“Solar Minimum”: le esplorazioni siderali di Into The Void

“Solar Minimum”: le esplorazioni siderali di Into The Void
Condividi su

Deve esserci un cielo diverso, dalle parti della Scandinavia. Me lo ha da sempre insegnato Tumblr, me lo insegnano i travel blogger. A quelle latitudini ci sono solo cieli bellissimi: c’è il sole di mezzanotte, ci sono le aurore boreali, tramonti incredibili. Niente a che vedere con la luce accecante e le nuvole inutili della nostra penisola.

Sarà per questo che la Scandinavia è terreno fertile per produttori di musica sognante a cavallo tra il post-rock e l’elettronica che sembra fatta apposta per scollegare i cavi di alimentazione al cervello e sdraiarsi ad osservare le profondità celesti. Sarà (anche) per questo che Corrado Calice è finito a Copenhagen, dove l’incontro con Rome In Reverse (una dei suddetti produttori) lo ha portato a produrre la prima raccolta di brani sotto il nome d’arte Into The Void.

Poetici viaggi siderali

Solar Minimum, questo il nome dell’EP, è una fusione elegantissima di sintetizzatori dilatati fino a riempire intere battute, di delicati arpeggi di chitarre acustiche, riduzioni vocali che si concretizzano per lo più in sospiri di sottofondo, se si fa eccezione di qualche intreccio lirico (maschile più femminile) nella coda di “There’s No Fall On Mars“.

È un viaggio quieto tra profondità siderali, senza scossoni e deviazioni di sorta, che si fa largo tra reminiscenze degli M83 precedenti al tracollo, del Flashbulb più poetico privato di tutti i suoi glitch, dei 65daysofstatic meno distorti. Cinque brani in fin dei conti di maniera, ancorati al climax che tanto caratterizza il genere, che però senza inventare nulla riescono ad emozionare: al gusto personale di chi ascolta scegliere se coinvolge di più l’ottimismo incondizionato di Nebula, o le tonalità più cupe e liquide della title track.

A misura di EP

È un buon esordio, Solar Minimum: Into The Void dimostra di avere ben assimilato tutti i punti cardine di un genere che, per quanto inflazionato, non è ancora riuscito a stancare i sognatori che lo ascoltano. Magari sarà opportuno aggiungere qualche variazione e rielaborazione per popolare un intero album d’esordio, ma la breve durata di questo EP gli permette di non far incorrere in cali di attenzione. E magari ogni tanto il cielo fa schifo anche in Danimarca, ma fin quando continuano a fare questo genere di musica non smetterò di pensare che siano dei privilegiati.

a cura di
Riccardo Coppola

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – John Mayer è tornato con “Sob Rock”!
LEGGI ANCHE – Matebox: una scatola che apre mille possibilità
Condividi su

Riccardo Coppola

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *