Un Reporter in Valigia approda su The Soundcheck

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Mirco Paganelli alias ‘Un reporter in valigia‘ si occupa di giornalismo già da diversi anni. Passando dal giornalismo scritto alla TV e di fatto diventando un punto di riferimento per l’Emilia Romagna (chi di voi non ha visto le sue rassegne stampa su Teleromagna?)Mirco ora propone interessanti e divertenti video divulgativi sui Paesi che visita.

La nostra redazione segue le avventure di Mirco dal principio, dal 2018. Abbiamo quindi chiesto a ‘Un reporter in valigia’ di poter condividere le sue avventure sulle nostre pagine poiché il carattere educativo e storico di questi video, proposto con un format ironico e divertente e arricchito da un montaggio ritmico, fanno di questi video un prodotto di grande qualità.

Come testata giornalistica non possiamo che essere orgogliosi di dedicare a ‘Un reporter in valigia’ una rubrica settimanale che uscirà tutti i giovedì.

Per presentarvi meglio Mirco Paganelli abbiamo deciso di fargli qualche domanda per voi. In fondo all’intervista potrete trovare il Promo di quello che vi aspetterà.

Buona lettura e buona visione!

Com’è nata l’idea di ‘Un reporter in valigia’?

È nata per caso nel 2018 in Galizia, una regione della Spagna che in molti non sanno nemmeno dov’è, e il fatto che fosse così poco conosciuta e allo stesso tempo meravigliosa è stata la molla. Volevo realizzare un video divulgativo, ma non avevo ancora partorito il progetto di una web serie di viaggi. E così ho intervistato la gente del posto, studiato la storia, l’architettura, esplorato città e paesaggi naturali. Non avendo ancora all’epoca un pubblico di riferimento, ho messo insieme quello che piaceva a me e a quanto pare è piaciuto molto a tanta altra gente. Il video aveva raggiunto presto qualche migliaio di visualizzazioni e allora ho pensato, perché non fare lo stesso per ogni viaggio?

Come ti trovi a viaggiare da solo?

Da dio. Sono sempre stato indipendente e non mi ha mai spaventato l’idea di passare qualche giorno da solo, anzi. Penso sia terapeutico staccare di tanto in tanto da tutto e da tutti. Dovrebbero renderlo obbligatorio dopo i 18 anni [sorride, ndr]. Quando stavo in Canada era diffusissimo tra i giovani diplomati l’anno sabbatico in cui si viaggia per capire cosa si vuole dalla vita. Non dico un anno intero, ma almeno un paio di settimane sono da provare. Tengo poi a precisare una cosa…

Che cosa?

Che si parte da soli, ma che si finisce sempre in compagnia, perché quando si è soli si finisce per conoscere un mucchio di gente del posto e altri viaggiatori, ed è proprio questo il bello.

Molti si fanno problemi per la lingua…

Non deve spaventare affatto. Io parlo bene l’inglese e so qualcosa di spagnolo. Questo, è vero, aiuta, ma mi sono trovato spesso ‘lost in translation’ e non è mai stato un problema. Oggi poi le app aiutano molto e in ogni caso è sempre divertente contare sul caro e vecchio gesticolare. Facendo queste esperienze, buttandoci fuori dalla nostra comfort-zone, ci si rende poi conto di quanto siamo forti, molto più di quello che pensavamo. E quindi viaggiare da soli aumenta l’autostima.

Quale altro valore aggiunto all’esperienza offre il viaggiare soli?

Partire da soli dà l’opportunità di vivere quotidianamente molteplici sorprese. Mi spiego. Quando si è soli si ha lo sguardo rivolto costantemente verso l’esterno, mentre il gruppo rappresenta spesso un argine, perché costringere a passare la maggior parte del tempo con i propri compagni e a parlare con le stesse persone. Non fraintendetemi, è bello viaggiare con gli amici, uno dei viaggi più belli della mia vita l’ho fatto con un’amica. Però da soli, secondo me, si scoprono molte più cose.

E che significato ha questo per te?

Un significato rigenerante. Quante volte la nostra routine, condita dalle solite facce, ci annoia? Dio! Al mondo non c’è nulla di peggio della noia. Se contiamo i giorni dell’anno, scommetto che sono di più quelli in cui vorremmo essere altrove ed essere stupiti. Viaggiare da soli costringe a comunicare con le persone e questo rappresenta il modo migliore per immergersi nella cultura locale. A tal proposito, posso raccontare un aneddoto?

Certo!

Era mattina, mi trovavo in un villaggio della Transilvania e fotografavo delle case contadine molto pittoresche. Una signora con le braccia piene di pomodori sbuca fuori dal nulla, mi vede sulla strada da solo e mi invita dentro casa per farmi fotografare i suoi ambienti. Finisce per mostrarmi le foto di famiglia e mi racconta, per quello che riesco a capire, la storia della sua vita. Voleva persino preparami il pranzo, ma dovevo proseguire il mio viaggio. È stata un’improvvisata tenera e divertente. Ecco, se quel giorno fossi stato sul ciglio della strada con una comitiva di persone, probabilmente non sarei mai stato invitato dalla signora dei pomodori.

E riguardo alla musica, c’è stato un paese che ti ha colpito maggiormente a livello di melodie e di folklore?

Una cosa che faccio in tutti i viaggi è ricercare la musica locale e fermarmi ad ascoltare i musicisti di strada. Sono impazzito per le cornamuse galiziane e per i violini gitani. A proposito di violini, avrei un altro aneddoto, se posso.

Prego!

Era notte e mi trovavo in una città medievale della Romania, precisamente quella che ha dato i natali a Dracula, ma questo poco importa. In un vicolo buio, all’ombra della torre dell’orologio, suonava un violinista rumeno bravissimo, ma non passava nessuno. Mi ha sorriso e mi sono fermato a parlargli. Siamo andati avanti per un’ora. Aveva passato molto tempo a Parigi ed era un pozzo di storie. Era una persona molto accogliente. Ha voluto che registrassi tutto il suo repertorio, come se desiderasse che ne rimanesse traccia. Quella sera ha suonato per me ed è stato bellissimo. Anche in questo caso, se fossi stato con amici probabilmente l’avremmo guardato e saremmo andati oltre.

Molto spesso si parte con dei preconcetti verso un Paese. C’è qualcosa sul quale sei stato smentito durante un viaggio?

Ora che mi ci fai pensare, il viaggio è una continua smentita delle idee che abbiamo degli altri popoli. Almeno così è per me che mi lascio smentire molto volentieri, considerato poi che scelgo posti di cui ho poca o quasi nessuna conoscenza. Prima di visitare la Grande pianura ungherese o il deserto del Wadi Rum non sapevo cosa aspettarmi. In ogni posto mi ha sempre colpito la qualità della vita che ogni comunità si ricrea. Noi occidentali siamo tuttora affetti dal morbo dei conquistadores che credono che a sud e ad est siano tutti più incivili, quando invece ci sono luoghi molto più attraenti e innovativi di alcune nostre celebri mete turistiche. E non è un caso se richiamano viaggiatori internazionali, colti e benestanti, che da noi vengono meno.

Quanto ha influenzato il tuo progetto l’essere un giornalista?

Molto. Non a caso ho scelto di mettere la parola reporter nel titolo, ovvero colui che riporta un fatto. Con ‘Un reporter in valigia’ racconto i luoghi con la curiosità di chi cerca ciò che è fuori dal comune. Poi aggiungo contenuti culturali e altri più divertiti, ma il tutto è accomunato dall’intenzione di fare emergere qualcosa di inedito.

Qual è la cosa che porti con te durante i tuoi viaggi e alla quale non rinunceresti mai?

Il gel disinfettante, perché va bene la natura selvaggia, ma tengo molto all’igiene. E poi si eliminano così virus e batteri che possono rovinare la vacanza.

Qual è la prima cosa che fai quando arrivi in un paese?

Apro la mappa e mi chiedo, da dove comincio? Nei miei viaggi infatti non traccio mai un itinerario preciso. Studio moltissimo il luogo prima di partire, ma solo una volta lì scelgo dove fermarmi a dormire, cambiando città ogni notte, in base a cosa mi colpisce di giorno.

Che consiglio daresti a una persona che vuole provare a viaggiare in solitaria?

Se non è abituato, consiglio di fare molta attenzione perché rischia di divertirsi. Viaggiare da soli causa assuefazione.

Secondo te è una cosa per tutti, viaggiare da soli?

A volte me lo chiedo. Forse c’è qualcuno che non è geneticamente fatto per partire da solo, ma voglio credere che sia l’eccezione. Dopotutto la storia dell’uomo è una storia di migrazioni e di scambi. Gli italiani in particolare hanno fatto la storia della navigazione e del commercio. Abbiamo il viaggio nel dna. Voglio credere che ci siano molti più Marco Polo che hikikomori fra di noi. Basta solo la spinta iniziale e poi è fatta. Credetemi.

Per voi ecco un assaggio del viaggio che faremo settimana per settimana con Mirco Paganelli.

Potete seguire le avventure di Mirco anche sui suoi canali Facebook e Instagram

a cura di

Sara Alice Ceccarelli

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Sara Alice Ceccarelli

Giornalista iscritta all’ODG Emilia Romagna si laurea in Lettere e Comunicazione e successivamente in Giornalismo e Cultura editoriale presso l’Università di Parma. Nel 2017 consegue poi un Master in Organizzazione e Promozione Eventi Culturali presso l’Università di Bologna e consegue un attestato di Alta Formazione in Social Media Management presso l'Università di Parma. Ama il giallo e il viola, possibilmente assieme e vive in simbiosi con il coinquilino Aurelio (un micetto nero). La sua religione è Star Wars. Che la forza sia con voi.

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