolge e restituisce un significato pieno al suo progetto, senza cedere a sterili virtuosismi dell’esecuzione. Il vissuto della cantante, l’ironia, la profonda ammirazione per Bach entrano sulla scena, nei testi e nell’interpretazione, accanto alla musica.

Accompagnata dal chitarrista Gil Dor (con cui celebra un trentennale sodalizio musicale), e dal bassista Or Lubianiker, Noa costruisce uno spettacolo suddiviso in tre grandi capitoli.

Lo spettacolo

La prima parte dello spettacolo ripercorre i suoi inizi, con pezzi del suo repertorio quali Now, o Pines (Ilanot), a celebrare il suo tributo speciale alla tradizione e alle sue origini yemenite, interpretando brani in lingua ebraica capaci di regalare uno spaccato di storia familiare (con un brano dedicato alla nonna, femminista della prima ora) e di cedere il passo alla sua immancabile contaminazione di stili e linguaggi.

Proprio in virtù della contaminazione e del multiculturalismo di cui si fa portavoce instancabile, Noa riesce a superare ogni divisione e ogni etichetta, scivolare dal pop al blues, passare dall’inglese, al francese, all’ebraico, cantare e suonare magistralmente le percussioni, prima di condurre il pubblico alla scoperta delle Letters to Bach.

Noa alle percussioni
Letters to Bach

Nella seconda parte dello spettacolo Noa si rivolge direttamente a Bach, in un immaginario scambio epistolare, presentando così i brani con lettere personali, sentite, a tratti ironiche e irriverenti.

Le arie celebri del compositore tedesco, come la Suite n°2 in Si BWV 1067, la Sinfonia a due voci  n11 BWV 797, la Badinerie, vengono plasmate e trasformate da Quincy Jones e dagli arrangiamenti di chitarra dello stesso Gil Dor e si prestano ad accogliere testi che parlano di temi attuali, dal femminismo al riscaldamento globale, dalle relazioni nell’era digitale alla religione. No, baby e Oh, Mama dear infrangono il limite dei temi condivisi e toccano il privato, le relazioni con i figli, la propria identità, l’amore.

Abbandonando temporaneamente la sperimentazione e gli spartiti classici, Noa riserva al gran finale i brani che l’hanno resa celebre anche in Italia: da Beautiful that way, colonna sonora del film di Roberto Benigni, La vita è bella (Premio Oscar nel 1998) come miglior film straniero, alla cover di Eye in the Sky degli Alan Parsons Project, passando per Child of man, per rievocare il memorabile il duetto con Stevie Wonder.

Se Bach è il filo conduttore del concerto, è nella sua Ave Maria che Noa accoglie l’abbraccio del pubblico di Aosta: senza dubbio il giusto riconoscimento per un talento unico ma anche testimonianza di quanto la musica di Bach sappia resistere (e “insistere”) nel tempo, ispirando ancora oggi gli artisti più eclettici del panorama musicale contemporaneo.

a cura di
Emanuela Ranucci

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Emanuela Ranucci

Nata a Torino, laureata in Comunicazione multimediale con una tesi specialistica in Letteratura italiana contemporanea, nel 2001 inizia a lavorare in RAI come redattrice e assistente di produzione per la realizzazione dei programmi televisivi educativi di Raitre (Melevisione, Screensaver). Nel dietro le quinte della tv si innamora della fotografia, realizzando le sue prime foto di scena. Da quel momento non abbandona più la macchina fotografica, dedicandosi a reportage, backstage, eventi, concerti e still life. Attualmente si divide tra i progetti da fotoreporter&videomaker e la sua agenzia di comunicazione (Loom Collective) che ha fondato a Torino.Nel tempo che rimane, ama: viaggiare, sorseggiare il barbera, nuotare al mare (anche d’inverno), cantare (stonando) in sala prove.

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