Il Circo Zen torna con il tredicesimo album, “Il Male”, disponibile dal 25 settembre in digitale e dal 26 settembre in formato fisico per Carosello Records. Un disco dissacrante e senza retorica, che porta avanti la firma inconfondibile della band
“Il Male è ovunque. Ma cos’è davvero? Un dolore fisico, una malattia, la cattiveria gratuita, un tratto naturale dell’essere umano?”
Da qui parte la riflessione degli Zen Circus, che rimettono al centro l’urgenza di indagare ciò che spesso la società cerca di cancellare. Gli Zen scelgono infatti di guardare in faccia la realtà, senza ipocrisie, con la loro solita schiettezza travestita da leggerezza.
Anche l’estetica dell’album (con font e colori in perfetto stile The Soundcheck, ndr) non è lasciata al caso. Ospita una tavola originale di Enzo Sferra, disegnatore della rivista satirica Il Male nata nel 1978, un omaggio alle provocazioni e alla satira del nostro paese.

Tra rabbia e fragilità
Il disco si apre con le sonorità punk rock della title-track “Il Male”, perfetta introduzione a ciò che verrà. Fin dall’inizio è chiaro che non si tratta di un album accomodante: non c’è spazio solo per le canzoni d’amore e il perbenismo, c’è un lato oscuro in ognuno di noi.
Già i tre singoli pubblicati avevano anticipato questa direzione, a partire da “Miao”, con la sua partenza acustica che si apre poi in un ritornello da cantare a squarciagola, fino ad arrivare a “È solo un momento”, forse la più generazionale delle canzoni, dedicata a chi se lo è sentito dire almeno una volta. Con “Un milione di anni”, invece, gli Zen si spingono oltre: uno sguardo sul fragile futuro dell’umanità, che ha sempre più domande che risposte.
La piega più dura dell’album arriva con “Novecento”, “Vecchie Troie” e “Virale”, fotografia brutale del passato e del presente che ci travolgono. Preparate le ginocchia per il Pogo: già ce li immaginiamo sudati, urlati e condivisi.
Dal rock si passa a riflessioni più intime, tipo “Caronte” o “Meglio di niente”, che giocano con la leggerezza a contrasto con testi per niente scontati. Il cerchio si chiude con “Adesso e qui”, un invito a fermarsi e a stringere ciò che conta, fino ad arrivare a “La fine”, il brano da cantare abbracciati agli amici, a fine serata, quando resta la consapevolezza che il male esiste, ma che si può affrontare insieme.
L’urgenza Zen
Con “Il Male” gli Zen Circus non cercano di stupire, ma di consolidare ciò che li ha resi un’istituzione del rock italiano: coerenza, urgenza espressiva e capacità di parlare al cuore e alla pancia.
Appino continua a scrivere con una penna affilata, che sa schiaffeggiare e al tempo stesso consolare, come un amico. Il risultato sono undici tracce sfrontate e dirette, nate dalla necessità di non arrendersi a un presente dominato dall’apparenza.
Gli Zen Circus, dopo oltre venticinque anni di carriera, si confermano una voce transgenerazionale, capace di parlare a chi li segue dagli esordi così come a chi li scopre oggi.
Perché se il male è inevitabile, il modo in cui lo affrontiamo – con musica, rabbia, parole e ironia – può diventare la nostra forma di resistenza.
a cura di
Chiara Serri
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