Maneskin: un Teatro d’Ira tra Sanremo, Eurovision e… i The Strokes
“Rock? Non rock?” non è importante l’incasellamento. “Anche se leggo che non siamo rock, io mangio, bevo, dormo lo stesso” (Damiano)”
Nel bene e nel male, purché se ne parli. Rock, non rock, costruiti, naturali. Prima di rispondere alle domande della platea virtuale, dal Mulino Recording Studio di Acquapendente, provincia di Viterbo, con i loro vent’anni o poco più i Maneskin si presentano alla conferenza stampa con un’anteprima del loro “Teatro d’Ira – Vol. 1”, seconda fatica discografica che verrà pubblicato il 19 marzo.
“Siamo maturati. Il nostro obbiettivo, nel corso di questi anni, come gruppo e nei live, era proprio quello di avere crudezza, di ripartire all’analogico. Abbiamo puntato molto sulla potenza del power trio, è stato tutto frutto di un percorso, abbiamo cercato un po’ di trasmettere su disco l’energia del live”
“Teatro d’Ira – Vol. 1”, infatti, è stato registrato in presa diretta, con pochi overdub, proprio per dare un’immagine sonora che rispecchi appieno il sound live dei Maneskin. Un ritorno al passato, se vogliamo, che in un periodo di autotune e musica iperprodotta appare una scelta quasi azzardata. Ma vincente, per una band che punta a tornare ai live.
“Noi nasciamo live e probabilmente continueremo a vivere sempre live. Siamo nati per la strada, in via del corso, ed è stata una scuola per noi. Puntavamo a conquistare il pubblico sempre e solo cercando di essere noi stessi. Questo è un concetto che volevamo portare nell’album, portare la nostra natura live in studio, per questo la scelta della presa diretta”
Il Teatro come catarsi dell’ira
“Abbiamo scelto il titolo “Teatro d’Ira” per creare un contrasto, per parlare non dell’ira distruttiva, ma dell’ira catartica, che porta a fare qualcosa di positivo”. Che è un po’ quello che dovrebbe sempre essere l’espressione musicale nella sua purezza, mi permetto di aggiungere.
“Alla fine noi mettiamo nei testi e nella musica quello che ci succede, quindi rabbia per il passato, per gente che ti insulta o non credeva in te, ma anche per cose che accadono nel mondo. Il nostro concetto è incanalarlo nella musica ed esprimerlo”
Ci sono brani come “In Nome Del Padre” che sono pura sfuriata di energia, così come “I Wanna Be Your Slave”, “un brano che mi regalerà le mie prime denunce, visto il testo un po’ spinto”, come dice Damiano sogghignando. C’è tempo anche per ballate come la già conosciuta “Vent’Anni” e “Coraline”, una sorta di “fiaba dark” che racconta una storia reale.
La genesi dei brani è stata molto eterogenea. I Maneskin hanno scritto “Coraline” mentre Damiano e Thomas erano in camera d’albergo”, “In Nome del Padre” è nata da una jam session in studio mentre il cantante era assente, salvo poi scrivere il testo “mentre ero nella vasca da bagno e ascoltavo quello che mi avevano mandato i ragazzi”.
Segno che hanno cercato di sfruttare tutte le occasioni e i momenti per cogliere e sviluppare tutti gli spunti possibili.
Essere originali per il panorama attuale
Sono rock? Non sono rock? Potete dire quel che vi pare, ma i ragazzi hanno groove. Non sono originali? Dopo anni di vuoto trovare chi cura l’aspetto musicale tanto quanto quello dello spettacolo (e non solo il secondo) è di per sé una ripartenza di speranza.
Il problema sostanziale, ed è il fulcro che spesso non viene messo a fuoco, è che la loro generazione, quella dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni, difficilmente conosce musica “tradizionale”, fatta da chitarra, basso e batteria suonate e non campionate. Provate a chiedere chi siano i Led Zeppelin o i Soundgarden, provate a chiedere quale sia stata la band di Ozzy Osbourne. Le risposte vi shockeranno, perché spesso, se non sempre, non ci saranno.
“Non sono abituati perché non c’è più la cultura radicata dei locali, di andare a sentire il gruppetto, delle jam sassion. Però ragazzi sono molto incuriositi. Ieri un ragazzo con la tuta dell’Adidas e il borsello ci ha chiesto la foto. Una persona che non penseresti mai che ci potrebbe seguire. Quindi non c’è più il discorso di genere, tipologia, di nicchia…”
L’Eurovision
I Maneskin rappresenteranno l’Italia all’Eurovision 2021. Un’occasione grandissima per farsi conoscere al pubblico europeo, anche se, per regolamento, hanno dovuto cambiare leggermente il testo, eliminando le parolacce, e ridurre il minutaggio a 3:00. “Non è una cosa che ci ha fatto piacere dover cambiar alcune parole, ma non è un “cazzo” in meno che fa la differenza. La cosa più importante è presentarsi con la nostra musica, l’Eurovision è un’occasione. Bisogna anche andare oltre a quelle parolacce. Ci sono anche altre possibilità”.
I live e quella chiamata dei The Strokes…
Sono state già annunciate le date del tour dei Maneskin, che, pandemia volendo, partiranno dal Palazzo dello Sport di Roma il 14 dicembre 2021 e si concluderà il 23 aprile 2022 all’Arena di Verona. Un bel passo: “Ci hanno chiesto: ‘Vorreste suonare all’Arena di Verona?’. E che fai, dici di no?”.
Non solo Italia. Già reduci da un piccolo tour europeo un paio d’anni fa, i Maneskin sono stati contattati anche da una band americana, non proprio piccolissima: “Non ci poniamo limiti nella lingua con cui scriviamo, anche perché noi siamo partiti proprio dall’inglese. Pensiamo di essere un progetto che possa andare bene anche all’estero. Tra l’altro, possiamo dirlo, siamo stati cercati da una band estera, i The Strocks, per un brano e poi anche per un tour. Ne siamo felici”.
a cura di
Andrea Mariano