Fondazione Bottega Finzioni: intervista al direttore Michele Cogo

Fondazione Bottega Finzioni: intervista al direttore Michele Cogo
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Michele Cogo e la sua Bottega Finzioni, dove il talento viene preservato e accompagnato nel suo processo di crescita.

La Fondazione Bottega Finzioni è una realtà situata da dieci anni nel cuore dell’Emilia Romagna, precisamente nella città di Bologna.

Bottega Finzioni è una fondazione narrativa che non solo realizza percorsi narrativi e formativi nell’ambito professionale e sociale, ma è una vera e propria scuola di scrittura, uno studio professionale e vanta anche una piccola casa di produzione.

Ogni anno vengono sviluppati diversi progetti e la mente e il direttore di questa grandiosa “macchina” è Michele Cogo.

Michele Cogo, direttore della Fondazione Bottega Finzioni

Cogo nasce a Bologna nel 1971, vanta un curriculum di tutto rispetto e diverse collaborazioni come sceneggiatore insieme ad esempio a Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi, per citarne alcuni.

Noi abbiamo avuto l’onore e la fortuna di poterlo intervistare, per farci raccontare come è nata la sua passione e il suo lavoro all’interno della Fondazione.

Chi è Michele Cogo?

Una domanda difficile, quasi esistenziale (ride).

Ho fatto un percorso di formazione un po’ variegato, attualmente lavoro come sceneggiatore ed autore televisivo e poi da una decina di anni ho fondato e dirigo questa scuola di scrittura che attualmente è una Fondazione di narrazione.

La mia formazione avviene attraverso la scrittura prima in ambito pubblicitario e negli ultimi anni nel campo dell’autorialità televisiva, di format e di documentari, ormai sono tanti anni che scrivo, però diciamo che è qualcosa che si è evoluto nel tempo.

Come è nata questa passione per la sceneggiatura?

Mi sono avvicinato per caso alla scrittura di generale, nel senso che ho seguito questa scuola, alla quale mi sono ispirato per la creazione di Bottega Finzioni, che si chiamava “Università del Progetto” di Reggio Emilia, presente sul territorio tra alla fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90.

Durante gli anni di formazione è capitato di mettermi alla prova con la scrittura, ho notato che mi divertiva molto e mi riusciva molto bene e così ho iniziato a collaborare con vari editori come Comics e Minimum Fax e ad avvicinarmi al mondo delle agenzie di pubblicità, con le quali però mi trovavo meno a mio agio. Preferisco molto di più la scrittura libera, narrativa.

Quindi la sua nasce come una passione che poi si è trasformata nel suo lavoro.

Si esatto. Contestualmente poi ho studiato al DAMS e man mano mi sono laureato, ho seguito il percorso di dottorato e approfondito anche dal punto di vista teorico la narrazione e la scrittura e pian piano le due cose si sono congiunte in quella che è adesso la Fondazione.

A proposito della Fondazione…come è nata l’idea di Bottega Finzioni?
Fondazione Bottega Finzioni

Avendo provato l’esperienza di formazione legata alla Scuola di Reggio Emilia che era per l’appunto gratuita e faceva accedere gli allievi puramente in base al merito, al talento, devo dire che a me ha dato molta sicurezza, ha aiutato molto.

Abbiamo deciso di chiamarla Bottega anche perché prende molto ispirazione dalla Botteghe artistiche.

L’intento era quindi di spostare l’idea della Bottega dalle arti visive, in qualche modo, alla scrittura, perché infondo esistono diversi tipi di scrittura che non sono soltanto quelle letterarie, che di per sé è una scrittura molto personale, ma tutte le altre sono dei lavori collettivi, c’è qualcuno che guida il gruppo di scrittura e spesso si può trattare di uno sceneggiatore, di un autore televisivo o anche altri tipi di autorialità.

In questo tipo di scrittura fatta in gruppo, di solito le persone che vi si approcciano sono guidate da maestri che hanno esperienza e metodo.

L’idea era proprio quella di fare formazione alla scrittura applicata a delle cose pratiche, intesi come progetti che siano film, serie tv, documentari che potevano realmente dare esperienza sul campo ai nostri allievi.

Portando avanti i progetti con persone esperte del settore, con anni di esperienza e se le cose vanno bene, pian piano, gli studenti iniziano a creare il loro curriculum di scrittura.

Come avviene la scelta dei professionisti che insegnano all’interno di Bottega Finzioni?

La selezione avviene per passione, si incontrano persone che fanno cose che ci piacciono o con le quali ci si trova bene o entrambe le cose molto spesso.

E queste stesse persone poi si appassionano a questo tipo di progetto di formazione, che non viene scelto dal punto di vista remunerativo. Sono persone alle quali piace insegnare.

Ricerchiamo persone che sappiano fare questo mestiere e che abbiano voglia ed entusiasmo nell’avere a che fare con le nuove leve.

Un altro motivo che ci spinge nello scegliere le collaborazioni è che spesso queste figure portano in Bottega dei loro progetti, li condividono poi con il gruppo di studenti e con la loro guida e i loro insegnamenti li sviluppano.

In riferimento al ruolo dei professori, quali sono i corsi e gli ambiti che vengono sviluppati?

Le aree attualmente sono quattro. Quella già tradizionale per la quale ancora non ci sono molte borse di studio e l’area di Letteratura, quindi scrittura letteraria, qualcosa che mira a guidare il singolo nell’individuazione della propria voce narrativa che è piuttosto complicato e di questo se ne occupano scrittori, che già in qualche modo hanno esperienza.

Fondazione Bottega Finzioni

Invece per quanto riguarda le altre aree sono tutte scritture di tipo collettivo, legate all’audiovisivo e sono: l’area di non fiction, quindi autori per i documentari e i format, dove si lavora alla scrittura di storie che hanno in qualche modo una radice che affonda in qualcosa di realmente accaduto; l’area di fiction che lavora prettamente sulla scrittura d’invenzioni e parliamo in particolare quindi di film, serie tv e cortometraggi e poi c’è tutto questo declinato per bambini e ragazzi.

In merito a queste quattro aree, è stato lei a sceglierle o sono nate dalle varie collaborazioni?
Fondazione Bottega Finzioni

Bottega è nata con una predominanza di scrittura per l’audiovisivo e la scrittura collettiva.

Le aree di fiction e non fiction sono quelle principali che sono nate insieme all’area di letteratura e si è aggiunta la parte di scrittura per bambini e ragazzi grazie alla collaborazione con autori e autrici.

Nel corso degli anni abbiamo fatto anche delle prove di scrittura di videogame, fumetti e ad oggi è in corso una prima prova di scrittura per le canzoni.

Nell’ultimo anno e mezzo a causa del Covid-19 è stato complicato portare avanti Bottega?

Purtroppo si abbiamo avuto dei problemi così come tante realtà.

La didattica si è spostata tutta online, non è la stessa cosa, ma meglio che niente, solo che ovviamente l’interazione tra docente e allievo è diventata un po’ più fredda.

Per quanto riguarda la produzione anche qui tutto slittato in avanti.

Una cosa importante per Bottega è che ci sia riunita la parte di produzione perché questo permette agli allievi, laddove ci sono buone possibilità e delle buone idee, di poterle produrre .

Bottega ha una produzione piccola, non può produrre tante cose, ma può orientare i progetti verso altri produttori con cui siamo in contatto per un possibile sviluppo.

Considerando che Bottega Finzioni riceve ogni anno fondi europei, quanto è complicato per lei gestire la Fondazione?

Abbiamo trasformato Bottega Finzioni in Fondazione da circa un anno, questo perché ci è sembrato sensato farlo, anche per il tipo di approccio che ha sempre avuto Bottega e poi per cercare di rientrare nei finanziamenti che potessero andare al di là dei bandi annuali.

Per fortuna si è creato un gruppo di lavoro coeso e compatto anche tra i docenti e quindi i progetti riescono a proseguire anche quando ci sono un po’ di difficoltà.

Lo scopo della fondazione resta sempre quello di raccogliere più liquidità possibile per sostenere le attività, che non sono solo di formazione professionale, ma l’obiettivo è quello di fare progetti di formazione narrativa nelle cosiddette aree di difficoltà.

Per quanto riguarda invece gli studenti, come vengono scelti?

Noi abbiamo deciso di non mettere limiti di età e nemmeno di formazione se non il diploma, perché per esperienza le persone che hanno talento narrativo non hanno una provenienza specifica è quella capacità innata di intrigare qualcuno con un discorso, con un racconto, non sappiamo come si forma, ma certamente ha una sua radice e origine.

Quando poi incontri tante persone ti rendi conto nel giro di poco tempo di fronte a delle prove scritte e orali di improvvisazione narrativa o anche di scrittura più meditata, che hanno questa capacità di raccontare qualcosa e di riuscire ad intrattenerti.

Il resto poi è tutto allenamento.

Come poi viene strutturato il percorso di formazione?
Fondazione Bottega Finzioni

C’è un primo anno di corso che per ogni area si svolge una volta alla settimana e ogni tanto nel weekend (uno o due weekend al mese) per un totale di circa 450 ore all’anno di formazione.

Tra un mese e l’altro come a tutti gli sceneggiatori viene dato un incarico, poi le prime forme di scrittura ed accanto le lezioni teoriche.
La maggior parte del tempo viene impiegato per la scrittura dei progetti sui quali si fa una revisione una volta al mese.

Dopo il primo anno viene fatto un corso avanzato che dura un altro anno in cui vengono convocati solo 20 allievi che lavorano su tutte le forme di scrittura e si fa spesso un progetto di scrittura tematico su tutte e quattro le aree.

Tornando sulle quattro aree di formazione chi sono i referenti?

Ci sono i maestri d’aree che sono: per non fiction c’è Antonella Beccaria è una giornalista d’inchiesta e segue la parte legata ai format sia di approfondimento che di intrattenimento; poi c’è Francesco Merini regista e autore di documentari e si occupa per l’appunto della parte dei documentari.

Christian Poli sceneggiatore e maestro dell’area di fiction; Manuela Draghetti che si occupa della parte di scrittura per bambini e ragazzi e infine Andrea Tarabbia che è uno scrittore e coordina l’area di letteratura.

Un ulteriore passaggio durante il corso avanzato è la convocazione di un gruppo all’interno di Bottega Studio. All’interno del gruppo si trovano studenti il cui ruolo è di potenziali collaboratori nei progetti di produzione di Bottega.

Quindi lei non solo è il direttore e l’ideatore di Bottega, ma fa anche il professore e come si descriverebbe nelle vesti di questo ruolo?

Preferisco fare il professore che il direttore (sorride).

Io insegno sia scrittura di fiction che di non-fiction, per la formazione che ho fatto, sia in ambito documentaristico, sia come autore televisivo per Sky in questi anni, oppure per la parte di fiction anche per Rai fiction, diciamo che mi piace tenere insieme i due tipi di formazione perché in fondo hanno qualcosa in comune, che per l’appunto è il racconto basato su storie vere o inventate, ma sempre di una costruzione narrativa si tratta.

Documentandomi su Bottega Finzioni ho letto che dall’anno scorso avete una madrina che è l’attrice Matilda De Angelis e mi chiedevo quindi come fosse nata questa collaborazione fra voi.

Intanto anche lei è Bolognese (sorride), ci siamo poi incontrati un paio di anni fa e abbiamo dei progetti in corso, ma sui quali non possiamo dire nulla.

É nata un’adesione da parte sua rispetto alla formazione finanziata e quindi all’individuazione del talento per base meritocratica, ed è una cosa che le è piaciuta molto, quindi si è avvicinata alla Fondazione anche per questo motivo.

E naturalmente vuole aiutarla e sostenerla nel raggiungimento degli scopi, che sono anche scopi sociali, ovvero la formazione in ambiti di difficoltà e quindi la raccolta fondi per portare avanti progetti legati ad esempio ai bambini, alle nuove povertà, agli ospedali, insomma a tutti gli ambienti nei quali la narrazione sembra non avere nessun ruolo o poco a che fare, ma che in realtà è tutto il contrario.

E quindi cosa si aspetta lei dal futuro per Bottega Finzioni?

Una cosa che muove me personalmente, che mi sta appassionando ora è quello di provare a lasciare in questa città un luogo che sia un’istituzione a disposizione del cittadino, come adesso lo sono le biblioteche e le cineteche.

Mi piacerebbe che fra qualche anno nessuno si chiedesse più a cosa serva una Fondazione Narrativa perché è chiaro.

E nel nostro caso, il fatto di lavorare su qualcosa che non ha materialmente esistenza perché non si può toccare e non si può vedere, rende la cosa più complicata, perché la narrazione in se non si vede, quindi è un bene immateriale di difficile comunicazione, tuttavia il fatto di avere già degli esempi all’estero come ad esempio le Fondazioni narrative americane che si occupano della costruzione in tessuto, che vanno ad aiutare ad esempio i bambini nella lotta alla povertà educativa, è molto d’aiuto.

Ed è importante questo perché non c’è un travaso da chi sa a chi non sa, ma si costruisce insieme un percorso per rendere gli allievi in grado di saper raccontare e sapersi raccontare offrendo più possibilità ed occasioni, rendere la vita migliore.

Questo è l’obiettivo, che poi questo lo si faccia in ambito sociale o in ambito professionale, quindi con due scopi diversi io credo in ogni caso che le due cose si arricchiscano a vicenda.

A me è capitato, mi baso su quella che è stata la mia esperienza, ho fatto il servizio civile per più di un anno con persone che avevano problemi importanti a livello psichiatrico e tutte le esperienze che ho fatto in ambito di difficoltà, mi hanno arricchito.

Io credo che un narratore, uno scrittore, uno sceneggiatore, un autore apprenda tantissimo da contesi di quel tipo.

Vorrei concludere la nostra intervista con un’ultima domanda, ovvero, qual è stata la soddisfazione più grande che lei ha avuto in questi 10 anni di Bottega?

Devo dire che le soddisfazioni più grandi sono legate sempre agli allievi, non ai progetti.

Fondazione Bottega Finzioni

Di progetti in bottega ne abbiamo fatti tanti come pubblicazioni di libri, abbiamo avuto allievi che hanno scritto racconti, sceneggiature per Dilan Dog, puntate di fiction televisive e format.

Devo dire che in generale la soddisfazione più grande, per quanto mi riguarda, è quando vedo una persona che arriva in Bottega, a volte anche in grave difficoltà, perché fino a quel momento magari non ha trovato il suo modo, è molto timido o ha problemi a relazionarsi e attraverso il percorso nella Fondazione riesce ad acquisire maggiore sicurezza fintanto che emerge, riuscendo così a delineare il suo percorso.

a cura di
Francesca Graziano

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Francesca Graziano

Francesca Graziano nasce il 28 aprile del 1992 in un una città nel cuore della Puglia. Trapiantata in Abruzzo intraprende gli studi per diventare una “strizza cervelli”, per gli amici Psicologa Cognitiva, ah si è innamorata delle Neuroscienze, il suo sogno nel cassetto è un dottorato, per quello ci sta ancora lavorando. Dal liceo nutre una passione smodata per il cinema e la letteratura, la sua unica fede è il binge watching. I personaggi dei libri e i protagonisti dei film diventano i suoi migliori amici, la sua deformazione professionale la porta ad analizzarli in maniera compulsiva. Si cela in lei un estremo lato nerd, i film della Marvel e gli Anime le fanno perdere la testa. Si definisce Romantica, per scelta.

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