Un incontrollabile “Ritorno a Seoul”
L’ultimo film di Davy Chou “Ritorno a Seoul” è la storia di una ragazza alla ricerca delle sue origini coreane
Presentato per la prima volta al Festival di Cannes nel maggio 2022, è distribuito in Italia da I Wonder Pictures e Mubi a partire da maggio 2023.
Il regista Davy Chou lo ha presentato originariamente con il titolo All The People I’ll Never Be, il quale traduce perfettamente la crisi esistenziale della protagonista (interpreta da Park Ji-Min) e della sua storia.
Il filo franco-coreano
Una ragazza, adottata da genitori francesi, decide impulsivamente di dare una risposta definitiva alla domanda esistenziale che coniuga il suo essere europea con il suo aspetto asiatico: atterra in Corea del sud alla ricerca dei genitori biologici.
La ragazza è Freddie, irruente, divertente, non cerca mai in alcun modo di entrare perfettamente in quel mondo coreano che le è estraneo.
Dietro alla sua apparente indifferenza traspare l’idea di una mancanza, di un vuoto che sembra non vorrebbe colmare ma indelebile.
Contatta l’agenzia di adozione, con la quale viene messa al corrente di avere una risposta positiva dal padre biologico che vorrebbe incontrarla. Incontra quindi quest’ultimo, uomo immensamente fragile che annega i suoi rimorsi nell’alcool e le chiede disperatamente di vivere con la sua attuale famiglia.
Il cinismo di Freddie nel rimarcare il suo essere del tutto francese contrasta con l’atroce sofferenza di fronte all’incapacità di convivere in una dimensione così differente e lontana.
Ritorna ad intervalli di anni in quella che dovrebbe definirsi la sua terra d’origine per completare l’ultimo tassello di un puzzle ancora incompleto: la ricerca della madre biologica, che insistentemente le riserva una risposta negativa all’incontro.
Nonostante Freddie abbia raggiunto delle qualità che la rendono quasi fredda, il suo rapporto con la Corea, questa terra che non le ha mai dato modo di risolvere il questioniario invisibile del suo passato, le procura solo insicurezze, tensioni, un senso di irraggiungibilità che solo in questo luogo potrà dissolvere.
L’abbandono
Freddie è la rappresentazione di tutte le ragazze e i ragazzi adottati ma soprattutto abbandonati, coloro che si chiedono le ragioni di essere stati rifiutati, il perché sia successo proprio a loro.
Non è un caso che decida di mentire alla sua madre adottiva per non rivelarle la reale motivazione dietro al suo arrivo a Seoul.
Come ogni esperienza estremamente personale, aldilà dei limiti delle nostre scelte, Freddie va compresa non solo a causa dei suoi genitori biologici, ma anche in base alle conseguenze tangibili che inevitabilmente trascina con sè.
Non affronta solo un senso di abbandono, ma la coscienza di essere considerata legata ad una realtà presente solo nei suoi tratti somatici.
In seguito alla visione di questo film, mi aspetto una parte di spettatori giudicanti, che potrebbero criticare Freddie nell’essere incapace di provare empatia con il ragazzo invaghito per lei, come per la Freddie seducente con un uomo molto più grande di lei e successivamente impiegata di lavoro alle veci dello stesso.
Non vorrei scrivere un’apologetica sulla protagonista ma è fondamentale capire cosa può procurare una perdita di cui ci si sente irrimediabilmente coinvolti e responsabili. In questo l’attrice Park Ji-Min traduce magistralmente il senso di dispersione, l’incontrollabile fisicità ed emotività.
Io e Freddie
Ho visto questo film non leggendo la trama, non sapendo che la storia di Freddie fosse simile alla mia di ragazzo adottato ad appena quindici giorni dalla mia nascita.
In realtà non comprendo la sua voglia di trovare qualcuno di inconciliabile con la propria esistenza, ma mi immedesimo sicuramente nella sua curiosità. Questa incompletezza di fondo forse è il motivo per cui tendo a difenderla, forse dovrei provarla anche io, ma fortunatamente mi limito solo a provare a farvela comprendere.
Non sono Freddie ma spero di essere stato un valido ascoltatore per le Freddie lettrici/lettori di questo articolo.
a cura di
Fortunato Neve
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