“The Bikeriders” – la recensione in anteprima del nuovo film di Jeff Nichols

“The Bikeriders” – la recensione in anteprima del nuovo film di Jeff Nichols
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Presentato al Telluride Film Festival, il film sbarcherà nei cinema di tutta Italia il 19 giugno distribuito da Universal Pictures. Noi di The Soundcheck abbiamo assistito all’anteprima, e ve ne parliamo qui, in questo articolo.

Ispirato all’omonimo libro fotografico del 1967 di Danny Lyon, la storia di The Bikeriders si snoda a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70, seguendo l’ascesa dei Vandals MC ad uno dei più grandi e importanti club motociclistici degli Stati Uniti. Nichols torna dietro la macchina da presa a otto anni di distanza dal toccante Loving, e lo fa accompagnato da un cast d’eccezione: Tom Hardy (Mad Max: Fury Road, Dunkirk), Jodie Comer (The Last Duel, Killink Eve) e Austin Butler (Elvis, Dune – Parte due) su tutti.

Appuntamento nelle sale il 19 Giugno!

Born to be wild

Che cosa vi evoca il concetto di “ribellione allo status quo”?
La mia personalissima cartolina è quella di Peter Fonda e Dennis Hopper in sella ai loro chopper nel film culto del 1969 Easy Rider: un racconto on the road di una cultura e di un mondo in rapida trasformazione, dove le regole del Sogno Americano stavano per essere infrante definitivamente sotto le bombe del Vietnam e del movimento hippie.

Questo è anche The Bikeriders, una storia vista attraverso le vite di un gruppo di emarginati che trovano nelle moto un rifugio e l’opportunità di riconoscersi e comprendersi l’un l’altro.

C’è Johnny (Tom Hardy), un padre di famiglia che di mestiere fa il camionista e che decide di fondare i Vandals folgorato dalla visione del personaggio di Marlon Brando ne Il Selvaggio. C’è Benny (Austin Butler), il ribelle senza causa, allergico tanto alle regole della società statunitense quanto a quelle alternative e non scritte degli stessi Vandals.

Uno spirito libero di cui si innamora Kathy (Jodie Comer), in un certo senso la vera narratrice del film: è infatti lei a raccontare tutta la vicenda al microfono di Danny (Mike Faist), il giornalista e fotoreporter che seguirà i Vandals durante la loro evoluzione da moderni cowboy di quartiere a fuorilegge disperati e anarchici, sempre più inclini alla violenza e all’abuso di droghe.

La fine del Sogno Americano

Perché gli anni ‘70 e la Guerra del Vietnam non fanno sconti a niente e a nessuno. La parabola dei Vandals diventa allora un’allegoria della stessa società statunitense: un’umanità allo sbando che ha smarrito le proprie radici e la propria libertà.

Libertà che, invece, incarna appieno il personaggio solitario e taciturno di Butler, che Johnny vede come il suo perfetto erede alla guida del club di bikers. Ma Benny non cerca responsabilità e non si lascia tarpare le ali, fedele fino alla fine alla sua identità.

Ad illuminare la scena è proprio l’alchimia tra Butler e Hardy: il rapporto tra i due è fatto di silenzi e di parole appena sussurrate, di un rapporto che potrebbe forse andare oltre l’amicizia, ma che per quei tempi e quell’ambiente non è lecito nemmeno pensare.

Interpretazioni magnetiche e struggenti le loro, come quella di Jodie Comer, il cui personaggio inizialmente sembra uscito da una cartolina anni ‘50 della perfetta famiglia americana, per poi essere presto risucchiato in questo vortice di pistoni e motori.

Impossibile non citare anche la presenza nel cast di Michael Shannon (Revolutionary Road, La Forma dell’Acqua) e Norman Reedus (il Daryl Dixon di The Walking Dead), che qui prestano il volto a Zipco e Funny Sonny, due comprimari della banda di motociclisti.

Uno sguardo autentico

Con un piglio a tratti documentaristico, Mike Nichols – regista e sceneggiatore dell’opera – sceglie di non prendere le parti di nessuno, evitando il facile cliché della distinzione tra buoni e cattivi, tra giusto e sbagliato. Ogni movimento di macchina è essenziale, pulito, al servizio di un racconto sempre più decadente che, frame dopo frame, mette in scena lo sgretolarsi dell’American Dream. La fotografia è di un ottimo Adam Stone. Musiche di David Wingo.

The Bikeriders guida così lo spettatore alla scoperta di una realtà pura e profondamente radicata. Tra qualche scazzottata e una partita al biliardo, la vicinanza con queste figure permette di percepirne l’anima, dando quasi l’impressione di conoscerle davvero. Ma l’imprevisto è sempre dietro l’angolo, proprio come nella vita di tutti i giorni.

Autenticità: questo è il tratto distintivo del film, che emerge come una caratteristica vitale lungo tutto il suo arco narrativo, arricchendolo ed elevandolo.

In ogni suo comparto, The Bikeriders è un film pensato per la sala. Il 19 Giugno salite in sella e andate al cinema!

a cura di
Alessandro Bertozzi

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Alessandro Bertozzi

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