La Resistenza: una guerra di liberazione e antifascista

La Resistenza: una guerra di liberazione e antifascista
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La nostra Costituzione, scritta da madri e padri costituenti che pure lottarono nella Resistenza, nella XII disposizione transitoria e finale vieta la riorganizzazione del partito fascista.

Se ciò non bastasse a dire che l’Italia è antifascista sin dalla sua Costituzione, allora si ceda la parola alla storia. L’Italia è antifascista perché del fascismo ha voluto liberarsi al costo di molte vite.

Roma, via Rasella. Il 23 marzo 1944, un’unità partigiana del Partito Comunista portò a compimento il più truce attentato antitedesco. Avvenne per mano del GAP, Gruppo di Azione Patriottica della Resistenza romana, e causò la morte di 33 soldati tedeschi.

La rappresaglia nazista si consumò il giorno successivo. Fu l’eccidio delle Fosse Ardeatine: ad essere trucidati, stavolta, furono 335 tra civili e militari. Venne ordinato, infatti, che ogni tedesco vittima dell’attentato partigiano fosse vendicato con la fucilazione di 10 italiani.

Pochi mesi più tardi vennero le stragi di Civitella della Chiana e di Guardistallo.

A Civitella, il 18 giugno del 1944, un gruppo di partigiani venne alle armi con quattro soldati tedeschi, uccidendone due. Gli abitanti di Civitella abbandonarono il paese temendo la vendetta nazista. I soldati tedeschi, però, rassicurarono la popolazione, che il 29 giugno tornò in massa in paese per le feste dei santi Pietro e Paolo. Quel giorno, contro ogni promessa, i nazisti irruppero nelle case e nelle chiese, aprirono il fuoco e uccisero 244 persone.

Ancora in Toscana, il 29 giugno, a Guardistallo, i soldati tedeschi fucilarono 46 civili dopo l’uccisione di un soldato per mano partigiana avvenuta la notte precedente.

La Seconda Guerra Mondiale

Perché dentro alla stessa Italia si rivaleggiavano due fazioni? Sul finire e per il finire della Seconda Guerra Mondiale, partigiani e fascisti difendevano un’Italia diversa. I fascisti si schieravano per un’Italia vicina alla Germania, tollerante dei valori nazisti e, in un afflato anti-monarchico, per una Repubblica sociale italiana cui concretamente Mussolini tentò di dar vita nel ’43.
I partigiani, alleati degli anglo-americani, si battevano per un’Italia democratica e antifascista.

Partigiani e fascisti si facevano la guerra per far finire una guerra: la Seconda Guerra Mondiale. Alle radici del conflitto il Trattato di Versailles (1919), che sancì le condizioni di pace della Prima guerra mondiale (1914-1918) e obbligò la Germania alla restituzione dei territori coloniali in Africa e al ripristino dei suoi confini territoriali, quindi alla cessione di alcuni territori al Belgio, alla Cecoslovacchia e alla Polonia.

La Germania, piegata da anni di profonda crisi e invisa alle potenze vincitrici della Grande Guerra, a partire dagli anni Trenta e sotto la guida del Führer, alzava la testa a suon di politiche aggressive ed espansioniste. Intanto, in Italia, il Duce esercitava un potere personale, paternalista e dispotico, e riduceva la platea politica al Partito Fascista, unico partito ammesso, dando alla penisola le forme chiare di uno Stato autoritario.

Fu Hitler a inaugurare la Seconda Guerra Mondiale quando attaccò la Polonia, nel 1939. Questa guerra, che vedeva da un lato l’Asse Roma-Berlino, cui più tardi si aggiunse Tokyo, dall’altro gli Alleati Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica, fu una guerra totale, che costò la vita a milioni di individui, e fece gli ebrei vittime gratuite dell’Olocausto.

La sconfitta italiana e l’Italia divisa

Se i primi anni di guerra videro primeggiare le potenze dell’Asse, a partire dal 1942 la situazione cambiò.

Il 1943 fu anno cruciale per il conflitto e per l’Italia, perché allora iniziò il tramonto del sogno fascista. Gli alleati inglesi e americani, infatti, sbarcarono in Sicilia e sconfissero l’esercito italiano. Mussolini fu costretto a ritirarsi. Destituito il Duce, i poteri militari tornarono al re e proprio in Sicilia, a Cassabile, l’Italia firmò la resa incondizionata agli Alleati.

Ma la resa fascista non fu totale ed immediata.

Mentre al Sud il Re riprendeva il potere, insieme al Primo Ministro Badoglio, per ritornare all’ordine prefascista al fianco degli Alleati anglo-americani, a Centro-Nord, nel territorio italiano ancora occupato dai nazisti, Mussolini istituiva la Repubblica Sociale Italiana, il nuovo Stato fascista, a dimostrazione che ancora non fosse disposto a deporre le armi.

Quello stesso anno nacque allora il Comitato di Liberazione Nazionale (CNL), un’organizzazione politica e militare costituita dai principali partiti antifascisti – tra cui Democrazia Cristiana, Partito Comunista Italiano, Partito d’Azione, Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria – che diresse la Resistenza per opporsi al nazismo tedesco e al fascismo italiano.

Fu nel solco di questi anni, tra 1943 e 1945, che si consumò più violenta la guerra tra partigiani e fascisti.

Guerra civile o guerra di liberazione?

La lotta tra Resistenza e Fascismo è suscettibile alle definizioni e sta nel ricorso alla violenza, nel rimpallo di atrocità abnormi e feroci, la sua complessità morale.

Per lungo periodo, a nominarla guerra civile sono stati soltanto i vinti fascisti, con tono sprezzante, per eguagliare nei torti le parti.

Togliatti, che guidò il Partito Comunista d’Italia dagli anni ’20 agli anni ’60, mai si azzardò a definire quella tra fascisti e antifascisti una guerra civile. Guerra civile è guerra tra “cives”, cittadini. Definirla guerra tra cittadini equivaleva a dire che anche i fascisti erano italiani. Al contrario, i partigiani sentivano di combattere contro i “servi dello straniero”, i fascisti, italiani che avevano perso la qualità di appartenenti al popolo perché al servizio dell’oppressore tedesco. Di questo erano convinti tutti i partigiani, anche se alle formazioni della Resistenza si unirono uomini e donne di ogni estrazione sociale, da nord a sud della penisola, ognuno con un sogno diverso d’Italia.

Ma uno quello condiviso: la liberazione. Guerra di liberazione, infatti, è la formula preferita dai partigiani per riferirsi alla lotta combattuta contro i fascisti. Per questo, il 25 aprile è festa della Liberazione.

Per celebrare un’Italia che, al costo di molte vite, si è liberata dal nazismo, ha voluto liberarsi dal fascismo.

a cura di
Federica Valzani

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