La lezione di David Bowie

La lezione di David Bowie
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Cinque anni fa, il 10 gennaio 2016 ci lasciava David Bowie. Il mondo continuava, certo, ma tutti sapevamo che saremmo stati un po’ più poveri da quel giorno in poi. E il buio sarebbe stato un po’ più scuro, senza la sua stella nera a brillare su di noi.

Ancora oggi fa sentire la sua mancanza. Lo dimostra l’enorme quantità di libri, graphic novel, documentari realizzati e dischi venduti in questi cinque anni.

Anticipatore, alieno, ribelle, visionario, iconoclasta, provocatore, artista, musicista. Impossibile trovare una definizione. David Bowie fu tutto questo e molto altro.
C’è una frase che venne scritta in una recensione apparsa su una rivista inglese, New Musical Express, nel 1972: “He’s everything all at once“, è tutto in una volta.

David Bowie “è”, per usare il titolo della mostra del Victoria and Albert Museum a lui dedicata. Dopo il debutto a Londra, nel 2013, ha girato il mondo, arrivando anche a Bologna nel novembre 2016. David Bowie è, tempo presente: perché come tutti i più grandi, anche lui non ci lascerà mai.

La morte

Nato a Londra, trasferitosi a New York nel 1974, ha poi trovato la salvezza a Berlino. David Bowie è stato ovunque, al momento giusto. Difficile trovare qualcuno con un tempismo migliore del suo, anche nella morte. Un colpo di scena perfetto: milioni di fan appresero che non era più tra noi dopo avere trascorso il weekend ad ascoltare Blackstar, il disco uscito l’8 gennaio 2016, appena due giorni prima di andarsene. Bowie aveva tenuto segreta la sua malattia quindi molti, anche tra i suoi amici più stretti, furono sorpresi dalla notizia.

Non riuscì a sconfiggere la morte, questo è certo, ma con brani come Lazarus la rese di una bellezza struggente.

David Bowie ha passato il segno

David Bowie is crossing the border“, David Bowie sta attraversando il confine. Si poteva leggere questa frase, scritta con luci al neon rosse, su una parete all’interno della mostra dell’Albert and Victoria Museum.

Non ci sono mai stati confini, per lui. Non era questione di stili musicali, moda o identità. Tutto poteva diventare una performance artistica, un modo per esprimere la propria unicità.
Non esisteva alcun limite invalicabile. E, se c’era, era lì per essere attraversato a passi eleganti.

David Bowie ha passato il segno. L’ha fatto quando, agli inizi degli anni Settanta, introdusse il tema dell’omosessualità destando scandalo nell’Inghilterra bigotta.
Ci ho provato ma non era divertente“, poco importa che fosse realmente omosessuale oppure no.

La lezione di Bowie

Bowie ci ha insegnato a superare e ad abbandonare i nostri soliti schemi mentali. Quanti artisti oggi hanno il coraggio di farlo?

Ognuna delle sue reincarnazioni custodiva un messaggio, forte e chiaro: siate liberi, siate quello che volete. Uscite dalle linee. Il coraggio era la prima delle lezioni, la seconda era la continua evoluzione. Cambiare è bellissimo, farlo continuamente è fantastico.

In anni in cui non si parlava di sessualità fluida, indossava tute attillatissime, trucco e tacchi alti. Ziggy Stardust, ancora oggi, sarebbe uno schiaffo in faccia alla mascolinità tossica di questi nostri tempi.

La mia natura sessuale è irrilevante“, diceva in un’intervista del 1972. Potevamo essere chi volevamo, quando volevamo e non saremmo mai stati soli. Nell’ultima traccia di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, Rock’n’Roll Suicide, c’è tutto: “You’re not alone, gimme your hands, ‘cos you’re wonderful“. Siate splendenti, è l’unica cosa che conta. Va bene anche perdersi, come Major Tom, se l’obiettivo è quello di avvicinarsi alle stelle.

Oggi, a cinque anni da quel triste giorno di gennaio, anche se “l’uomo che cadde sulla Terra” ha fatto ritorno lassù, nello spazio sconfinato, abbiamo ancora quello che ci ha lasciato. Abbiamo ancora le sue canzoni. Non potevamo essere più fortunati.

a cura di
Daniela Fabbri

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Daniela Fabbri

Sono nata nella ridente Rèmne, Riviera Romagnola, nel 1985. Copywriter. Leggo e scrivo da sempre. Ho divorato enormi quantità di libri, ma non solo: buona forchetta, amo i racconti brevi, i viaggi lunghi, le cartoline, gli ideali e chi ci crede. Nutro un amore, profondo e viscerale, per la musica, in tutte le sue forme. Sono fermamente convinta che ogni momento della vita debba avere una colonna sonora. Potendo scegliere, vorrei che la mia esistenza fosse vissuta lentamente, come un blues, e invece sono sempre di corsa. Mi piacciono gli animali. Cani, gatti, procioni. Tutti.

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