Nel mese di gennaio la casa editrice Sellerio ha pubblicato La ricreazione è finita romanzo, ultimo, figlio di Dario Ferrari, filosofo, professore e scrittore.
Dopo ben nove mesi dalla sua uscita ho messo mano alle pagine di quest’opera e me ne pento. Mi pento di non averla letta prima, subito! Mi pento di non aver dato retta a decine di critici, opinionisti, book influencer, bookstagrammer, giornalisti, amici, parenti, case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale…
Il fatto è che il nuovo nato di Dario Ferrari è diventato fin da subito un caso letterario (ha vinto molteplici riconoscimenti tra cui il Premio Flaiano per la narrativa e il Premio Satira Forte dei Marmi). Piaceva a tutti (o quasi). Come sempre mi succede quando assisto alla nascita di un fenomeno, lascio decantare un po’ la cosa, aspetto di vedere quanto arrosto c’è dietro la cortina di fumo.
Mai attesa è stata più vana: La ricreazione è finita è davvero un bellissimo libro.
La trama
Marcello Gori è un trentenne spiantato, laureato in lettere con un gruppo di amici che, come lui, vivono alla giornata, senza alcuna fretta di crescere. Ha una fidanzata, Letizia, che è il suo antipodo e che cerca di incanalarlo in una vita da adulto. Ma Marcello tenta di svicolare, impaurito, ad ogni idea che possa inglobarlo in una convivenza, una famiglia o un lavoro serio: dalla vita dei suoi genitori.
L’incipit de La ricreazione è finita anticipa la descrizione del protagonista e forse anche quella della gran parte dei giovani del nostro tempo, che si ritrovano d’un tratto a fare i conti con il giro di boa dei trent’anni.
Ci sono decisioni che segnano la piega che prenderà tutta una vita e io finora quelle decisioni le ho sempre prese a caso. Se avessi dovuto scegliere cinque minuti dopo, avrei potuto tranquillamente fare l’esatto contrario.
Anche tutta la storia dell’opera prenderà vita da una scelta fatta a caso, figlia di un istinto, quasi per gioco. Marcello, infatti, in seguito ad un alterco col padre (sempre pronto a fare paternali) deciderà di provare a vincere un concorso per un dottorato della sua università. A dispetto di ogni aspettativa, e sempre grazie a molteplici casi fortuiti, lo vincerà…
La ricerca
Il suo mentore, il professor Sacrosanti, precedentemente extraparlamentare di sinistra durante il terrorismo degli anni Settanta, gli affiderà un tema alquanto misterioso. Marcello, infatti, dovrà occuparsi di Tito Sella, personaggio viareggino come lui, terrorista e membro di una banda armata nella Viareggio degli anni Settanta che proprio per questo, passerà l’intera vita in carcere dove morirà. Durante il periodo di detenzione Tito Sella ha scritto molteplici opere, divenendo uno scrittore di successo seppur subito dimenticato.
L’archivio dei suoi scritti e delle sue ricerche si trova a Parigi e finalmente verrà aperto al pubblico studioso. Qui, forse, potrebbe trovarsi anche la Fantasima, un’opera mai ritrovata dello scrittore e di cui si conosce ben poco.
Da questo momento in poi la storia prenderà, non una, ma molteplici pieghe interessanti. Si toccheranno temi diversissimi tra loro ma che lo scrittore, con grandissima sapienza, riuscirà a incastrare bene utilizzando i personaggi e le vicende come collante. Fino ad arrivare a un finale spiazzante.
L’opera
Il libro di Dario Ferrari è un romanzo di formazione, Marcello, seppur trentenne scoprirà tanto di se stesso. È un romanzo storico, sebbene le vicende riprese siano invenzione dell’autore (ma non troppo). È un’opera di denuncia sociale delle situazioni di soprusi e di discriminazione che serpeggiano nel mondo accademico: un castello di carte fragile e debole che si tiene in piedi con favoritismi e passaggi di potere.
Dario Ferrari è riuscito a racchiudere in poco più di 300 pagine questo e molto altro.
Più di tutto è riuscito a farmi entrare nei panni, nella mente e nei nervi del protagonista sentendo sulla mia stessa pelle il giro di boa della sua vita.
Non a caso, infatti, l’autore divide l’opera in capitoli che chiama “Anni”. L’inizio di tutta la storia (e di tutto il cambiamento) è chiamato in modo evocativo “Anno 0”. Come tutti gli anni zero che si rispettano, questo farà da spartiacque tra un Marcello prima e un Marcello dopo, e al centro c’è il dottorato. Al centro c’è Tito Sella.
La storia nella storia
Dall’inizio delle sue ricerche, poi, il romanzo si divide in due, o piuttosto sembra contenere un’altra storia: quella di Tito. L’autore si tuffa nella sua vita. Non solo in maniera compilativa, ma riportando le sue paure, i dubbi e i sentimenti. Il suo amore per Emma e la lotta sociale con i compagni. Tito rivive nelle pagine.
Per tutta la lettura dell’opera ero convinta di essere di fronte ad un personaggio vissuto realmente. Ho cercato le sue opere su internet, tanto erano belle nella descrizione di Ferrari (qualcuno davvero dovrebbe scriverle). È stato estraniante scoprire che Tito Sella non è mai esistito. L’autore ha fatto un lavoro di ricostruzione, prima di tutto storica, perfetto.
Man mano che Marcello scava nella vita del terrorista e nella storia dell’Italia degli anni di Piombo, si ritrova ad essere sempre più complice, sempre più simile. Si assottiglia sempre più il confine tra il bene e il male fino a trovarsi dalla parte dei sovversivi, o perlomeno a dare giustificazioni al loro terribile operato.
“Perché poi, paradossalmente, Tito Sella in un certo senso lo sono diventato.”
Una rivoluzione interna
Nonostante le pagine molto dure di descrizione degli attentati terroristici del tempo, l’opera risulta scorrevole e coinvolgente. Dario Ferrari, infatti, alterna i suoi studi storici ad episodi camerateschi con i suoi amici di sempre che, seppur “vitelloni”, sono sempre pronti a sostenersi nei momenti più difficili. Anche le sue vicende amorose fanno capolino senza però essere preminenti se non per sottolineare, ancor di più, il cambiamento che Marcello attraverserà nei tre anni di dottorato.
Anche il titolo dell’opera è molto evocativo. La ricreazione è finita è una frase che De Gaulle utilizzò rivolgendosi ai ragazzi del Maggio francese per suggerirgli di dimenticarsi della rivoluzione e tornare a studiare. Nel libro, invece, viene usata da uno dei compagni della banda di Tito per invocare una rivoluzione ancora più forte: la ricreazione è finita, ora si fa sul serio!
Allo stesso tempo, sembra che Dario Ferrari abbia usato queste parole come titolo del romanzo, non solo come rievocazione di un tempo rivoluzionario degli anni Settanta, ma quasi ad indicare, anche e soprattutto, il cambio di passo di Marcello.
Da una vita facinorosa e molle, fascinosamente sbandata, impantanata nell’immobilismo che coglie tutti i giovani di fronte a scelte importanti da prendere, il protagonista passerà all’azione. Ma il cambiamento più importante sarà nell’intimo, nella consapevolezza, finalmente, di se stessi: la più vera delle Rivoluzioni. La ricreazione è finita!
a cura di
Rossana Dori
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