For Their Love: recensione dell’ultimo disco degli Other Lives

For Their Love: recensione dell’ultimo disco degli Other Lives
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La copertina dell’ultimo disco degli Other Lives, For Their Love, mi ha fatto pensare ad un vecchio libro di Henry Miller che mi hanno regalato, Incubo ad Aria Condizionata, acquistato in qualche negozio di libri usati a New York. Quella copertina, di una casa in legno con sullo sfondo un grattacielo, per me ha sempre rappresentato la decadenza del sogno americano.

Come su quel libro, anche sulla copertina del disco degli Other Lives, c’è la foto in bianco e nero di una casa in legno, che scopro essere quella del cantante della band, Jesse Tabish, e di sua moglie. Qui, in questa casa a forma di A, sulle Cooper Montains vicino a Portland, gli Other Lives hanno registrato il loro ultimo disco. Mi chiedo se Tabish abbia mai visto quella vecchia edizione del libro di Miller.

Copertina For Their Love
Il ritorno degli Other Lives

For Their Love segna il ritorno della band dopo cinque anni dal loro ultimo lavoro, e sembra arrivare da un’altra epoca. È un canto spettrale sul sogno americano, una città guardata attraverso le finestre polverose di un ufficio postale, una periferia in bianco e nero di un film americano degli anni Cinquanta.

Dicono che l’arte, per essere considerata tale, deve prenderti e portati altrove. In un altro luogo, in un altro tempo. E se questo è vero per i film, le fotografie, lo è anche per la musica. Gli Other Lives ci hanno sempre provato, con risultati più o meno soddisfacenti. Questo ultimo disco raggiunge l’obiettivo. Per circa 37 minuti lascerete casa vostra e sentirete la polvere del deserto soffiarvi sul viso.

Le tracce

La traccia di apertura, Sound of Violence, inizia con una strumentazione silenziosa che consente alla voce del cantante Jesse Tabish di essere al centro della scena. È il pezzo perfetto per farci capire cosa ci aspetta: un’atmosfera a 16:9, cinematografica, con una voce che sembra arrivare da lontano, da un luogo lussureggiante e oscuro.

I testi del disco parlano di amore e di perdita. Si potrebbe pensare ad un cliché, e forse lo è, ma combinato alla voce bramosa e tenebrosa di Tabish, rende il disco particolarmente ispirato.
“La morte mi è venuta in mente così spesso nel sonno. Stavamo sognando un inverno che non vedrai. Sei sempre nella mia mente”, canta in We Wait, ricordando la scomparsa in giovane età di un amico.

La sua voce vecchio stile, quasi sdolcinata, raggiunge la sua forma migliore su Dead Language, un brano malinconico che sembra perfetto per una colonna sonora.

Nites Out invece si discosta molto dal resto delle canzoni folk che compongono l’album. Qui suoni gotici accompagnano il senso di angoscia cantato da Tabish: “Siediti finché non regna la mattina. È la dissolvenza dell’ora, è una trappola”, fino ad arrivare a sfidare i propri demoni “esci adesso, liberami”.

In alcuni brani come Whose Gonna Love Us? le atmosfere sono forse eccessivamente ingombranti, anche per via dei richiami all’Oriente. Proprio gli strumenti presenti in questo disco, dalle campane tubolari al clarinetto, passando per corni e sassofono, danno l’idea della ricchezza di suoni che vi aspetta e del lavoro di ricerca e sperimentazione musicale che sta dietro a questo progetto.

In tanti, negli anni, hanno provato a catturare l’essenza dei panorami americani, da Walt Whitman a Bob Dylan, ma l’America è un paese che conserva ferocemente i propri segreti. Non posso dire che gli Other Lives ci siano riusciti, a carpire questo segreto, ma ci sono andati vicino, e il risultato delle loro fatiche è un disco pieno di bellezza.

Se state sognando di scappare, questo album vi aiuterà a farlo, anche se per soli 37 minuti.

a cura di
Daniela Fabbri

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Daniela Fabbri

Sono nata nella ridente Rèmne, Riviera Romagnola, nel 1985. Copywriter. Leggo e scrivo da sempre. Ho divorato enormi quantità di libri, ma non solo: buona forchetta, amo i racconti brevi, i viaggi lunghi, le cartoline, gli ideali e chi ci crede. Nutro un amore, profondo e viscerale, per la musica, in tutte le sue forme. Sono fermamente convinta che ogni momento della vita debba avere una colonna sonora. Potendo scegliere, vorrei che la mia esistenza fosse vissuta lentamente, come un blues, e invece sono sempre di corsa. Mi piacciono gli animali. Cani, gatti, procioni. Tutti.

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