Intervista a Signoroni: sul palco del Blue Note con Jannacci

Intervista a Signoroni: sul palco del Blue Note con Jannacci
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Il 18 maggio Stefano Signoroni e Paolo Jannacci si incontreranno sul palco del Blue Note Milano dopo aver collaborato nel 2022 alla cover “Una fetta di Limone”, omaggio a Giorgio Gaber e Enzo Jannacci

Stefano Signoroni e Paolo Jannacci si ritrovano – per la prima volta insieme dal vivo – sul palco del Blue Note, per omaggiare non solo Gaber e Jannacci ma anche la loro Milano. Il live sarà composto da due esibizioni: una alle 20:30, già sold out, e una alle 23. Il fil rouge del concerto, ancor prima della sintonia professionale, sarà l’amicizia tra i due.

Saranno accompagnati da Marco Ricci al basso, Daniele Moretto alla tromba e flicorno, Stefano Bagnoli alla batteria, Flavio Scopaz al basso, Giuliano Lecis alle tastiere, Giacomo Ruggeri alla chitarra e Tommaso Ruggeri alla batteria.

Abbiamo incontrato Signoroni per farci raccontare della data e della sua esperienza internazionale!

Ciao Stefano, benvenuto su TheSoundcheck! Raccontaci della data, come nasce l’idea di incontrarvi sul palco?

Io e Paolo ci siamo conosciuti inizialmente tramite un amico in comune, Emiliano Bassi un’altro bravo musicista e produttore. Poi ho pensato di invitarlo alla manifestazione che tutti gli anni si tiene all’Istituto Nazionale dei Tumori, composta da una serie di concerti che si tengono sul terrazzo per i pazienti oncologici.

L’idea della cover di Una fetta di Limone è nata un po’ per scherzo a cena. È un pezzo che mi è sempre piaciuto molto ed avevo questo ricordo di Gaber e Jannacci. In omaggio a questi due giganti di Milano abbiamo poi quindi pensato di fare qualcosa insieme e un ulteriore occasione è arrivata quando ci hanno proposto un concerto al Blue Note.

È stato un modo per non lasciare che anche questo progetto rimanesse nella dimensione delle parole. Abbiamo quindi colto subito l’occasione, sperando che possa e che ci sia modo di costruire qualcosa da portare in giro.

Hai calcato anche molti palchi internazionali. Qual è la differenza con l’Italia?

La differenza è nel pubblico. Tendenzialmente quello straniero, così a sensazione , è più attento. Ha un’attenzione particolare alla musica e all’esecuzione. Il pubblico italiano forse è un po’ più emotivo. La differenza sta nella ricchezza del sapere: un italiano reagisce in un certo modo a certe cose, mentre il pubblico internazionale ad altre. Dire poi internazionale può in realtà significare molte cose, ho suonato per americani ed è diverso che esibirsi per gli europei – come inglesi e francesi – o in Arabia Saudita. Ovviamente ogni volta che sono in Italia è bellissimo.

Porti avanti due carriere molto diverse tra loro, come coesistono?

La vita non è interamente programmabile. A volte è fatta di una serie di circostanze, passioni e inclinazioni. E poi sei tu che fai un mix di quello che scegli e quello che ti capita. Ho portato avanti le due cose, perché da una parte crescevano le esperienze musicali e dall’altra studiavo. È stato naturale dallo studio passare anche a esercitare in ambito di ricerca scientifica e medico scientifica, in particolare dell’oncologia.

Sono un mix delle due cose. Avere a che fare con pazienti oncologici mi tiene molto inchiodato alla realtà e riesce anche a dimensionare le frustrazioni, che tutti ovviamente abbiamo. La musica mi è invece necessaria proprio per staccarmi da questa cosa e mi arricchisce di altro, un po’ di leggerezza nonostante sia anche tormento. Tutti i lavori creativi alternano fasi di gioia e soddisfazione a quelle di crisi, che però danno modo di andare avanti.

Qual è il brano che emotivamente ti smuove di più quando lo porti sul palco?

Un brano che che amo e per cui ho un grande rispetto, infatti ho cominciato a portarlo tardi, è “My Way” di Sinatra. Viene percepita come canzoncina leggera, adatta ad un’esibizione tecnica, ma non è solo quello. Da modi di fare il bilancio della propria vita e questo mi smuove tanto.

Per una questione di affetto, e perché è la mia canzone preferita in assoluto, anche “Your Song” di Elton John. Mi muove tanto anche perché l’ho conosciuto artisticamente grazie a mio padre e mia madre e perché l’ho visto 29 volte. È stato il mio artista di riferimento e ho avuto anche l’onore di incontrarlo in un backstage e di parlarci.

Un’ultima domanda: tre motivi per cercare di accaparrarsi gli ultimi biglietti disponibili per la serata del 18?

Domanda difficilissima! Allora il primo è Paolo Jannacci, il secondo è Stefano Signoroni… Sarà una serata in cui vorremmo portare un po’ di leggerezza e di spensieratezza. E poi omaggiare il più possibile la nostra Milano, quindi forse per il pubblico milanese questi sono i motivi principali.

È una cosa che poi vorremmo portare al di là di Milano, vedremo!

a cura di
Andrea Romeo

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Andrea Romeo

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