The book of Boba Fett: la serie tv targata Disney Plus non convince (Spoiler!!!)

The book of Boba Fett: la serie tv targata Disney Plus non convince (Spoiler!!!)
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Lo scorso mercoledì 9 febbraio è stato rilasciato su Disney Plus il settimo, e ultimo, episodio di The book of Boba Fett. La serie mette in scena le vicende dell’iconico cacciatore di taglie, impegnato a governare l’impero criminale che un tempo era di Jabba the Hutt.

Il poster della serie (Fonte: Imdb)

6 minuti e 32 secondi. Questo è l’effettivo minutaggio di Boba Fett in tutta la trilogia originale di Star Wars. Poco più di sei minuti nei quali recita appena quattro battute, iberna Han Solo e rappresenta una costante spina nel fianco per Luke e i ribelli. 6 minuti e 32 secondi che lo hanno consegnato alla storia.

La nuova serie live action di Disney Plus

Con l’uscita del settimo episodio siamo arrivati alla conclusione della prima stagione di The book of Boba Fett. La serie, nata dalla costola di The Mandalorian, con la quale condivide lo stesso universo narrativo e la medesima timeline, riporta sullo schermo un personaggio storico come quello del cacciatore di taglie Boba Fett.

L’annuncio della serie, creata da Jon Favreau e Dave Filoni, arrivato come scena post-credit nell’ultimo episodio della seconda stagione di The Mandalorian, aveva stuzzicato l’interesse e la curiosità di milioni di fan in tutto il mondo, me compreso.

Il risultato, però, non è stato soddisfacente. Il progetto ha deluso le aspettative, relegando lo stesso Boba a un ruolo quasi da co-protagonista nella sua stessa serie. Vediamo, però, di procedere per gradi. 

Prima di addentrarci nell’analisi, ci tengo a precisare che ci saranno spoiler.

Il ritorno di Boba

Dopo aver fatto il suo ritorno sullo schermo proprio in The Mandalorian, ecco che il famoso cacciatore di taglie diventa il protagonista della seconda serie live action targata Disney Plus. Un prodotto sulla carta molto interessante, che avrebbe dovuto rispondere ad alcuni quesiti sul passato di Boba, gettando conseguentemente luce sul suo presente.

Per fare tutto ciò, ecco che Favreau e Filoni decidono di imbastire per i primi quattro capitoli una narrazione costruita su due linee temporali, alternandole in ogni episodio: una incentrata sul suo attuale ruolo di Daimyo, al comando dell’impero criminale che una volta era di Jabba the Hutt; l’altra, invece, fa chiarezza sugli eventi immediatamente successivi alla sua apparente morte.

Boba Fett sopravvive al Sarlacc (Fonte: Imdb)

Se ricordate bene, infatti, nell’ultimo film della trilogia originale (Il ritorno dello Jedi) Boba Fett veniva stritolato dai tentacoli del Sarlacc e trascinato nella sua gola, con tanto di ruttino finale.

Grazie al primo dei tanti (forse troppi) flashback che scandiscono i primi quattro episodi della serie, vediamo come Boba sia riuscito a sopravvivere. Protetto dal resistente acciaio beskar della sua armatura, e grazie ai suoi innumerevoli gadget, riesce a vincere la morte. Sebbene corroso dall’acido dello stomaco del Sarlacc, Boba riemerge dalle dune del deserto di Tatooine.

Svenuto e inerme, viene derubato della sua armatura dai Jawa (in The Mandalorian, infatti, lo vediamo rivendicarne la paternità) e, successivamente, viene trovato da una tribù Tusken che lo fa prigioniero. Conquistata gradualmente la loro fiducia, Boba viene accettato all’interno della tribù e, simbolicamente, rinasce a nuova vita. Il Boba Fett sopravvissuto al Sarlacc non è lo stesso che vi è entrato.

Boba Fett in compagnia dei Tusken (Fonte; Imdb)

Boba adesso è a capo di un grande impero criminale, minacciato però dalla presenza del Sindacato Pyke che, imbastendo un commercio fruttuoso della spezia, la risorsa più pregiata del pianeta, mette in pericolo la sua leadership.

Una scrittura inconsistente

Questa prima stagione di The book of Boba Fett si compone di appena sette episodi, dal minutaggio variabile e dal ritmo altalenante. Come accennato in precedenza, i primi quattro sono costruiti su una doppia linea temporale che mette in scena le vicende, passate e presenti, di un Boba Fett deciso a riprendere in mano la sua vita per governare l’ex impero criminale di Jabba.

Il problema è che i primi quattro capitoli, proprio a causa di questo sdoppiamento temporale e narrativo, appaiono alquanto deboli. Nemmeno Robert Rodriguez riesce a dare verve e spigliatezza a una storia che non riesce mai davvero a decollare. Anzi, sono proprio gli episodi diretti dal regista di Dal tramonto all’alba a essere i peggiori, compreso l’ultimo.

La prima metà di stagione è caratterizzata da una scrittura fiacca, che porta avanti una storia contraddistinta da una preoccupante scarsezza di contenuti, e da una scansione temporale che non fa altro che appesantire ulteriormente una trama loffia e inconsistente.

Altro problema di non poco conto riguarda quei personaggi che, per la prima volta, si presentano al pubblico di Star Wars. Nessuno di loro mette in scena una degna evoluzione psicologica e narrativa, risultando piatti, anonimi e, soprattutto, dimenticabili. Dalla Garsa Fwip di Jennifer Beals (Flashdance) al fastidioso maggiordomo interpretato da David Pasquesi, per non parlare dei power ranger robotici di Mos Espa, in sella alle loro moto colorate.

Due dei power ranger robotici con le loro immancabili moto (Fonte: Imdb)

Meritano di essere citati anche i due cugini di Jabba, bramosi di rivendicare il territorio del loro defunto parente. Un’idea semplice e potenzialmente efficacie che, però, viene solo abbozzata, per poi essere irreversibilmente abbandonata (col senno di poi, avrebbe potuto essere una trama ben più accattivante).

Mossa incomprensibile da parte dei creatori della serie che, dopo aver introdotto i cugini nel secondo episodio come possibili antagonisti, li liquidano malamente nel terzo. Il motivo? Non hanno interesse in una guerra, e non solo rinunciano al controllo dell’impero, ma donano a Boba persino un nuovo Rancor.

Din prende la scena

Dopo quattro episodi noiosi e sonnolenti, arriviamo all’episodio cinque, che rappresenta un turning point importante per le sorti della serie e della nostra salute mentale. Alla fine del precedente capitolo, Boba Fett e Fennec non ricevono l’aiuto dei capi degli altri territori per fronteggiare la minaccia Pyke. Decidono perciò di chiedere il supporto di un importante alleato. Ecco, quindi, fare la propria comparsa nella serie Din Djarin.

Con l’entrata in scena del mandaloriano, la storia diventa più interessante e assume quel brio che fino a quel momento era mancato. Ritroviamo Din Djarin nella sua splendente armatura in beskar, alle prese con la cattura di un criminale per riscuoterne la taglia.

Din Djarin in azione con la darksaber (Fonte: Imdb)

Armato di tutti i suoi gadget, è anche in possesso della lancia di beskar e dell’iconica darksaber, la spada laser nera dei mandaloriani (già ammirata nelle serie animate The Clone Wars e Star Wars: Rebels), ottenute nella seconda stagione della serie madre.

Sebbene l’apparizione del mandaloriano venga giustamente accolta con gioia dai fan, tale entusiasmo dovrebbe far riflettere e non poco la coppia Favreau-Filoni.

The book of…The Mandalorian

Giungiamo al problema principale dell’intera serie. Comprendo benissimo che l’obiettivo fosse quello di creare un universo starwarsiano ricco di prodotti armonicamente connessi tra loro, ma un conto è intersecare logicamente il racconto di due serie, un altro è sfruttarne una per arricchire l’altra.

The book of Boba Fett funge, dunque, da semplice vetrina per mettere in scena quell’universo narrativo, con relativi personaggi, ammirato in The Mandalorian. Ne è un esempio lampante l’episodio sei: altri cinquanta minuti dove, ancora una volta, a essere sacrificato e marginalizzato è proprio Boba. Un estraneo nella sua stessa serie.

Fanno la loro comparsa lo sceriffo Cobb Vanth (Timothy Olyphant), Rosario Dawson nei panni della Jedi Ashoka Tano, Luke Skywalker (un Mark Hamill col volto ringiovanito) e il sempre dolcissimo Grogu. Cosa accomuna tutti questi personaggi? Semplice, la loro collocazione d’origine: sono stati introdotti in The Mandalorian.

Luke Skywalker e Grogu (Fonte: Imdb)

Din Djarin prende definitivamente la scena, diventa il protagonista per ben due episodi e si sostituisce a Boba come motore principale del racconto. Questo, per me, rappresenta un gravissimo errore al livello progettuale. Concentrare gran parte della seconda metà di stagione sul mandaloriano e non su colui che, sulla carta, dovrebbe esserne il protagonista è profondamente sbagliato.

Perché, quindi, inserire il mandaloriano in una serie dedicata a Boba Fett? La risposta, per quanto scomoda, potrebbe essere piuttosto semplice: Favreau e Filoni hanno ritenuto saggio affidarsi a un personaggio nettamente più carismatico.

La verità è che l’iconico cacciatore di taglie della trilogia originale non riesce a sostenere l’intero peso della serie. Incapace di far valere la propria posizione di potere sul territorio e abbandonato da ogni altro alleato che gli volta le spalle per far affari con i Pyke, Boba appare costantemente passivo e sembra essere sempre un passo indietro rispetto ai suoi avversari.

Proprio per questa ragione non è sbagliata l’idea di chiamare in causa il mandaloriano, facendoli combattere fianco a fianco, come abbiamo già visto in The Mandalorian. Il problema è che sono state sbagliate le modalità di questa convergenza narrativa: a differenza di ciò che avviene nella serie madre, in questo caso Din diventa l’unico protagonista, per ben due episodi, di una serie che non è la sua. Ciò denota un errato concepimento del progetto.

Il finale di stagione

L’episodio conclusivo è la perfetta fotografia di una serie zoppicante ed enormemente problematica. Una scrittura non all’altezza e una pessima gestione dei personaggi concludono nel peggior modo possibile un progetto confuso, raffazzonato e mal concepito.

Capitolo che riesce, in appena un’ora, a rendere ridicolo e caotico l’intero scontro finale, a rovinare un personaggio come Cad Bane (già visto nelle serie animate The Clone Wars e The Bad Batch) e ad andare in piena contraddizione con ciò che era stato mostrato nel finale della seconda stagione di The Mandalorian.

Il confronto finale è un concentrato di scene confusionarie e azioni deliranti. Tra letali robot che non riescono a colpire nemmeno una persona (credevo non fosse possibile fare peggio degli stormtrooper, e invece), dialoghi allucinanti, strategie di guerra inconcepibili e il Rancor in versione King Kong, The book of Boba Fett è esattamente ciò che non voglio (più) vedere in un prodotto Star Wars.

Stendiamo un velo pietoso anche sulla disastrosa gestione di Cad Bane. La sua apparizione alla fine dell’episodio sei lasciava ben sperare in vista del finale di stagione, invece mi sbagliavo. Un personaggio così famoso e accattivante (molto più di Boba, nonostante il minutaggio inferiore) meritava una conclusione all’altezza della sua importanza, e non di essere liquidato in modo così sbrigativo.

Cad Bane (Fonte: Imdb)

Infine, vorrei porre l’attenzione sulla decisione di Grogu. L’episodio sei si conclude con Luke che mette il suo apprendista davanti a una scelta: tornare da Din, interrompendo così il suo addestramento Jedi, oppure restare, accettando la spada laser di Yoda e proseguendo lunga la via della Forza. Ecco che, nell’episodio seguente, lo vediamo nuovamente al fianco del mandaloriano.

Questa scelta narrativa, da parte di Favreau e Filoni, priva di significato il finale della seconda stagione di The Mandalorian. Se ricordate, Din affidava Grogu al Maestro Skywalker affinché venisse addestrato. Tutta la scena del doloroso addio, con Din che affronta ogni tipo di ostacolo per affidare il piccolo Grogu a mani ben più sicure, a cosa è servita?

Conclusioni

La seconda serie live action di Star Wars targata Disney Plus non entusiasma. I problemi sono tanti, dalla gestione dei personaggi alle dinamiche narrative attuate, fino ad arrivare alla scrittura e all’ideazione dell’intero progetto. La serie aveva del potenziale, ma non è stato sfruttato a dovere. Da fan di Star Wars sono rimasto profondamente deluso.

Sorge in me un timore. Il 25 maggio uscirà la serie su Obi-Wan Kenobi, con Ewan McGreagor nuovamente nei panni del Maestro Jedi. Considerando il brutto passo falso di The book of Boba Fett, cosa ci dobbiamo aspettare dalla serie più attesa dell’universo Star Wars?

Il trailer di The book of Boba Fett

a cura di
Alessandro Michelozzi

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