Carly Rae Jepsen – Brixton Academy – Londra (UK) – 8 febbraio 2020
In molti la ricordano, e di sicuro si sono dimenticati di Carly Rae Jepsen la stagione dopo, per la clamorosa hit Call Me Maybe. Canzone che anche in Italia riuscì ad ottenere nel 2012 un successo pazzesco.
Dimenticata perché il mercato mainstream dopo quella parentesi di fatto la scelto di metterla in disparte.
Ma di acqua sotto i ponti in questi otto anni ne è passata per Carly Rae Jepse. Sei uscite equamente distribuite tra EP, compilation ed album e con un’accoppiata, Emotion ed Emotion EP; che può essere tranquillamente considerata tra gli episodi più luminosi del pop internazionale di questi ultimi dieci anni.
L’ultimo disco, Revelation, è arrivato nei negozi a maggio 2019 e la sta vedendo impegnata in un lungo tour promozionale. Tournée sbarcata anche in Europa questo febbraio per la sua seconda leg.
Concerti dal successo quasi annunciato, al punto che la data di Londra è stata spostata dall’iconica Roundhouse all’altrettanto iconica, ma ben più capiente, Brixton Academy
Non si parla quindi di un’artista che ha i numeri di una Katy Perry, di una Taylor Swift o di una Rihanna. Parliamo di una persona che al successo facile – pur sognato con l’esperienza al Canadian Idol e con il singolo della vita – ha preferito una carriera solida e di qualità.
Un percorso che non ha portato gli stadi e le copertine dei maggiori magazine, ma che le ha permesso di ottenere una fanbase non numerosa – capace comunque di riempire i circa 5000 posti della Brixton Academy – ma fedelissima in ogni suo passo e che conosce ogni suo singolo pezzo.
Ciò che non passa inosservato dall’evento londinese, andato sold out a ridosso dell’evento, è la nutrita presenza da parte dei membri della comunità gay.
Questo perché, pur essendo lei eterosessuale (attualmente fidanzata con il produttore britannico James Flannigan), si è spesa più volte in prima persona per la causa LGBT, al punto di diventarne per loro stessi un’icona e modello.
E se il delirio sui brani più noti del suo repertorio, come la già citata Call Me Maybe e la altrettanto catchy I Really Like You, è quantomeno scontato, l’attenzione resta alta per la ventina di brani proposti in uno show intenso durato circa 90 minuti.
Un concerto che si è concentrato sulla fase finale della sua carriera, quella che ha come architravi Emotion e Dedicated, gli ultimi due album. Lei si presenta sul palco vestita di nero, in contrasto con il bianco dominante della scenografia e della band di supporto, che vede un batterista, un chitarrista, un tastierista all’occorrenza sassofonista e una seconda cantante disposti in maniera simmetrica; una scelta minimale, volutamente fatta per far parlare più la musica che gli ornamenti di faraoniche scenografie.
Poche le trovate aggiuntive. Per assurdo delle parrucche bionde durante il singolo Too Much per riprendere il videoclip della canzone; tanta la musica che spazia dal catchy al pop più vicino alle ballad, passando per quei ritornelli che entrano in testa al primissimo ascolto e a delle sonorità che rimandano agli anni 80.
Si parla di amore, come in Real Love e in quella Julien che apre il suo ultimo album e dedicata ad un suo ex fidanzato
Ma anche di amicizia come nell’ultimo singolo Let’s Be Friends e di rotture di rapporti come i When I Needed You. Senza dimenticare che, con Boy Problems, ha inciso un vero e proprio manifesto del confronto tra problemi maschili e femminili.
Se non fosse nata in Canada ma nell’assolata California, molto probabilmente la carriera di Carly Rae Jepsen avrebbe percorso binari diversi. Più successo ma meno cult following e, quasi sicuramente, un Emotion in meno nel curriculum.
Oggi ci troviamo davanti ad una performer dalla qualità indiscutibile e capace comunque di affrontare lunghi tour in club e piccole arene spesso sold out.
Senza dimenticare, infine, che negli ultimi due anni l’abbiamo vista in numerosi festival internazionali come il Primavera Sound e, nell’imminente futuro, al Coachella. Forse, a conti fatti, va bene così.
Autore cover photo: https://www.flickr.com/photos/raph_ph/
A cura di
Nicola Lucchetta
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