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La vegetariana è uno dei romanzi più chiacchierati dell’autrice sudcoreana Han Kang. Ho rimandato la lettura per mesi, ma una volta iniziato l’ho letteralmente divorato.

Han Kang, nonostante abbia iniziato la sua carriera nel 1993 come poetessa, negli anni ha scritto principalmente romanzi e racconti. Nelle sue opere analizza i traumi storici e i fili invisibili che li legano l’un l’altro,  approfondendo ed esponendo la fragilità della vita umana.

Lo fa in modo sperimentale e rigoroso, innovando totalmente la prosa contemporanea. Non a caso la motivazione per il premio Nobel per la letteratura, vinto nel 2024, è stata:

for her intense poetic prose that confronts historical traumas and exposes the fragility of human life.

Han Kang, fonte: the nobel prize
I tre atti de La vegetariana

La vegetariana, seppur breve, è diviso in tre parti caratterizzate da tre punti di vista differenti. Il filo conduttore della storia è la scelta, conseguente ad un sogno che la lascia sconvolta, di Yeong-hye di non mangiare e cucinare, né per sé né per il marito, carne. Le tre sezioni, infatti, nonostante il cambio di voce narrante continuano a guardare e parlare di lei – a cui invece non viene mai data voce.

La prima parte è raccontata dal punto di vista del marito, che è il primo a doversi confrontare con questa “nuova versione” della moglie e si ritrova incapace di accettarla. Il secondo è quello del cognato. Da artista in qualche modo si rivede nelle azioni della donna, ma il suo sguardo è sempre più annebbiato dal desiderio sessuale. L’ultimo è quello della sorella. Nonostante si accanisca per tenerla in vita, empatizza e comprende a pieno la volontà di Yeong-hye di sparire.

Quello che emerge, pagina dopo pagina, è che le azioni che inizialmente appaiono come una critica ambientalista aprono pian piano la strada ad un racconto di violenza, dove il corpo femminile è un campo di battaglia.

Attraverso sogni e ricordi riviviamo l’infanzia della protagonista, caratterizzata dagli abusi del padre violento. Questo schema ben interiorizzato la porta a diventare una moglie mansueta e quasi invisibile, pronta ad adeguarsi alle necessità del marito.

Rompere gli schemi

Se l’atto di mangiare carne è quindi la norma, decidere di smettere simboleggia scegliere la propria libertà. Rompere gli schemi imposti dall’ambiente e dalla società e tornare all’origine – diventare un albero e affondare le radici nel proprio terreno.

La semplice scelta di Yeong-hye viene infatti definita dalla famiglia irriverente e scandalosa. Il padre cerca di costringerla fisicamente ad ingerire carne e il marito arriva a chiedere il divorzio perché si vergogna di lei; di questa nuova versione della moglie che non è più disposta a conformarsi.

Nel descrivere la complessità dei rapporti e le reazioni, in una società stretta da regole intransigenti, Han Kang porta al lettore anche una critica del sistema patriarcale coreano. Le sue protagoniste sono infatti donne abusate, emarginate e colpevolizzate per aver scelto della proprio vita e che vedono nella morte e nel riposo un barlume di riscatto.

La scrittura di Han Kang è netta e cruda, e la cosa più sconvolgente è la sua capacità di affrontare e farci percepire il peso di questi temi senza mai parlarne in modo esplicito ma arrivando sempre a disgustare e sdegnare il lettore.

a cura di
Andrea Romeo

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