“Fai ciao”, il ricordo che prima o poi svanirà
Flavio Ignelzi, già autore de I punti in cui scavare pubblicato da Polidoro Editore, si propone ora con un romanzo inclassificabile. Un thriller psicologico da una parte, un romanzo di s-formazione dall’altra e ancora un dramma familiare, un supporto per gli adolescenti (forse). Così, a distanza di poco più di un mese dall’uscita di Fai ciao, sembra quasi ininfluente parlarne, tanto è stato già detto su questo romanzo.
Fai ciao: impossibile da raccontare
Impossibile da raccontare la trama di Fai ciao, dal momento che Flavio Ignelzi non ha scelto di lavorare sulla storia ma sul come. Samuel, 14 anni, vive in una famiglia in cui c’è una separazione in atto. Adolescente tipico che vive di poche parole, musica nelle orecchie e silenzi. Da qui è necessario tacere e provare a raccontare come tutto viene realizzato.
La storia di Samuel tocca temi reali, questioni anche abitudinarie, come abitudinarie sono in parte le reazioni emotive che hanno i suoi genitori. Una madre ingombrante, troppo occupata e concentrata sulla sua adolescenza non superata e un padre succube, troppo impegnato a raccogliere le briciole, elemosinando l’amore e l’affetto.
Tutto il romanzo pone il lettore in un’ottica di osservatore quasi del tutto passivo: la narrazione è in terza persona, per cui si entra nella vita di Samuel restando sull’uscio e camminando lungo il perimetro di casa, guardando dalle finestre che Ignelzi apre. Da qui il lettore osserva senza poter conoscere nulla del prima, costretto a limitare la sua empatia a ciò che l’autore racconta. Così, informazione dopo informazione, vira il sostegno e il riconoscimento di una parte di sé nei personaggi finendo per restare orfano di riflesso.
Non è in grado di appropriarsi di nessuna delle figure che vede da queste finestre; lo stato di ansia aumenta e un vero e proprio climax non sembra arrivare mai. Si resta sospesi, in attesa di vedere risolte le proprie aspettative. Come dicevo all’inizio, però, Fai ciao non è solo un thriller psicologico. Per questo motivo, durante tutta la lettura, ci si chiede quale mostro arriverà mai a stravolgere la vita e il sonno di questa famiglia.
Fai ciao: i ricordi e il mostro
Si legge, sulla quarta di copertina:
La famiglia può diventare persino un posto pericoloso, non è così?
Può diventarlo, si. Perché non sempre nasce pericoloso. La famiglia è un posto insidioso per Samuel, un luogo dove non può raccontarsi, dove esistono i singoli ma non la famiglia. Ecco dunque il mostro che trasforma un luogo accogliente – almeno idealmente -in uno privo di protezione. Come accade a pagina 32, quando si mettono in discussione la memoria e il ricordo del padre.
Tre sono le cose che gli vengono in mente quando prova a ricordare suo padre. […] La seconda è la fotografia con lui al parco davanti alle giostrine per bambini. Non ricorda chi la scattò. In quella foto, avrà avuto quattro o cinque anni, era in braccio a suo padre e sollevava una mano in una posa sbilenca perché gli era stato sussurrato di fare ciao. Samuel, appapà, fai ciao! Fai ciao con la manina! E lui fece ciao.
Flavio Ignelzi restituisce al lettore uno stile povero di torsioni, raccontando solo ed esclusivamente il necessario, lasciando punti di riferimento per delineare i fatti nel tempo ma non le emozioni provate. Un interessante modo di concepire una storia di dolori, quello di non toccare affatto l’emotività.
a cura di
Ylenia Del Giudice
LEGGI ANCHE – Metamorfosi – 14 ottobre 2021 – Teatro Bonci (Cesena)
LEGGI ANCHE – “Albicocche al miele”: il primo romanzo di Cortomiraggi