“Se questo è un uomo. L’arte ricorda. L’umanità resiste”: uno sguardo sulla mostra in corso a Parma360

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Se questo è un uomo. L’arte racconta. L’umanità resiste è una mostra visitabile al Palazzo del Governatore di Parma fino al prossimo 25 maggio. Curata da Chiara Canali, l’esposizione riflette sul concetto di umanità, nel periodo storico che va dalla Seconda Grande Guerra fino ad oggi

Se questo è un uomo. L’arte racconta. L’umanità resiste narra di un viaggio: quello interiore, alla ricerca di un’umanità perduta. Come ogni cammino, anche questo prevede una fase di smarrimento e una ricerca costante del proprio Io, in un percorso tra opere e artisti che, in quanto protagonisti attivi del ‘900, vittime delle due Grandi Guerre (e di una terza, quella Fredda) e di un periodo storico estremamente mutevole e traumatico, hanno vissuto sulla propria pelle quel senso di estraniamento e di frammentazione di sé espresso con la loro arte. 

Curata da Chiara Canali, la mostra parte dalla rilettura del libro Se questo è un uomo, adattandolo e ricontestualizzandolo in chiave contemporanea. Collegandolo al tema della Memoria, vero e proprio filo conduttore di questa IX edizione del Parma360, e gettando un ponte tra passato e presente.

Perché, sebbene il 25 aprile 1945 abbia messo fine alla follia nazifascista, è anche vero che, ancora oggi, l’umanità è minacciata e ognuno di noi deve lottare nella sua quotidianità per mantenersi uomo. Povertà, miseria, la tratta delle persone e l’esodo dei migranti, ma anche tutte quelle forme di violenza di genere, sociali e digitali sono solo alcune delle violazioni che interessano il periodo storico in cui viviamo. 

Inoltre, il mondo non è mai stato così in guerra e in un’epoca caratterizzata da ben 56 conflitti, che vedono il coinvolgimento di 92 Paesi (il numero più alto dalla Seconda Guerra Mondiale), appare chiaro come una riflessione approfondita sul moderno umanesimo e su tutto ciò che minacci la nostra dignità e la nostra vita risulti fondamentale. 

Se questo è un uomo

L’esposizione si propone dunque di riflettere su queste tematiche di interesse e sull’immagine stessa dell’uomo, a partire dall’esperienza post bellica della Seconda Guerra Mondiale fino ai giorni nostri. In un percorso segnato da una profonda crisi e dalla perdita della fiducia nelle capacità umane, secondo un processo interiore di vera e propria disumanizzazione che affonda le sue radici nell’esperienza nazifascista e dei Lager. 

“Se questo è un uomo” è una domanda tuttora valida perché l’Umanità è minacciata nel suo complesso, dai pericoli ben noti, e anche in ogni singolo, ognuno di noi deve lottare personalmente per mantenersi uomo.

Primo Levi, intervista a Lucia Borgia, 1984 

Contro la guerra 

Significativa, in questo senso, è sicuramente la prima parte della mostra, dove ritroviamo artisti come Pablo Picasso e Francis Bacon, che si fanno portavoce di un grido comune. Quello contro la guerra e le sue nefandezze, che hanno aperto una ferita profonda nell’animo umano. 

In Sueño y mentira de Franco (opera del 1937 suddivisa in due parti e pubblicata sulla rivista Cahiers d’Art con una poesia di Picasso) la figura folle e mostruosa del generale fascista Francisco Franco può essere sconfitta solamente dalla forza del toro, che rappresenta la Spagna.

Un’opera dai toni accessi e ricolma di una satira feroce, che ha ispirato diversi artisti italiani della Corrente di Vita Giovanile, in lotta contro la dittatura fascista. Tra questi ultimi, emerge Renato Guttuso con Gott mit Uns – Dio è con noi, da cui emerge sì la barbarie del conflitto, ma anche la stregua lotta della Resistenza. E sicuramente anche Aiutate! di Ennio Morlotti che, ispirato da Guernica, rappresenta la figura di un partigiano sconfitto a terra sul prato, con le braccia aperte rivolte verso l’alto. 

Tra gli artisti internazionali che hanno sicuramente lasciato un segno ritroviamo anche Bacon, che con le sue figure umanoidi deformi ispirerà la Nuova Figurazione Italiana, ed Henry Moore. Il quale, rimasto povero e senza materiali, abbandonò la scultura per dedicarsi al disegno, incentrato sulle scene di vita nella metropolitana londinese, The Tube. 

La deportazione 

Altra sezione estremamente ampia è quella dedicata all’esperienza estrema della deportazione, una vera e propria resistenza passiva che ha visto protagonisti uomini, donne e bambini, spogliati totalmente della loro umanità e dei loro diritti. 

Si ricorda dunque la Mostra nazionale dei lager nazisti, inaugurata nel 1955 a Carpi e contenente 750 documenti fotografici ed iconografici aventi come oggetto i campi di concentramento e di sterminio. Situata qui per la presenza del Campo di Fossoli, (enorme struttura italiana di transito per i lager europei dove lo stesso Primo Levi era stato internato prima della deportazione), l’esposizione fu la prima a livello nazionale incentrata su questa tematica. 

“La mostra non è stata dedicata ai padri, bensì ai figli e ai figli dei figli, allo scopo di dimostrare quali risorse di ferocia giacciono in fondo all’animo umano, quali pericoli minaccino, oggi come ieri, la nostra civiltà”.

Primo Levi

Ma anche il Museo Monumento al Deportato politico e razziale nei campi di sterminio nazisti che, inaugurato in città nel 1973, esplora in 13 sale questa drammatica esperienza. La quale è tuttavia riletta in chiave universale, come forma di violenza dell’uomo su un altro essere umano. 

Infine, una menzione specifica spetta anche ad Aldo Carpi che, internato nel campo di concentramento di Mauthausen-Gusen, con i disegni del suo Diario illustra gli orrori subiti durante la sua prigionia. Realizzati a matita o ad inchiostro (e talvolta acquerellati) principalmente a memoria dopo la liberazione, rappresentano i volti spenti e allucinati dei protagonisti della vicenda e tutto l’orrore che questa porta con sé. 

Un inferno sulla terra 

Guardando alla Divina commedia dantesca, diversi artisti si sono lasciati ispirare dalle pene e dagli orrori descritti in particolare nell’Inferno, ricollegandoli strettamente all’esperienza vissuta ad inizio ‘900 e lasciandosi influenzare da essi durante la loro produzione artistica. 

È il caso di Guttuso, che nel 1959, dietro suggerimento di Alberto Mondadori, si è rifatto al poema dantesco traducendolo in 56 tavole, reinterpretate ed arricchite dalla propria esperienza personale. Scagliandosi contro la dittatura, gli orrori e la violenza esercitata dalla guerra, l’artista raffigura in modo grottesco e turpe i dannati, che si rivelano essere uomini del suo tempo. 

Oltre a questa massa “che è tutta un sottoproletariato, magnaccia dai capelli imbrillantinati, gaglioffi, ruffiani e puttane da suburbio”, Guttuso rappresenta anche i vizi umani ed i guardiani dei luoghi infernali, come Minosse. 

Allegorie

Una sezione interessante di Se questo è un uomo è sicuramente quella delle Allegorie, che riflettono su alcuni temi universali e senza tempo (come la solitudine, la potere, la violenza, il supplizio e il potere), mettendo a confronto le opere di diversi artisti. 

Nell’ottica di creare un ponte tra passato e presente, vengono infatti accostati i lavori di un autore “moderno” (è il caso di Zigaina, Vespignani, Guerreschi, Sughi e Guttuso) a quelli di uno contemporaneo (Robusti, Luzi, Martinelli, Padovani), ponendo l’accento anche sulle tecniche e sui differenti linguaggi d’espressione utilizzati nella reinterpretazione

Come spiega Canali, la scelta tematica è ricaduta su queste cinque categorie per ispirare una riflessione, ricordandoci che, oltre alle ombre nefaste portatrici di morte, l’uomo presenta al suo interno anche la luce e i valori positivi, come la resilienza, la dolcezza, la compassione, la solidarietà e l’amore. 

Tra umanesimo e disumanesimo 

Infine, una piccola parentesi va aperta su quella parte della mostra che si concentra sul ritratto, inteso come una parte del corpo da cui estrapolare un’immagine, rivelandone l’interiorità ed il suo significato nascosto. 

Potremmo citare nuovamente Picasso e Bacon, ma anche artisti della Nuova Figurazione Italiana. Autori dai tratti stilistici più svariati (spazianti dal postespressionismo all’iperrealismo), come Robusti, Padovani, Luzi e Serpetti. 

Anche in questo caso emergono le tematiche della resistenza pacifica e dell’amore umano, come ad esempio in Ecce Homo, dov’è raffigurato un episodio di profonda umanità tra un immigrato e le autorità che lo accolgono con calore. 

Per quanto riguarda la disumanizzazione, invece, oltre ad opere che riflettono su di essa in relazione all’abbandono della ragione a favore di una dimensione più ferina e bestiale (come quelle di Berra e di Calore), troviamo anche una selezione che riflette sul rapporto tra uomo-macchina, focalizzandosi in particolar modo sull’Intelligenza Artificiale e sul suo impiego. 

Chimera di Giuseppe Lo Schiavo indaga proprio su quest’ultima e sul suo impiego artistico, utilizzando il machine learning per creare un ibrido tra uomo e scimmia e l’IA per produrre una rete neurale che dia vita ad un’interpretazione visiva di essi. 

Anche Davide Maria Coltro gioca con la ritrattistica, esplorando l’identità fisionomica dei vari soggetti e dell’artista stesso attraverso una mescolanza continua e casuale dei tratti somatici, nonché di colori e aspetti. 

Infine, con Uncanny Mirror Mario Klingemann sfida lo spettatore a riconoscersi allo specchio, in un’opera digitale che ricrea sul momento i ritratti del pubblico attraverso l’utilizzo di marcatori biometrici facciali e rilevatori di pose e movimenti. 

Insomma, un ultimo interessante approfondimento che mira a far riflettere sull’utilizzo consapevole della ragione umana, la quale rischia di essere soppiantata (in un futuro non più troppo lontano) da nuove intelligenze, dotate di una propria volontà. 

Invitandoci, come faceva Levi in Se questo è un uomo, a non delegare la nostra facoltà di scelta e di giudizio a nessuno.
Sia esso uomo o macchina. 

a cura e foto di
Maria Chiara Conforti

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