Mercoledì 1 Ottobre, I Wonder Pictures porterà nelle sale italiane Together, una delle pellicole più chiacchierate oltreoceano del 2025. Opera prima del regista australiano Michael Shanks, vede la coppia reale Dave Franco e Alison Brie in vista di protagonisti e produttori esecutivi, uniti in questa pellicola come non lo sono mai stati.
“Gloria e vita alla nuova carne”
Max Renn, protagonista di Videodrome di David Cronenberg
Questa la frase emblematica e ricorrente con cui si chiudeva il più grande capolavoro body-horror della storia del cinema. La nuova carne era la condizione che il protagonista accettava per raggiungere un’evoluzione, abbandonando i limiti del suo vecchio corpo. Un superamento della vecchia identità per rinascere in una nuova forma, adatta a vivere in un mondo diverso e cambiato, probabilmente in peggio.
L’esempio massimo e concettuale del filone del body-horror, che vede come maestro assoluto David Cronenberg. Un cinema che fin dalla sua nascita si è sempre impegnato a mostrare le mutazioni del corpo come metafora dei cambiamenti della psiche. Un genere che si è sempre preoccupato di non essere mai fine a sé stesso.
L’anno scorso ce l’aveva ricordato il grandioso The Substance che, dietro la facciata del genere di appartenenza, aveva una Coralie Fargeat feroce e graffiante che non aveva di certo lesinato sulle tematiche da far veicolare alla sua opera. Un fenomeno globale che ha dato un segnale di ritorno a questo filone che negli ultimi anni sembrava sparito dalle grandi produzioni.
Together si trova quindi a uscire in un momento molto fortunato, dove c’è evidente nuovo interesse e buona ricezione per produzioni del genere. Inoltre, il regista e sceneggiatore Michael Shanks è di origine australiana, che sembra proprio essere una qualità portafortuna, visto il recente successo dei fratelli Philippou con i loro Talk to me e Bring her back.

La trama
Tim (Dave Franco) e Millie (Alison Brie) sono una coppia di trentenni, insieme da dieci anni e hanno raggiunto una stasi nella loro relazione. Millie è un insegnante di scuola elementare, Tim un testardo musicista che non ha ancora abbandonato l’idea di non essere riuscito a sfondare.
Millie vuole cominciare un nuovo capitolo della loro vita in campagna, per allontanarsi dal caos della grande metropoli, ma Tim non sembra troppo entusiasta della scelta.
Nella serata che organizzano per salutare gli amici prima di trasferirsi, Millie inscena una proposta di matrimonio a Tim. Colto alla sprovvista, esita non poco prima di accettare, dopo un lungo e imbarazzante silenzio.
Giunti nella nuova dimora, sono pronti a ricominciare, a placare vecchie tensioni e a ristabilire una sintonia ormai perduta. Giorni dopo, durante un’escursione del posto, i due precipitano in una misteriosa grotta dentro la quale entrano a contatto con una strana sorgente d’acqua dalle fattezze gigeriane (i fan di Alien drizzeranno le antenne).
Sprovvisti di risorse e incapacitati a uscire, i due passeranno la notte lì e finiranno costretti ad abbeverarsi dalla misteriosa fonte. La mattina dopo, i due si ritroveranno le gambe incollate e da lì sarà una continua progressione della fusione dei loro corpi.

Essere uniti non ha mai fatto così paura
L’horror fin dall’alba dei tempi è sempre stato portavoce e riflesso di tutte le paure che caratterizzavano un periodo storico. E in un’epoca in cui sembra che il mondo ci voglia più isolati e distanti che mai, essere uniti fa davvero paura. Scrivendolo, mi è tornata in mente la potenza visiva e concettuale del feroce finale visto in Noi (Us) di Jordan Peele, che urlava questa tesi.
L’idea di utilizzare il body-horror per intavolare una riflessione a 360° sulla co-dipendenza è un’idea brillante e vincente.
I nostri protagonisti sono tutto l’opposto di quello che chiameremmo una relazione normale. Potrebbero sembrarlo in apparenza, ma le dinamiche da relazione tossica sono evidenti già dopo i primi scambi tra i due. Tim è vittima delle sue stesse ansie, traumi e fallimenti: condizione che inevitabilmente si riflette sul suo legame con Millie. I due non hanno rapporti da molto tempo e dietro timidi baci ed effusioni si nasconde l’ombra di un rapporto gelido che si sta smarrendo.
Millie, d’altro canto, è il motivo per cui la relazione continua a reggersi. Lei lavora, accompagna Tim perché l’unica patentata della coppia, prende tutte le decisioni. Rispetta il periodo difficile che il suo compagno sta affrontando e continua a sostenerlo nonostante sia ormai il momento di tentare un’altra strada. Continua a essere una mamma per lui e ne porta addosso tutto il peso.
Quando Jamie (Damon Herriman), un docente collega si avvicina con non poca insistenza nei riguardi di Millie, Tim dimostra subito un forte senso di possessione per la sua compagna e una volontà ad autoaffermarsi e a respingere questa potenziale minaccia. Da questo momento il rapporto tra i due diventa sempre più morboso e distruttivo, ma i loro corpi sembrano manifestare tutto l’opposto.
La metafora dell’unione diventa quindi lente d’indagine per esplorare tutte le dinamiche di una coppia con forte potenziale autodistruttivo. Il film riesce a indagare la difficoltà che due persone riscontrano nel fidarsi reciprocamente e a sostenersi in modo sano. Cosa significa oggi essere davvero uniti e saper fare delle rinunce, rispettando i confini dell’uno e dell’altro.
Momento chiave del film diventa lo scambio tra due personaggi riguardo il Mito dell’Androgino di Platone che rispecchiava la sua visione di amore: tempo fa l’uomo era un essere perfetto, poi separato in due metà che furono costrette a cercarsi per tutta la vita.
Together vuole forse essere una riflessione all’abbandonare il nostro individualismo? Un inno a rinunciare al nostro ego narcisistico ed egoistico perché nell’unione c’è la risposta a tutti i mali?
Starà allo spettatore trarre le sue conclusioni.

Dave Franco e Alison brie, uniti nel film come nella vita vera
Non stupisce sapere che la coppia Franco-Brie lo sia di fatto anche nella vita vera. La loro complicità è sempre molto tangibile e raramente i loro scambi sembrano fuori posto.
La loro è una performance solida, sebbene i ruoli siano inquadrati in certi limiti ed Alison Brie risulti generalmente più convincente. Il suo sguardo riesce a comunicare moltissimo, vederla soccombere per il degenerare degli eventi fa scaturire una certa empatia. Tim, invece, dà a Franco l’opportunità di interfacciarsi con un personaggio grigio, ma comunque un outsider, sempre simile a ruoli che ha già interpretato. Ecco perchè si fa più fatica a sbilanciarsi per valutare la sua prova.
I due sono protagonisti di un’escalation di eventi sempre più folle ed esplosiva. Il loro rapporto sta cadendo a pezzi, ma i loro corpi si attraggono quasi magneticamente e questo porta a scenari deliranti. Tra scene al limite del disgusto, a momenti di risate a denti strettissimi, seguire questa coppia non fa mai perdere interesse allo spettatore.
Probabilmente Alison Brie e Dave Franco hanno creduto nel progetto più di chiunque altro e non sorprende vederli accreditati anche come produttori esecutivi della pellicola, quasi fosse un loro figlio.

L’opera prima di Michael Shanks
Per il regista australiano Michael Shanks, Together rappresenta il primo lungometraggio e come tale ne porta tutti i segni.
La regia non eccede mai in voli pindarici e il meglio lo esprime solo nella fase finale, nonostante si avverta un’accelerata troppo brusca per raggiungerla. Si può legittimamente pensare che il minutaggio non sia stato gestito in modo ottimale e alcuni elementi descritti per dare più background al personaggio di Dave Franco risultino completamente superflui e irrilevanti ai fini della trama.
Si poteva, invece, destinare più tempo a mostrare maggiore esplorazione al rapporto tra i due protagonisti precedentemente all’incidente che inizia a farli fondere. Mostrare molto più morbosa e distruttiva la natura della loro relazione, avrebbe reso più lampante l’essenza metaforica dell’espediente “fantasy”, che così invece può sembrare quasi il vero e unico motivo della loro progressiva fusione.
Inoltre, nel corso della pellicola sono tantissime le occasioni in cui lo spettatore potrebbe assistere a fiumi di sangue data la natura della premessa e una certa motesega – di Checov (?) – che ci viene mostrata a inizio film. Ma a conti fatti la violenza visiva è davvero molto poca, e stranisce in un’opera del genere vedere le sequenze potenzialmente più d’impatto, tagliate, solo per poi soffermarsi su qualche macchia di sangue sui vestiti dei protagonisti come fosse roba da poco.
In generale, sono pochi gli elementi per poter inquadrare Shanks come una nuova voce promettente nel panorama internazionale. Si vedono certamente le influenze del cinema di Cronenberg, di Society – The Horror di Brian Yuzna e una certa mitologia legata alla fonte e a quella grotta che ha degli echi decisamente lovecraftiani. Ma non si può comunque dire sia abbastanza per reinventare il genere, o almeno per scuoterlo tanto quanto aveva fatto The Substance. Resta comunque un’operazione che porta il compito a casa senza scomodarsi troppo.
a cura di
Alfonso La Manna
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