Il sassofonista Massimo Valentini presenta NUDO, il suo secondo album

Il sassofonista Massimo Valentini presenta NUDO, il suo secondo album
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Mettere a nudo le emozioni, anziché i corpi, è totalmente un altro piano d’intimità

Il 13 febbraio è uscito il nuovo album di Massimo Valentini: NUDO, edito dall’etichetta Abeat Records. Insieme al suo sassofono soprano lo affianca la sua band, composta da Paolo Sorci alla chitarra elettrica e acustica, Andres Langer al pianoforte, Filippo Machiarelli al basso e Gianluca Nanni alla batteria.
Il sassofonista di Urbania è già alla sua seconda produzione e il disco, già disponibile in tutti i negozi specializzati e sulle piattaforme digitali, vanta importanti collaborazioni.
Massimo ci racconta la nascita del suo sentire e della propria maniera di fare musica.

Parliamo di NUDO, il tuo nuovo album, tua seconda produzione. Se dovessi rifarmi al titolo, mi viene alla mente qualcosa di autentico, di primordiale, mentre l’immagine di copertina mi suggerisce raffinatezza e minimalismo. Hai trovato equilibrio fra questi opposti o si tratta di qualcos’altro ancora? 

Autentico e raffinato, primordiale e minimale, questi aggettivi così accoppiati descrivono perfettamente NUDO. Tutti noi nasciamo nudi ed è la cosa più naturale che possa esistere al mondo: Crescendo poi la nudità diventa innaturale per molte persone, infatti l’espressione ”Mi sento nudo” è spesso associato ad un disagio.

Credo invece che mettere a nudo il proprio essere, i propri sentimenti o semplicemente piacersi nudi è fondamentale per capire chi realmente siamo, per essere sinceri con noi stessi. NUDO rappresenta per me un arrivo ma anche un punto di partenza, una possibilità di essere semplicemente ciò che sono, una possibilità di liberarmi del superfluo e dare ossigeno ad una parte di me estremamente genuina. 

un sassofono soprano
Chi non è musicista penso faccia fatica a comprendere cosa rappresenti “fare musica”, crearla, farsi ispirare… Aiutaci a capire come un’artista come te riesca a trasformare le più profonde sensazioni in note, in qualcosa di fisico, di udibile. Quanto questo processo ti arricchisce, a discapito di tutte le energie che sicuramente richiede? 

Da bambino avevo in casa una diamonica e delle armoniche a bocca: erano di mio padre che ogni tanto le suonava. Ho iniziato così a suonare “ad orecchio”, ovvero andavo per imitazione: ciò che sentivo cercavo di ripeterlo.

La natura è sempre stata molto presente nella mia infanzia e adolescenza: Ho sempre amato stare tra i boschi, andare a pesca con mio padre, cercare funghi. Ricordo in maniera vivida i viaggi in macchina con i miei genitori e tutti quelli fatti da solo successivamente.

Immagino tu ti stia chiedendo cosa c’entra tutto questo con la composizione: beh, tutto, in realtà. Perché è da qui che arriva la mia ispirazione e di conseguenza sono questi vissuti che fanno nascere la mia musica.

E’ verità per tutti quanti: se cresci in un determinato contesto, per mia fortuna, un contesto sano, bucolico e rurale, senza rendertene conto, lo assorbi letteralmente. Fa parte di una parte profonda e radicata dentro di te.

Tutte queste esperienze, unite allo studio del repertorio classico per sassofono e la curiosità che ho sempre avuto per tutta la musica in generale, sono state fondamentali per formare una sorta di sensibilità musicale.

Devo poi ammettere che aver studiato composizione e arrangiamento in Conservatorio con un grande maestro come Bruno Tommaso, mi ha spronato a mettere per iscritto tutte le mie emozioni.
Comporre è un arricchimento, ma sicuramente talvolta sfinisce. Pensa che capita persino che mi addormenti mentre cerco di scrivere e comporre al pianoforte! Ci sono volte che scrivo la melodia e l’arrangiamento arriva subito, altre invece no ed è proprio stancante, ti consuma. Consuma più creare che suonare, questo è certo!

Massimo Valentini
Massimo Valentini
Molto sinceramente: credi che questo tuo nuovo album sia “per tutti” o che vada più incontro ad un ascoltatore esigente, alla ricerca di un determinato genere musicale? 

Non mi sono mai domandato se la mia musica sia ricercata o meno. Non scrivo pensando al gusto di altri, ma so che la mia musica e il mio suono fanno “viaggiare”, fanno nascere emozioni forti a chi ascolta. Finora è sempre stato così.

Ti porto un esempio: spesso ai miei concerti vengono persone che non sanno cosa aspettarsi e questo mi è successo tante volte. Magari una persona arriva con una propria idea, spesso stereotipata, di che jazz andrà ad ascoltare e ne esce sorpresa, talvolta esterrefatta perché il suono, il mio modo di scrivere musica, l’energia che passa fra tutti i presenti, arriva molto in profondità. Il pubblico spesso non se l’aspetta.

Proprio per questo motivo posso tranquillamente asserire che la mia musica è assolutamente per tutti. Nel mio personale modo di fare musica, talvolta complesso, o di condurre un assolo, c’è comunque una componente melodica che arriva a chiunque. 

A che punto ti senti della tua carriera artistica? Quale esigenza senti più forte di tutte, a riguardo, in questo momento? 

A che punto sono non lo so, vivo pienamente ogni giorno, cerco stimoli, continuo a scrivere e rinnovarmi. L’esigenza più forte è quella di suonare con la mia band e portare la mia musica in tutto il mondo. 

Massimo Valentini
Massimo Valentini e la si
Come molti arrangiatori e/o compositori , sei nel “dietro le quinte” di molte collaborazioni e progetti importanti. Ti va di raccontarci a proposito di questi? 

Amo scrivere per il cinema, ho composto varie colonne sonore per film e documentari: Per ora, ancora nulla in Italia, solo produzioni estere. Ultimamente sto lavorando a delle composizioni per due produzioni cinematografiche Italiane, ma non posso anticipare nulla.

Ho curato anche tanti arrangiamenti negli ultimi anni, uno dei più recenti è stato per MICO, un progetto del bassista Michele Santoriello assieme al trombettista Fabrizio Bosso: bellissime musiche, è stato un piacere arrangiare alcuni brani. 

Nonostante il sax sia uno strumento amato da molti, in realtà maggior parte del pubblico non è a conoscenza del fatto che ne esistano ben sette tipi: sopranino, soprano, contralto, tenore, baritono, basso e contrabbasso. Ci spieghi brevemente le differenze, se ne hai uno che preferisci e come o quanto incida questa scelta sulla tua creazione musicale? 

Questa è una domanda abbastanza tecnica. Quasi tutti gli allievi iniziano lo studio del sassofono suonando un contralto. Io infatti ho fatto la stessa cosa. In conservatorio è il primo strumento con cui si suona, ma a differenza di molti, dopo due anni di conservatorio, oltre allo studio del contralto ho deciso di studiare da autodidatta anche il baritono. Per me il baritono è uno strumento sensuale, sexy, caldo, profondo e così me ne sono subito innamorato. Gli ultimi anni di conservatorio mi sono avvicinato al soprano ed è stato un secondo nuovo amore.

Al momento mi sto concentrando maggiormente sul soprano e baritono. Creo atmosfere differenti a seconda del tipo di sassofono che utilizzo: la composizione cambia molto, se decido di suonare un brano con baritono o soprano.

Col soprano preferisco comporre all’unisono o all’ottava con la chitarra ed è un suono che mi piace molto. Per farti un esempio: ci ho messo quasi un anno, insieme al mio chitarrista, Paolo Sorci, per trovare un suono che ritenessi completamente soddisfacente.

Se uso il baritono cambia tutto, scrivo in maniera diversa.  Persino l’improvvisazione stessa cambia, perché c’è una memoria muscolare che entra in gioco: a volte le dita vanno in un certo modo indipendentemente dall’armonia, pur seguendola. Le dita stesse sembrano avere un pensiero autonomo e questo incide sull’istinto che ho nel momento stesso in cui improvviso. 

Massimo Valentini
Perché ti piace tanto definire il tuo genere musicale Jumble?

Jumble in inglese significa guazzabuglio. Come per il primo album, anche NUDO potrei descriverlo come un ordinato guazzabuglio di musica classica, argentina, brasiliana, balcanica, derivante anche dall’ispirazione che certi luoghi mi hanno trasmesso vivendoci per qualche tempo. Con il termine jazz si intende sempre e comunque improvvisazione, ma le sonorità cambiano radicalmente da paese a paese.

Nella mia musica non solo si trova una mescolanza di strumenti e influenze, ma anche periodi: si può trovare musica barocca, musica francese del primo novecento, oppure contemporanea, improvvisazioni con una quena peruviana, oppure con un dizi cinese o un duduk armeno…

Nel 2015 ho cominciato a scrivere le partiture del mio primo album, uscito poi nel 2016. Da lì ho deciso di denominare il mio stile musicale jumble, non per snobbare la definizione di jazz, ma semplicemente per distinguermi.

Quando si pensa al sassofono e jazz insieme, si tende ad associarvi mentalmente sempre un dato tipo di sound, uno stereotipo che a me non riguarda. Seppure il jazz non abbia di fatto confini ben definiti, in realtà però col passare del tempo è successo proprio questo.

a cura e foto di
Valentina Bellini

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