Pamela Moore muore il 7 giugno 1964, non ancora ventisettenne. Il marito è uscito, il bimbo di nove mesi dorme nella stanza accanto e lei decide di imbracciare un fucile e spararsi in bocca. Sembra l’incipit di un romanzo, invece non è altro che l’ultimo gesto di una scrittrice che, a soli diciotto anni, ha sconvolto l’America.
Moore nasce a New York nel 1937 e vive a Hollywood, dove studia e recita in piccole compagnie teatrali, nel 1956 esordisce con Cioccolata a colazione diventando celebre in tutto il mondo.

Cioccolata a colazione
Anna Banti descrive la generazione raccontata in Cioccolata a colazione come una che:
Sa troppe cose, ha letto Freud, è convinta di recitare una tragedia che i padri e le madri americani le hanno preparato, e neppure li odia sul serio, questi artefici di errori, ma quasi li compatisce e li assolve.
La racconta attraverso gli occhi e i pensieri di due ragazze, che frequentano lo stesso collegio. Una figlia di una attrice in declino e l’altra di un self made man alcolizzato; sono accomunate dal desiderio di liberazione e giustificazione della propria vita.
Courtney, la protagonista, e Janet, la sua compagna di stanza, frequentano Scaisbrooke Hall in Connecticut. La scuola privata le costringe in un rigido ambiente scolastico, estremamente lontano dalla vita dissoluta che vorrebbero e a cui credono di essere destinate dalla loro storia famigliare.
Courtney cresce consapevole di essere un peso per la madre, in un ambiente in cui i suoi bisogni non sono quindi una priorità e la comunicazione non è alla base dei rapporti si rifugia in cocktail e champagne, giocando e finendo per diventare troppo adulta.
Ma lei e Janet, in questo bozzolo completamente distaccato dalla realtà che le porta a vivere distanti dalla loro età, insieme parlano di sesso, di piacere femminile, di uomini e prime esperienze. E ne parlano in un’America puritana e perbenista.
A Janet, Courtney dichiara: “Voglio essere sofisticata e avere una vita sofisticata e amare in modo sublime“. Ed in questa libertà sessuale che appartiene alle due che Pamela Moore si rivela geniale. Perché finalmente appare il racconto realistico dell’adolescenza. Dove si discute di omosessualità, ma anche di depressione, dipendenze da fumo e alcool, vite dissolute e fallimenti.
La storia editoriale
Ed è questo che fa discutere, perché la scrittrice non si limita nella descrizione del suo racconto. Nell’edizione originale americana vengono infatti tagliate tre scene, ritenute troppo erotiche e scabrose, presenti invece in quella italiana.
Italia che, nel 1960, porta Alberto Mondadori e l’omonima casa editrice in tribunale, per una presunta violazione dell’articolo 528 del codice penale, oltraggio al comune senso del pudore. La sentenza che assolve Cioccolata a colazione arriva solo il 26 ottobre del ’64, a quattro anni dal sequestro del libro e quattro dal suicidio di Pamela Moore.
L’eredità
Nonostante l’impegno nel vivere una vita dissoluta e autodistruttiva Courtney non perde mai la “speranza della speranza e dell’incanto“.
Quello che ci rende così vicina la protagonista è la modernità di questo romanzo di formazione. Siamo nell’America degli anni ’50, ma chiudendo gli occhi non è difficile condividere i suoi dolori, i suoi desideri e le sue lotte.
Moore riporta sulle pagine “quel misterioso intreccio di desiderio e paura” in cui ogni ragazza può riconoscersi. Nella trama del racconto, a tratti biografica, congela a sua volta un momento di transizione così condiviso da rendere Cioccolata a colazione immortale.
a cura di
Andrea Romeo
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