L’intervista a Vik Stragovin, tra poesia e Instagram

L’intervista a Vik Stragovin, tra poesia e Instagram
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Vik Stragovin sfrutta in modo creativo il mondo dei social, unisce l’arte visuale alle sue poesie, facendosi largo tra influencer e foto di gattini

Gli utenti attivi su Instagram sono 1074 miliardi, uno di questi account diventa la vetrina per la poesia di Vik Stragovin. Tra circa il 12.8% della popolazione globale qualcuno, per volere di qualche stano algoritmo, tra un figlio della Ferragni e un meme su Sanremo, può avere la fortuna di imbattersi nel lavoro di un autore particolare, impegnato, capace di trasmettere riflessioni e valori, oltre che emozioni. Quel qualcuno, oggi, siamo noi di The Soundcheck e, per condividere questa fortuna con i nostri lettori, lo abbiamo intervistato…

Ciao Vinicio, benvenuto su The Soundcheck! Iniziamo a conoscerci meglio: quando hai iniziato a scrivere? Hai sempre scritto in forma poetica? Quali sono le tue influenze letterarie?

Ho iniziato a scrivere canzoni, poi gli studi di filosofia hanno fatto il resto. Ho composto in prosa poetica, ma principalmente poesia. Sono molto influenzato dallo spirito dalla poesia civile di Pasolini, tra le mie influenze ci sono: Allen Ginsberg, Vladimir Vladimirovič Majakovskij e Ingeborg Bachmann, insomma la poesia impegnata.

Da dove è nata l’idea di pubblicare i tuoi testi su Instagram? I social sono un ambiente favorevole per la poesia?

L’idea è nata dalla volontà di restituire uno spazio esistenziale per la riflessione. Instagram è un non-luogo dell’anima, un inferno fantasmagorico di immagini performanti che sviliscono il signicante della sua portata rivoluzionaria. I social non possono veicolare il linguaggio non verbale, il linguaggio fisico del corpo, questo fa dei social un luogo antitetico alla forma espressiva poetica.

La parte visuale del tuo lavoro è una componente indispensabile per la tua espressione artistica o è un elemento aggiuntivo imposto dal social per la pubblicazione?

La parte visuale è fondamentale per veicolare la parola. La pervasività e la forza dell’immagine ha superato la potenza comunicativa della parola, che deve farsi immagine per sopravvivere allo spirito del tempo. Io non scrivo soltanto, mi dedico soprattutto all’illustrazione digitale, l’immagine ha una potenza comunicativa rivoluzionaria.

A tal proposito, sono evidenti le idee di fondo che muovono la tua scrittura. Nelle forme d’arte più in voga come la musica o il cinema c’è sempre meno spazio per l’anticapitalismo; la poesia come sta da questo punto di vista?

La musica, il cinema e il mondo della letteratura sono troppo dipendenti dal mercato. È un periodo reazionario, lo stato di queste arti è il riflesso inconscio della crisi dell’utopia, della distorsione nichilistica del pensiero unidimensionale, che ha come unico interesse quello di creare nuovi consumatori e spettatori, non più testimoni della realtà. La poesia, così come il cinema e la letteratura, devono muovere dai social media per affrancarsi dalle spire del mercato. La tecnica è uno strumento di dominio, è vero, oppure uno strumento di liberazione rivoluzionario. Le poesie di un emergente non affermato possono trovare molto più spazio e ascolto anche bypassando il mondo dell’editoria, grazie ai social. Purtroppo la poesia vive un momento infelice, scaduta nel sentimentalismo, esiliata nell’indecifrabilità borghese proto esistenziale, è ormai castrata della sua forza eversiva, non ha ruolo, non ha senso, è diventata un puro esercizio estetico. Dobbiamo lavorare i versi con illuminazioni profane, con nuove utopie, con nuove idee, combattere per la giustizia e la libertà dei popoli della terra.

Per salutarci ti chiedo: se potessi scegliere la location ideale per la lettura delle tue poesie quale sarebbe? Dove vorresti collocare il tuo lettore?

È una domanda difficile, la location ideale sarebbe il teatro. Mi piacerebbe portare in quel luogo i miei versi, vorrei scatenare nel lettore qualcosa attraverso le immagini delle mie parole, vorrei, per utilizzare un’immagine di Adorno, ‘’ che non arretri lo sguardo davanti all’orrore’’. La poesia ha un ruolo etico-politico che può aiutare a capire il mondo in cui viviamo, la realtà, in modo più profondo di qualsiasi forma espressiva.

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a cura di
Lucia Tamburello

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