Sound-Editoriale: l’occhio dei nostri fotografi sulla pandemia
Quell’8 marzo che diventò sinonimo di pandemia, ci ha cambiati per sempre e ci ha costretto a rivalutare il significato fondamentale di libertà.
L’8 marzo 2020 ho ascoltato la Conferenza Stampa del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sul mio divano, sola, con il mio micetto.
A metà fra l’incredulità e una sensazione di precarietà mi sono messa in contatto con il mio fidanzato, in quel momento in visita dalla propria famiglia, poiché le parole di Conte erano chiare: non si entra e non si esce dalle Regioni. E lui come sarebbe tornato a casa? Ma veramente, se non lo faranno rientrare, rimarrò fino ad aprile sola in casa? Ma siamo così in pericolo?
Il COVID19 è arrivato nella nostra vita con la prepotenza di chi non si rende conto di essere un ospite sgradito
Un po’ come se qualcuno arrivasse a casa nostra e si mettesse pantofole e pigiama rubandoci il telecomando e sistemandosi sul nostro divano, proprio lì dove c’è la conca della nostra schiena che ci fa sentire al sicuro.
Il COVID19 ha rivoluzionato la nostra vita e le nostre giornate ribaltando completamente il concetto di tempo applicato fino a quel momento, mettendoci a confronto con i nostri timori e presentandoci paure nuove.
In principio ho faticato a comprendere realmente cosa un lockdown potesse effettivamente comportare per la mia quotidianità e la mia libertà personale.
Se la libertà fino al 7 marzo era stata considerata come un diritto inalienabile e quasi scontato dove i confini entro cui potevo spingermi erano pressoché inesistenti, dal giorno successivo si inizia a delineare una prospettiva ben diversa dove l’orizzonte finisce sulla soglia di casa.
La libertà non è più così scontata, ora, dopo due mesi chiusi in casa e la pandemia, in definitiva, ci ha cambiati per sempre
Durante questi mesi tra noi membri dello Staff c’è stata una gran voglia di rimanere uniti e di condividere le preoccupazioni ma anche le iniziative e le novità. C’è stata la voglia di non abbandonarsi alla tristezza e di sentirsi comunque, anche se virtualmente, parte di quella bella famiglia che da settembre chiamiamo The Soundcheck.
Indubbiamente chi ne ha risentito di più sono stati i nostri fotografi, abituati a viaggiare, assistere a tanti spettacoli dal vivo e sempre impegnati in qualche nuovo progetto in compagnia della fidata fotocamera.
Anche se molti di loro si sono reinventati giornalisti per aiutarci con le interviste e le recensioni, molti hanno ideato inchieste e si sono proposti come inviati sul campo assieme a Polizia di Stato, Croce Rossa e Carabinieri, ritengo comunque che questo post-lockdown, almeno nella nostra casa, sia da dedicare a loro.
Ho chiesto quindi di regalare a The Soundcheck il loro primo scatto di fine lockdown.
Una galleria dedicata a tutti quelli che se ne sono andati, a quelli che hanno combattuto, ai medici e infermieri instancabili, ai cittadini che coscienziosamente hanno rispettato le regole.
A noi tutti e alle nostre famiglie.
Un grande abbraccio.
a cura di
Sara Alice Ceccarelli
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