“Quando c’era Marnie”: un altro film Ghibli?

“Quando c’era Marnie”: un altro film Ghibli?
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“Quando c’era Marnie” è uno dei tanti lungometraggi sfornati dallo Studio Ghibli. Ma è all’altezza del nome della casa di produzione?

Presentazione

Quando c’era Marnie è un lungometraggio animato del 2014 curato dallo Studio Ghibli. È basato sull’omonimo romanzo di Joan G. Robinson ed è stato candidato ai premi Oscar 2016 come miglior film d’animazione. Diretto da Hiromasa Yonebayashi, è stato l’ultimo film di questa casa di produzione prima di una temporanea chiusura. Suddetto periodo di pausa fu causato a suo tempo dagli scarsissimi incassi dell’appena uscito La Storia della Principessa Splendente e dal ritiro di Miyazaki dall’attività cinematografica. Questi sono tutti fattori da tenere in considerazione nell’analisi di questo film.

Trama

La linea narrativa non è molto lineare e anzi, si dirama in modo complesso per tutta la durata del lungometraggio. Addirittura confonde lo spettatore in un primo momento, ma riesce a chiarire tutto sul finale. 

Anna è una dodicenne orfana che vive a Sapporo con la madre adottiva. Soffre d’asma e, anche se non viene mai dichiarato in modo esplicito nella pellicola, in lei è possibile notare tutti i sintomi tipici della depressione. Incapacità relazionale, desiderio di isolamento e percepibile assenza di empatia sono, infatti, solo alcuni dei tratti che più la caratterizzano. A seguito di un attacco d’asma particolarmente intenso, si decide di mandarla a vivere presso una coppia di parenti in un paesino dall’aria più pulita.

La vita lì non è semplice per Anna: nonostante gli sforzi e la comprensione dei suoi parenti, lei non riesce comunque ad integrarsi con i suoi coetanei e in più è vittima di strani fenomeni. Continua ad incontrare in strane circostanze Marnie, una bambina dai voluminosi capelli biondi che abita nella fatiscente villa del paesino. Marnie si scoprirà essere lo spirito della nonna della protagonista, che la guida e l’aiuta a trovare una nuova amica.

Da sinistra a destra, Anna e Marnie
(Fonte:Google Images)
Alla fine, chi è Marnie?

Per gli spettatori più giovani e per chi, in generale, ama avere la trama servita su un piatto d’argento e non speculare, Marnie è solo un fantasma. Appare come un’idea senz’altro romantica, ma nulla di più. Per chi, invece, ama giocare a fare il cospirazionista, l’amabile bambina bionda è molto, molto di più. La si potrebbe vedere come lo Spirito della Vita che trova Anna e la guida attraverso una fase della crescita molto difficile per lei. La spinge a trovarsi una nuova amica e ad apprezzare ciò che ha, come ad esempio l’affetto della madre adottiva e dei parenti.

Una seconda interpretazione è che Marnie sia la personificazione del ruolo che hanno tutti gli amici immaginari. Aiutano nella crescita e quando poi arriva un amico reale scompaiono, dal momento che il loro compito è concluso. Ci sono moltissime chiavi di lettura per la creatura che abita (o infesta?) la villa sul lago. L’importante è non fermarsi alla semplice apparenza di fantasma come si potrebbe essere spinti a fare in un primo momento. Se, infatti, spettri di questo tipo sono comunissimi nella cultura giapponese, d’altro canto ancora di più lo è la tradizione di interpretare la conoscenza che viene offerta in chiave metaforica.

Un titolo che rifulge di luce propria?

Il confronto viene spontaneo: Marnie è l’ennesimo fantasma costretto a vivere nell’ombra di Howl e Totoro, oppure è solo enormemente sottovalutata? Con questo titolo la Ghibli riesce a continuare la sua amabile monotonia seppur con una produzione estremamente low-cost. I critici più attenti hanno, infatti, notato la scarsa qualità di quest’opera.

Si vedono disegni approssimati, animazioni non sempre adeguate al movimento, tonalità molto più scure (e non per scelta di regia, ma per la cattiva qualità dei colori). Ciononostante, non viene a mancare la cifra stilistica di questo studio e ritornano paesaggi sereni e tracce musicali orecchiabili – ma non spettacolari. In sostanza, si poteva fare di meglio con un’idea di base così buona. Tuttavia, le circostanze e il caso non erano altrettanto favorevoli.

Marnie
(Fonte: Google Images)
La bambola

Un dettaglio a cui molti non fanno parecchio caso è che la bambola che Anna ha in mano da piccola è una Marnie in miniatura. Le possibilità che Anna avesse una bambola con le fattezze esatte di sua nonna sono infinitesime e a riguardo la critica si divide con ben tre opinioni diverse.

La prima è quella un po’ più forzata e campata per aria: forse Marnie aveva davvero scelto di cucirle una bambola a sua immagine e somiglianza come simbolo del suo affetto. Tuttavia, questa teoria ha troppi vuoti. Se fosse così, perché un oggetto così importante non viene più riproposto? Perché Anna non riconosce la sua bambola in Marnie quando la incontra?

La seconda è che, a causa della mancanza di fondi, i disegnatori avessero evitato di creare e animare un nuovo modello, riutilizzando Marnie. Pur volendo credere a questa possibilità, resta comunque un modo poco romantico di vedere le cose. La terza, quella che è più interessante e probabile insieme, è che sia semplicemente una figura retorica. La bambola ha le fattezze di Marnie perché simboleggia il suo rimanere con la nipote anche oltre la morte.  

Finale

In conclusione, Quando c’era Marnie non è affatto male. Avrebbe potuto splendere maggiormente e diventare uno dei capolavori più famosi della sua casa produttrice ma purtroppo, per via del low-budget e dei temi poco mainstream, viene relegato a posizioni inferiori in classifica. Peccato, perché è palesemente un 8,5/10.

a cura di
Adelaide Gotti

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Adelaide Gotti

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