“Moriremo tutti, ma non oggi”: una risata vi solleverà

“Moriremo tutti, ma non oggi”: una risata vi solleverà
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Nonostante gli sforzi recenti per normalizzare il tema della salute mentale, ancora tanti tendono a considerare le malattie psichiche patologie di serie b. E, in generale, anche per chi è più empatico è spesso difficile comprendere a fondo la sofferenza che può portare questa malattia invisibile e quanto condizioni la vita di tutti i giorni.

Per questo Moriremo tutti, ma non oggi di Emily Austin (Blackie Edizioni) è un libro che davvero dovrebbero leggere tutti, non solo per la profondità e la verosimiglianza con cui l’argomento viene trattato, ma anche per la leggerezza tutt’altro che frivola che in più di un momento strappa una risata, con l’umorismo tipico di una mente arguta e capace di cogliere l’essenza umana nel profondo.  

La realtà della depressione

Ma veniamo alla trama: Gilda è una ragazza che soffre di depressione. Gli attacchi di panico la costringono a recarsi molto spesso in ospedale con la sensazione di essere sul punto di morire; le diagnosi eliminano sempre questo rischio, ma non basta a tranquillizzarla. Se da un lato “sopravvaluta” una sensazione di grave malessere, di altre situazioni non percepisce la gravità – ad esempio, si rompe un braccio in un incidente ma non chiama l’ambulanza per “non attirare l’attenzione”.

In un modo o nell’altro nel rimuginio costante di Gilda c’è sempre la morte, non come pensiero suicida, ma piuttosto come un evento imminente che non dipende da lei e che fa capolino nei suoi pensieri attraverso sogni e flashback. Non solo sua, ma anche dei suoi cari, di chi la circonda e anche degli sconosciuti. Non vi è una sola e unica causa di questo disagio, anche se gran parte del problema risale al background famigliare composto da un padre con evidenti problemi di gestione della rabbia, una madre piuttosto restia a guardare in faccia la realtà e un fratello alcolista.

Le conseguenze della depressione

Come conseguenza del suo malessere, Gilda perde il lavoro di libraia e più in generale il controllo della propria vita, e proprio per quest’ultimo motivo finisce in una situazione alquanto grottesca. Seguendo un volantino che propone “aiuto psicologico”, Gilda si ritrova in una chiesa, dove Jeff, un prete bizzarro, le offre un lavoro come segretaria amministrativa, in sostituzione della precedente che “è tornata al Signore”. Gilda appunto non riesce a rifiutare, e così si ritrova, atea e lesbica, a “servire” la Chiesa. Ovviamente senza far trapelare (o almeno provandoci) niente di tutto ciò. 

Una luce nel buio

Nonostante la personalità di Gilda sia messa a dura prova dalla sofferenza psichica, c’è un aspetto di lei che non viene intaccato: la comicità, sia nelle cose sgangherate che le accadono nella vita, sia in generale nel modo in cui racconta. Una qualità che si fa strada tra gli stati dissociativi della mente e che mantiene sempre un aspetto altrettanto lucido sulla vita.  

Non è facile raccontare un profilo psicologico così difficile senza scadere in pietismi; Emily Austin non solo ci riesce, ma ci fa ridere, piangere, provare tutte le emozioni possibili in 272 pagine. In particolare, la descrizione degli attacchi di panico è qualcosa di forte e crudo, che non lascia spazio all’immaginazione e che fa trattenere il respiro anche se non lo abbiamo mai provato in prima persona. L’empatia che si crea con la protagonista è qualcosa di raro, perché in fondo tutti siamo ossessionati dal tempo che passa, e tutti, in un modo o nell’altro, abbiamo provato sconforto nei confronti della vita. E – senza mai sminuire la problematica del disagio mentale – la lente narrativa che segue i pensieri spesso sgangherati di Gilda ci fa riflettere tanto, ma anche esorcizzare le congetture più tristi e cupe.

a cura di
Martina Gennari

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Martina Gennari

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