The Matt Project: musica senza confini

The Matt Project: musica senza confini
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I Matt Project sono la dimostrazione che la musica può superare i confini e le barriere. La formazione, nata quasi dieci anni fa, è riuscita a suonare niente meno che al Bitter End, storico locale di New York e collaborare con Steve Greenweld, produttore di Joss Stone.

La band è composta da Jury Magliolo (voce, basso e tastiere), Carlo Poddighe (voce e chitarra) e Matteo Breoni alla batteria. Rispetto alle band classiche i Matt Project si differenziano perchè sono tre autori e compositori di canzoni. La loro musica è un concentrato di soul funky e rock con energia e raffinatezze insieme a dettagli da professionisti mai fini a se stessi.

Il loro percorso artistico vede due dischi registrati a New York più un terzo registrato in Italia. Ora hanno dato alle stampe il nuovo Overnight registrato su nastro e masterizzato al Poddighe Studio di Brescia. Il disco è un concentrato di energia, chitarre e sintetizzatori in maniera equilibrata e parti vocali curate. Difficile definire e classificare i Matt Project in un genere, ma ogni riferimento dimostra una preparazione e una passione non comune.

È stato un piacere percepire la positività che hanno dimostrato durante la nostra intervista sulle loro prossime sfide, un’attitudine di cui abbiamo tutti bisogno e li ringraziamo per questo.

Cominciamo col chiedervi da dove deriva il nome del gruppo?

Inizialmente la band era composta da Matteo Breoni (il batterista) e Carlo Poddighe (voce, chitarra e tastiere), al primo album si sono serviti della collaborazione di diversi cantati. Jury (al basso e alla voce), ha preso parte solo successivamente al progetto. Matteo l’ideatore del progetto decise di volare a New York portando le registrazioni per eseguirne mixaggio nello studio di Steve Greenwell che ha salvato i mixaggi in una cartella nominandola The Matt Project. Il disco ed il nome suonavano talmente bene che da quel momento il nome non è più stato cambiato.

Ci sono diversi fattori che rendono interessante il vostro nuovo disco. La capacità di fondere i generi con competenza ed entusiasmo, i dettagli sonori e una carica non comune. Considerate questo disco un compendio di un percorso o l’inizio di una nuova fase?

Ogni disco è una nuova fase, una sfida nel migliorarsi cercando di farlo spontaneamente. Nei progetti musicali i percorsi sono infiniti e grazie a Dio sempre stimolanti.

Siete un trio di musicisti ma anche di autori e compositori. Come avviene solitamente il concepimento delle canzoni?

Facciamo poche prove durante l’anno, abbiamo spesso il tempo di sperimentare alcune idee prima degli spettacoli durante il soundcheck. Ovviamente questo tempo spesso non essendo sufficiente, realizziamo nel “Poddighe Studio” delle writing sessions. Nei giorni successivi proviamo ad inserire queste idee inserendole nello show. E’ così che nascono i nostri dischi, grazie anche al feedback del pubblico. Successivamente abbiamo tutto il tempo per registrarli a regola d’arte e sistemare i testi, i concept, la parte artistica e tecnica.

Avete avuto l’onore di collaborare con Steve Greenweld per i vostri primi due lavori. Venti date al Bitter End di New York oltre a numerose date in tutta Europa. Com’è l’accoglienza del pubblico nei confronti delle band italiane?

La premessa è che ci sono ben poche band italiane che hanno l’occasione di esibirsi in quel locale. Nella nostra prima esibizione a New York temevamo molto il gap linguistico, nel giro di qualche esibizione abbiamo preso confidenza. Il pubblico ci ha accolto come locals, e a nostra volta abbiamo cercato di fidelizzarlo. Troviamo molta educazione anche nel pubblico italiano, confidiamo moltissimo nel nostro paese e nel popolo degli appassionati di musica come noi.

Nel vostro ultimo disco si denota una raffinatezza mai fine a sé stessa e una cura del dettaglio che impreziosisce i brani, mentre in Italia sembra che la trap, l’urban e l’indie pop sembrano i generi più accarezzati dai discografici. Vi sentite come dei marziani in questo contesto?

No, noi guardiamo con stima tutto ciò che funziona, non essendo assolutamente degli emergenti però, ci possiamo permettere di prediligere generi affini ai nostri gusti senza dover seguire certi trend. Per noi la musica è musica e abbiamo rispetto di tutte le altre forme musicali. Ognuno di noi ha già avuto tentativi discografici, anche piuttosto riusciti. Ma la soddisfazione di farcela con le proprie gambe da veri indipendenti è nettamente superiore.

Il disco è stato scritto e concepito prima del lockdown, ma ci sono dei brani che quasi preannunciano una sensazione di timore per il futuro ( Running from the beast). Molti artisti sono scettici su un ritorno alla normalità, voi come la pensate?

Si sappiamo che la normalità sarà piuttosto lontana, ma la gente continua ad amare la bella musica.Personalmente riceviamo affetto dal pubblico, per questo nel disco Overnight ci abbiamo messo molta positività.Per il futuro abbiamo cominciato una serie di dirette streaming con esibizioni in alta definizione, curando anche qui la musica e il video al massimo delle nostre possibilità, siamo pronti a tutto.

a cura di
Beppe Ardito

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Beppe Ardito

Da sempre la musica è stata la mia "way of life". Cantata, suonata, scritta, elemento vitale per ridare lustro a una vita mediocre. Non solo. Anche il cinema accompagna la mia vita da quando, già da bambino, mi avventuravo nelle sale cinematografiche. Cerco di scrivere, con passione e trasporto, spinto dall'eternità illusione che un mondo di bellezza è possibile.

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