“Al Progredire della Notte”: non chiamatelo solo horror

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”Al Progredire della Notte” è il nuovo film di Davide Montecchi, regista riminese di “In a Lonely Place, opera prima del 2016. Con questa pellicola il regista si conferma una rivelazione nel panorama dell’horror italiano, dando vita ad un film dallo sguardo inedito ed interessante.

Il secondo ed ultimo lungometraggio del cineasta riminese Davide Montecchi, intitolato Al Progredire della Notte, merita molto più che essere incasellato come horror.
Un genere oggigiorno fin troppo bistrattato, nonostante le eccellenti uscite sul grande schermo degli ultimi mesi (il candidato all’Oscar The Substance e l’ottimo Longlegs su tutti).

Di spalle, l’attrice Lilly Englert, protagonista del film


È possibile collocare la pellicola all’interno del genere, nonostante risulti a tratti borderline rispetto alle solite e ripetitive proposte mainstream.
In essa ritroviamo sicuramente i cliché propri dell’horror, tuttavia Montecchi vi aggiunge i suoi personali punti saldi, offrendoci una spettacolare fotografia (a cura di Fabrizio Pasqualetto) ed una calibrata e maniacale regia, che lo collocano subito fra le opere cinematografiche di serie A.

Il film di Davide Montecchi


Il regista romagnolo, attivo dal 2016 con il suo film d’esordio In a Lonely Place, ha iniziato il suo tour di presentazione con un’anteprima al Cinema Fulgor di Rimini il 21 gennaio.
Dopo alcune tappe a Milano, Bologna e Ravenna, Al Progredire della Notte ha raggiunto prima le sale del Cinema Settebello e poi, per un’unica proiezione, il Supercinema di Santarcangelo.

Regista, produttore e sceneggiatore di classe ‘81, Davide Montecchi è fondatore della Meclimone Produzioni, una società di produzione cinematografica indipendente con sede a Rimini.
Laureato al Dams di Bologna e formatosi poi successivamente in America, ha lavorato come regista di video musicali e montatore, prima di dedicarsi alle sue personali fatiche cinematografiche.

Davide Montecchi, regista

La distribuzione delle opere di Davide Montecchi non si avvale di una circuitazione molto ampia.
Avevo scoperto, infatti, solo per puro caso il suo primo film intitolato In a Lonely Place: mi colpì il fatto che un regista italiano proponesse un’opera thriller/horror.
Nacque così la speranza di vedere una pellicola di qualità, differente dal solite proposte. E fui subito accontentata.


La fotografia, la scelta delle location e delle luci naturali, i tempi lenti, ma soprattutto il coraggio di lasciare l’intero scorrere della narrazione in mano a pochi interpreti (due, per la precisione), mi impressionarono oltremodo.
Questo pattern e questa scelta, guidate sicuramente anche dal basso budget, ritorna in questo secondo meritevole e viscerale impegno di Montecchi.

La narrazione labirintica

In Al progredire della Notte si ha l’impressione di trovarsi dentro una narrazione, una fiaba, ma mantiene in comune col precedente il costante senso di disorientamento.
Chi guarda, seduto sulla poltroncina, si chiederà spesso se si trovi all’interno di un sogno, un incubo o del reale susseguirsi della vicenda.

Locandina del film

Le analogie alla favola e al labirinto, anticipate nella escheriana locandina, si affiancano nell’indagine della natura umana.
Come il regista stesso ci racconta, la nascita di questa pellicola è solleticata dalla sua personale curiosità per l’esoterismo, appagata dalle letture di Eraldo Baldini, romanziere ed autore teatrale di origine ravennate.


Le influenze di altri registi o autori (Montecchio stesso ammette una naturale predilezione per Pupi Avati) sono evidenti, ma rivisitate dal personale estro del regista.
Già dalle prime inquadrature troviamo un’affinità con quelle suspiriane di Dario Argento. E, quando Claudia arriva in stazione avvolta in una mantella, non può non ricordare una Cappuccetto Rosso sperduta e spaventata.

Lilly Englert impersona Claudia, la protagonista del film
La trama

La giovane aspirante attrice approda in una deserta cittadina per partecipare ad un corso di sopravvivenza che avrà luogo l’indomani.
Claudia pernotta presso la casa di Letizia, una donna gentile e misteriosa, ossessionata dalla metafonia, una tecnica che pare permetta di comunicare con gli spiriti.

Durante questa lunga notte, tutto andrà storto, iniziando con un incubo (anche qui il richiamo a Rosemary’s Baby di Polanski è ben chiaro) e proseguendo con la scoperta di un’enigmatica porticina. La quale purtroppo non porterà la protagonista alle fantastiche scoperte di Alice nel paese delle meraviglie, ma ad inquietanti verità sulla natura della padrona di casa.

Un’opera inedita


Tutti questi richiami a registi e ad autori illustri non devono far pensare però a qualcosa di già visto: essi creano piuttosto un mosaico di sensazioni che il regista utilizza (con immensa maestria), facendole scaturire direttamente nello spettatore.

Inquietudine, ostilità e suspence sono il leit motiv che li unisce tra di loro.
E proprio in questo risiede l’unicità di Davide Montecchi: nel riuscire a trasferire sottopelle questi stati d’animo.
Lo spettatore esce dalla sala trattenendo dentro di sé una varietà di percezioni, con una latenza che non ha nessuna fretta di andarsene.

a cura e foto di
Bellini Valentina

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