#GentEmergente incontra GODOT.: “Con la mia musica dipingo immagini precise”

#GentEmergente incontra GODOT.: “Con la mia musica dipingo immagini precise”
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NB: GODOT. si scrive così: tutto maiuscolo e con il punto finale

Continua la rubrica #GentEmergente e continua lo spazio dedicato ai talenti nostrani. GODOT. è un giovane cantautore lombardo, da sempre affascinato dalla musica e soprattutto dai suoi testi. Un dettaglio che salta subito all’orecchio, ascoltando una manciata di suoi brani.
E si vede da come scrive: una persona attenta ai significati, qualcuno che ragiona sulla sintassi, che mette le parole giuste al posto giusto per comunicare senza tanti fronzoli. Già da questo piccolo particolare mi convinco che la sua musica non possa essere che precisa, lineare e decisamente interessante a livello testuale.
Non mi sbaglio.
Un cantautorato che sa un po’ di De Gregori, un po’ di Gazzè ma che ha la straordinaria capacità di trovare il proprio posto all’interno del panorama italiano attuale.

Scopriamo qualcosa di più.

Ciao GODOT.! Chi sei? Raccontaci un po’ di te
“Ciao Giovanna! Chi sono? Bella domanda! Sono GODOT., ho un’età compresa tra i 25 e i 27 anni e sono nato e cresciuto alle porte di Milano.
La C con la mano è da dove vengo anche io: Cinisello Balsamo. Però, a differenza di Sfera, faccio un genere musicale completamente diverso. Mi sono avvicinato alla musica in un modo forse un po’ poco convenzionale: all’età di 13/14 anni riscrivevo i testi delle canzoni più famose, quelle che conosco un po’ tutti insomma e ne facevo dei pezzi comici da cantare ai miei compagni di classe (in particolare ad una, Martina. Poveretta!). 
Poco a poco mi sono sempre più innamorato di quel genere di scrittura, quella liberissima eppure costretta da impedimenti strutturali come, ad esempio, la metrica. Sono sempre stato un gran chiacchierone, prolisso all’inverosimile, ma scrivere canzoni mi obbligava e mi obbliga tutt’ora a scegliere con cura, a dosare le mie parole. Così negli anni le mie “cover” sono diventati testi originali, che nel 2017 ho deciso poi di lasciar correr liberi anche fuori dalle quattro mura della mia stanzetta, dove la mia musica era sempre rimasta rinchiusa.”
 
Perché hai deciso di chiamarti Godot? (Con il punto finale!)
“Il punto finale me lo imponeva il nome stesso: GO-DOT (in inglese “vai”,”punto”). Intorno al nome GODOT circolano tantissime leggende, ma non ho voluto ascoltarle proprio tutte. Sono un grande appassionato di teatro e Samuel Beckett è il mio autore preferito. Inoltre amo le attese.
Mi piace tantissimo quello stato precario in cui si è consci che tutto sta per succedere, ma non succede ancora. Cercavo un nome che racchiudesse un po’ tutto, e GODOT mi sembrava perfetto. Il punto, poi, serve a mettere un limite preciso. Sono GODOT. e dentro quel nome vivo pacifico e sereno, fuori sono tante altre cose. Ma quelle, appunto, vanno oltre quel punto.”
 
Come nasce generalmente una tua canzone?
“C’è stato un tempo in cui nascevano canzoni quasi ogni giorno. Oggi non è più così. Una mia canzone nasce sicuramente senza preavviso, ma ho bisogno di alcune condizioni fondamentali perché la genesi possa essere completa!
Prima di tutto devo essere completamente solo e soprattutto consapevole del fatto che sarò solo per alcune ore. A quel punto ci sono due possibilità: o musica e testo nascono insieme, in un unico gesto per di più abbastanza rapido. Oppure impiego varie settimane, provo e riprovo le melodie, scrivo e riscrivo il testo. Ho sempre però ben in mente in punto cardine intorno a cui far girare tutto. Ad esempio: Controtempo è stata una canzone che ho impegnato varie settimane per scrivere. Però sapevo bene che volevo parlasse di un amore molto giovane, a tratti esagerato, puro. E volevo che questo amore confluisse poi nell’immagine del mare. Ecco, sì, spesso e volentieri scrivo con in mente delle immagini precise.”

GODOT. – Controtempo

A chi ti ispiri? Hai dei punti di riferimento musicali? (Oppure anche al di fuori della musica…)
“Io son cresciuto a “pane e De Gregori” e certamente devo dire che i miei ascolti influiscono molto sul mio modo di scrivere. Però, ecco, non mi paragonerei mai a cantautori come per l’appunto Francesco De Gregori o altri, che amo tantissimo, come Dalla, Gaetano, Tenco. Sono figlio del cantautorato italiano, di Battisti e Mogol, non ho precisi riferimenti musicali ma cerco di attingere da tutti e soprattutto cerco di imparare da loro.”  

Che cosa ne pensi della musica italiana odierna e soprattutto di questa corrente Indie-pop? È davvero tutto così Indie?
“Difficile dire cosa penso della corrette Indie-pop. Io, anche se uso sempre gli hashtag #musicaindie sotto le mie foto Instagram, non penso proprio di far quel che forse si può intendere per genere “indie”. Io faccio musica pop, spesso utilizzando anche rimandi musicali ormai ben fuori moda. Ho apprezzato però tantissimo il boom avuto da tutti questi nuovi e talentuosissimi giovani autori, che certamente sanno raccontare una realtà – la nostra – che spesso è ben lontana da quella delle solite ballad d’amore. Mi dispiace solo sentire però che gli arrangiamenti sono sempre più similissimi tra loro. Ora vanno tantissimo questi suoni anni ’80/’90, bello! Però alla lunga stufano, soprattutto se li senti praticamente in tutte le canzoni di artisti anche molto diversi tra loro.” 

Nel 2018 hai realizzato l’EP “Me ne vado a Londra”: ci sei andato poi? 🙂 Scherzi a parte, quali sono i tuoi progetti futuri? Ci saranno differenze stilistiche nel nuovo disco?
“L’EP ME NE VADO A LONDRA nasce ufficialmente nel 2017 e per un po’ è circolato solo nella sua forma fisica. Dal 2018 è online su tutte le piattaforme musicali. Il titolo deriva dalla canzone che ha dato il la alla mia voglia di cimentarmi con un disco vero e proprio, ossia Londra. 
Londra è una città che amo molto, ci sarò stato sì e no una dozzina di volte, non mi stanca mai. Il progetto a cui sto lavorando ora, che è un album di 9 tracce – due già pubblicate – è sicuramente più maturo. C’è stato più lavoro dietro, una maggiore consapevolezza mia e della squadra con cui lavoro delle mie possibilità e dei miei limiti. Abbiamo voluto sperimentare, strizzare l’occhio a generi diversi.
Devo ammettere che devo tantissimo a Simone Pirovano e Lorenzo Caperchi, che sono le persone con cui ho lavorato al mio EP prima, ed ora a questo album. Sono due ragazzi a cui guardo con tanta ammirazione, non sarei certamente qui se non fosse per loro e per i loro consigli.”

GODOT. – Come ciliegie

Siccome ci chiamiamo “The Soundcheck”, ti chiedo: che cosa non deve proprio mancare al soundcheck prima di un live? Hai qualche rito scaramantico?
“Odio i soundcheck. So che son necessari, ma che vergogna! Quando salgo sul palco come GODOT. porto certamente tanto di me, ma porto anche un personaggio che in qualche modo mi protegge. Nei soundcheck invece sei “nudo”. Son sempre lì che penso “oddio ma se al fonico non piaccio? Gli rovinerò la serata!”Il mio rito scaramantico è il soundcheck più schivo del mondo, però poi sul palco è una festa!”

A cura di
Giovanna Vittoria Ghiglione

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Giovanna Vittoria Ghiglione

Giovanna, classe 1992, è un’instancabile penna incallita. Per lei, le cose importanti passano tra inchiostro e carta: tutto il resto è noia. Impulsiva come Malgioglio davanti a un negozio di pashmine floreali, ha sempre trovato nella scrittura il rimedio più efficace contro gli errori della vita: scrivere significa pensare e pensare – purtroppo – non è da tutti. La musica ha sempre giocato un ruolo primario nella sua vita e scriverne è diventato presto un obiettivo da raggiungere. E se è vero che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace, a lei non piace proprio tutto: è passata, negli anni, da grandi classici della scena Pop dell’adolescenza, al Rock degli anni ‘90, fino all’Hip Hop – che sin da bambina ha amato grazie alla danza. Autentica sostenitrice della morte dell’Indie, oggi non ha un genere preferito nonostante le statistiche di Spotify evidenzino una grande tendenza Pop.

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