Tendaberry – la recensione di uno spaccato di vita americano!

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“Tendaberry” è una pellicola del 2024, opera prima della regista Haley Elizabeth Anderson con protagonista la giovane Kota Johan. Presentato per la prima volta al Sundance Film Festival dello scorso anno, il film sbarca in esclusiva sulla piattaforma MUBI.

Tendaberry, opera prima di Haley Elizabeth Anderson si pone un compito ben preciso: mostrare con sincerità e senza spettacolarizzazione come possa essere la vita di periferia di una giovane ragazza newyorkese in questi ultimi anni. Un’esistenza piena di difficoltà, situazioni al limite del sopportabile e brutalmente condizionata da fattori esterni.

Trama

Il film è diviso in quattro parti, ognuna riguardante una stagione dell’anno. Dakota è una giovane ragazza emigrata da diversi anni a Coney Island, quartiere periferico di New York. Lavora in un mini-market e, per cercare di guadagnare qualche soldo in più, canta nelle metropolitane in cambio di qualche offerta.

Convive con il suo fidanzato Yuri, di origine ucraina, ma la sua vita precipiterà quando quest’ultimo tornerà nel suo paese per assistere il padre malato, senza far mai più ritorno a causa dell’improvvisa invasione russa. Dakota si ritroverà sola, in balia di se stessa e con una gravidanza inaspettata da dover affrontare.

Uno spaccato di vita americano

Come preannunciato, Tendaberry mostra un anno di vita di una persona qualunque, senza romanzare nulla. Dakota è un personaggio che, eccetto il canto, non ha obbiettivi o capacità fuori dal comune: vive alla giornata in modo precario, ha un brutto rapporto con la madre e si concentra unicamente sulla sua storia con Yuri.

La prima metà del film parla principalmente della loro storia d’amore. Un rapporto puro, genuino e affiatato che verrà però spezzato da un fattore esterno come la guerra di Ucraina. Da lì si assisterà ad un tracollo depressivo e ad una vera e propria accettazione del lutto da parte di Dakota, la quale si muove in una Coney Island tanto grande quanto alienante per le persone che la abitano.

L’altro protagonista del film

Coney Island non è solamente il luogo dove si svolge la vicenda, ma è anche protagonista a tutti gli effetti della pellicola. Le quattro parti del film sono intervallate da filmati d’epoca e aneddoti sulla storia del quartiere newyorkese, come per esempio il disastroso incendio del 1932 che devastò il parco divertimenti.

La regista racconta Coney Island utilizzando anche i video che fece Nelson Sullivan dal 82 fino alla sua morte. Il film omaggia in modo spudorato questo eccentrico personaggio, che anticipò l’era di Internet e dei video blog e di cui si possono trovare alcuni filmati su YouTube. L’intera sua opera è conservata alla Fales Library & Special Collections della New York University.

Pregi e difetti del film

A livello tecnico, visivo e artistico Tendaberry è il “tipico” film autoriale di stampo indie degli ultimi anni. Belle riprese, in questo caso alternate tra il Super 8 e il digitale. Assenza quasi totale della colonna sonora, con lunghi silenzi anche da parte dei personaggi durante le varie sequenze, presentando inoltre un forte stampo documentaristico grazie ai video d’archivio. Si tratta di un prodotto ben confezionato e di alto livello per un’opera prima, a cui però manca originalità e un suo personale mordente.

Il film è eccessivamente minimale nel raccontare la sua storia: a causa di ciò, lo spettatore segue la vicenda in modo esterno, senza sentirsi coinvolto o emotivamente colpito neanche nelle scene più forti. Si ha la forte sensazione di star assistendo alla visione di un validissimo prodotto che si presenta, però, in modo artificioso, sia nella regia che nei monologhi della sua protagonista. La pellicola soffre inoltre di un’eccessiva durata: due ore sono troppe per il tipo di storia raccontata e, se fosse stato velocizzato, in certe sequenze ne avrebbe sicuramente beneficiato.

Il duro confronto con altre opere

Di storie di giovani ragazzi della periferia americana se ne sono raccontate un’infinità: da Larry Clark con il suo Kids ad Harmony Korine con Gummo, fino ad arrivare a Sean Baker con il recentissimo Anora. Tendaberry è figlio di queste opere, ma non ne ha ereditato lo spirito.

Paragonandolo soprattutto a Gummo, che all’epoca fu l’opera di debutto di un giovanissimo Korine (che lavorò prima anche con Clark in Kids), si nota una fortissima mancanza di uno stampo registico e di un’identità artistica personale da parte della regista Haley Elizabeth Anderson, che sembra ispirarsi fin troppo a queste opere e soprattutto a quella autorialità che il cinema indie presenta in questi anni.

In conclusione

Tendaberry è senza ombra di dubbio un prodotto valido, assolutamente meritevole di una visione. Un buon film, con riflessioni profonde sulla vita e sul nostro ruolo all’interno del mondo. Un maggior approfondimento nella caratterizzazione di Dakota e una scelta stilistica meno distaccata e documentaristica avrebbe permesso al film di essere emotivamente più coinvolgente.

Nonostante ciò, per essere un’opera prima il film è assolutamente sopra la media e si spera che ciò aiuterà Haley Elizabeth Anderson ancor di più nella sua crescita come artista cinematografica.

a cura di
Andrea Rizzuto

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