Lory Muratti, Lettere da Altrove

Lory Muratti, Lettere da Altrove
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Lory Muratti, producer, scrittore e regista, ha pubblicato il 30 ottobre lo spoken album Lettere Da Altrove, pubblicato per Riff Records

Lory Muratti è nato e cresciuto tra i laghi lombardi e firma i suoi primi lavori con lo pseudonimo di Tibe, facendosi presto conoscere nell’ambiente alternative rock italiano grazie ad un sound fortemente evocativo con cui caratterizza i suoi lavori.

Tra i molti artisti con cui ha collaborato figurano: Andrew Fletcher from Depeche Mode, Cristiano Godano e Marlene Kuntz, Daddy Gfrom Massive Attack, Garbo, Gary Dourdan, Guano Apes, Krisma, Leo Abrahams, LorneLanning, Luca Missoni, 2 ManyDjs.

Le otto tracce contenute in Lettere Da Altrove si ispirano alla serie video-narrativa ideata dall’artista ai tempi del lockdown: protagonisti di questo concept album sono due amanti che si ritrovano inaspettatamente “imprigionati” in un ex ricovero barche su un lago del nord Italia a causa di un’epidemia misteriosa.

La lontananza dei due amanti dal resto del mondo, li porta a navigare in un limbo senza contorni, turbato dalle notizie che arrivano ai due, solo per via digitale, e dal continuo mutare delle loro emozioni.

Giorni deserti

Fin dall’incipit dell’album, Giorni Deserti, ho avuto l’impressione di essere completamente catapultato in quei drammatici giorni della nostra storia: d’un tratto sono riaffiorate tutte le sensazioni, le ansie e gli interrogativi – molti dei quali ancora irrisolti – di quei giorni.

La narrazione continua nelle successive tracce e, nel mentre, cominci a sodalizzare sempre di più con i due amanti, ti senti cioè parte di quella tempesta emotiva che i protagonisti vivono quotidianamente, anche più volte al giorno.

Da un lato cominci a guardare ai due amanti come persone in qualche modo fortunate di poter trascorrere insieme quel periodo, dall’altro, però, si fa sempre più netta la convinzione che quell’isolamento stia, in realtà, diventando una vera e propria prigione, fatta di artifici per ingannare il tempo e di solitudine.

La storia dei due amanti è la storia di tutti noi.

Buonasera Lory: questo concept album è stato scritto durante la scorsa primavera in un periodo che mai avremmo immaginati di poter vivere. C’è un momento specifico nel quale hai deciso di voler dar voce al tuo isolamento?

Buonasera a tutti e grazie di avermi accolto sulle pagine di Soundcheck. È molto vero il tuo dire che “mai avremmo immaginato di poter vivere un momento del genere” ed è proprio questa la ragione che ci ha fatti sentire immobilizzati, anche emotivamente, durante il primo isolamento della scorsa primavera e in tutto questo lungo periodo.

Ho un preciso ricordo dei lunghi pomeriggi silenti in cui i miei passi si mescolavano a pensieri confusi alla ricerca di soluzioni e i problemi nati dal forzato stop che stava vivendo la mia progettualità, fermata e posticipata a data da definirsi.

Un vuoto dirompente e al contempo accompagnato dal surreale silenzio sul quale abbiamo tanto detto e riflettuto in questi mesi. Un’agitazione crescente che accompagnava quei sentimenti dentro giornate che si facevano sempre più incerte.

Un disagio che sentivo però non mi avrebbe comunque potuto spingere a dare spazio a un forzato presenzialismo digitale o a qualsiavoglia iniziativa che fosse priva di una reale spinta artistica. Sentivo al contempo che non sarei potuto restare solo con me stesso a tormentarmi su ciò che in quel momento non potevo realizzare ed è stato a quel punto che sono stato raggiunto dall’immagine di una figura femminile che, nella sua assenza, diviene unica vera certezza nell’universo interiore di un uomo isolato dal mondo.

Quale occasione migliore di un isolamento tangibile e vero come quello che stavo attraversando per dar posto a quella visione? Quale ipotesi migliore del mettersi a scrivere e suonare di lei per tenere la mente aggrappata a qualcosa?

La scrittura di Lettere Da Altrove si ispira alla serie video-narrativa che hai ideato durante il lockdown. Come ti ha aiutato un simile lavoro nell’affrontare quei giorni così drammatici?

Come dicevo poco fa, è stato salvifico potermi aggrappare alla produzione per restare orientato, seppur nella totale perdita di coordinate spazio-temporali, in quelle settimane. Il fatto poi che la storia che aleggiava fra i miei pensieri si stesse manifestando attraverso scittura, produzione musicale e visual, rendeva tutto il processo di esternazione del sé e del proprio vissuto particolarmente immersivo.

Mi sono così trovato in uno spazio nuovo, privo di confini proprio perché delimitato soltanto da quelli della casa-laboratorio nella quale vivo e lavoro (che è anche il luogo della narrazione) e in un tempo dove il consueto divenire di giorno e notte era stato sovvertito da una dimensione creativa che andava facendosi sempre più febbrile con il passare dei giorni.

Nel perdermi per dare vita a quella che si stava di fatto configurando come un esperimento di produzione e pubblicazione istantanea, stavo ritrovando me stesso e stavo dando un senso a quei giorni sospesi.

Il plot della storia mi ha subito riportato a due grandi autori della nostra letteratura, Boccaccio e Manzoni. I loro romanzi ti hanno influenzato in qualche modo? Ci sono delle loro reminiscenze nei tuoi racconti?

È una domanda interessante poiché nel lavorare al progetto “Lettere da Altrove” non ho mai consapevolmente fatto riferimento a un certo tipo di letteratura classica. Manzoni in particolare e il racconto che fa della peste seicentesca nei suoi “Promessi Sposi” è molto distante dalle logiche che soggiaciono al mio lavoro.

Trattandosi nel suo caso di un romanzo storico (scritto più di un secolo dopo i fatti narrati) i dettagli didascalici e il diffondersi dell’epidemia tra il popolo diventano centrali mentre nelle mie “Lettere” sono del tutto omessi. 

Diverso il discorso per Boccaccio e il suo Decameron dove il parallelismo che mi proponi è molto più centrato in quanto lui fu testimone oculare del diffondersi dell’epidemia di peste che dilaniò Europa e Italia nel Trecento e decise di narrare la storia di dieci giovani che, allontanatisi da Firenze per altrettanti giorni con la speranza di potersi salvare dal contagio, decidono di raccontare a turno una novella in un disperato tentativo di preservare il loro piano di realtà e la normalità nella quale erano vissuti fino a quel momento.

È in questa dinamica e nella decisione che fece il Boccaccio di non chiamare mai la peste con il suo nome che vedo le maggiori assonanze con il mio lavoro dove l’emergenza sanitaria resta sempre sullo sfondo. Il diffondersi del virus non diviene mai oggetto della narrazione, ma è soltanto il motivo che tiene imprigionati due amanti in un ex ricovero barche affacciato su un piccolo lago del Nord Italia oltre la loro volontà .

Mi sono rivisto completamente nell’altalena emotiva dei due protagonisti. Quanta autobiografia c’è nel tormentato mondo interiore dei due personaggi? Avevi già la sensazione di trattare sensazioni e sentimenti molto comuni a noi tutti?

Le dinamiche che si instaurano fra i due protagonisti durante il corso di tutta la narrazione si reggono proprio sull’altalena emotiva di cui parli. Lo spazio limitato in senso fisico e dilatato oltremodo in un senso invece temporale sono condizioni che di fatto annullano le coordinate dentro le quali i due si muovono privandoli di conseguenza di ogni possibile appiglio conosciuto e al contempo imponendo loro di affidarsi l’uno all’altra per poter far fronte alle paure, agli sbalzi d’umore, alle complesse dinamiche interiori, ai fantasmi. In un passaggio della serie che è poi diventato parte anche del testo di “Ostaggi del tempo” (uno dei singoli estratti dal disco) scrivo e recito:

“Per fortuna era il tuo turno per essere di buon umore e non mancavi di ricordarmelo facendomi così sentire in colpa per la mia connaturata tendenza a lasciare campo libero alla contemplazione e alla nostalgia”.

La continua ricerca di equilibrio grazie al confronto fra le parti è estramente centrale nel respiro di tutto il lavoro anche quando in certi momentii la figura femminile sembra delinearsi come una presenza surreale e non del tutto terrena. È in questa suggestione che risiede la parte più autobiografica di tutto il progetto che ho scritto e vissuto in totale solitudine facendo quindi riferimento a una donna che non era con me o che non lo era più.

Il fatto che l’immaginario e la narrazione che da esso è scaturita fossero potenzialmente sintonici a ciò che tanti di noi stavano in quel momento provando non mi era quasi per nulla evidente durante la lavorazione.

Scrivere e suonare aveva un ruolo di forte sostegno emotivo e psicologico e la speranza che ho iniziato a nutrire, una volta pubblicato il lavoro, era che ciò che avevo realizzato fosse in grado di portare sostegno ed emozioni anche a chi avrebbe ascoltato.

Nel momento in cui scriviamo la situazione epidemiologica è ancora complessa, si fa fatica a vedere la linea del traguardo. Quali sono, in questo clima di particolare incertezza, i progetti futuri di Lory Muratti?

Navighiamo tutti a vista sempre pronti a compensare un’improvvisa pendenza o un cambio di direzione e questo ci rende più fragili e affaticati. Per questo motivo sto anzitutto cercando di mantenere un forte equilibrio fra piano umano e lavorativo oltre che fra le molte attività che ho in corso, rivolte sia alla promozione di questo lavoro sia di ciò che verrà.

Un nuovo progetto (disco e libro), già concluso prima dell’avventura di “Lettere da Altrove” e poi entrato in “stand-by” uscirà più avanti nel corso dell’anno, ma già da ora sono al lavoro con i miei partner per rivederne alcuni aspetti e preparare il suo percorso.

Contestualmente le Lettere proseguono il viaggio e nel loro divenire stanno anche cambiando forma. Una nuova forma attraverso la quale cercherò di raccontare il mio e il nostro Altrove in occasioni che ci riportino anche di persona a contatto con l’opera e dentro il nostro necessario, ineludibile, imprescindibile stare assieme.

a cura di
Donato Carmine Gioiosa

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