“Non Riattaccare” – in proiezione al Noir In Festival – 3 Dicembre 2024 – Iulm, Sala dei 146, Milano
Abbiamo partecipato alla proiezione di “Non Riattaccare”, il film di Manfredi Lucibello presente al Noir In Festival martedì 3 dicembre. Ecco la nostra recensione!
Altro film al Noir In festival, a Milano: questa volta si tratta di Non riattaccare, in lizza per il Premio Caligaris. Una pellicola del 2024, diretta da Manfredi Lucibello ed ispirata all’omonimo romanzo di Alessandra Montrucchio.
“L’incipit del romanzo di Alessandra Montrucchio, da cui è liberamente tratto il film, mi ha folgorato.
In quelle pagine ho visto l’occasione per portare avanti il mio personale discorso sul noir, realizzando un film essenziale (inteso come qualcosa di cui non si può fare a meno) a partire dai suoi elementi: una persona, una voce e un’automobile.
Ci ho letto anche un’altra opportunità: nel romanzo i protagonisti non hanno un nome ed un passato. Io li ho cercati, rovistando nelle mie esperienze, nelle emozioni e nelle mie paure. Così sono nati Irene e Pietro.”
Lucibello
Non Riattaccare è un imperativo e al tempo stesso una preghiera, aspetto di cui, nel corso della visione, si può comprendere il motivo.
La pellicola si compone di tre concetti chiave (notte, quarantena ed una relazione che non c’è più, ma riprende vita) e di tre unità (luogo/auto, tempo/tempo reale, mezzo/telefono).
Andiamo ad analizzarli.
È il 28 marzo 2020 e siamo in piena Pandemia Covid 19.
Sono le 04:30 di notte quando Irene (Barbara Ronchi) riceve una telefonata da Pietro (Claudio Santamaria), l’ex compagno lasciato sei mesi prima che non sente da mesi.
La donna tentenna ma alla fine risponde al telefono.
Pietro appare fuori di sé e le sue parole confuse lasciano presagire un atto disperato.
Così Irene si prepara in fretta e furia, prende in prestito l’auto del suo attuale “amico con benefit” e parte, in viaggio in una città spettrale mentre gli spostamenti sono vietati se non con comprovata autocertificazione.
C’è una sola regola tra Irene e Pietro: non riattaccare mai il telefono.
In questa corsa contro il tempo, la donna rischia il tutto per tutto e dovrà affrontare vari imprevisti che accresceranno il pathos, l’ansia e la tensione dello spettatore.
Il film si svolge quasi interamente in auto, ad occhio e croce in un paio di ore.
Non ci sono ellissi o salti temporali.
Non ci sono soste.
Siamo sempre con Irene, che è presente dalla prima all’ultima inquadratura.
Due attori, un solo corpo in scena.
Vediamo Barbara Ronchi, col suo volto stanco e disperato, e percepiamo la frustrazione nella voce di Claudio Santamaria, dall’altra parte del telefono. Un attore “nascosto”, la cui interpretazione è un regalo per le orecchie.
Se il corpo in scena è quello della Ronchi, Claudio Santamaria è solo una voce nella notte di cui progressivamente ricostruiremo la storia dietro.
Entrambi superano a pieni voti le loro abilità recitative e non nascondo che le lacrime di Irene siano a volte toccanti e facciano commuovere davvero.
La scelta delle inquadrature e del metodo di ripresa aumentano ancora di più il senso di tensione e disagio suscitato dal film.
Primi piani strettissimi, inquadrature storte e vacillanti, che accentuano l’instabilità emotiva dei due protagonisti.
Un sacco di flair, bokeh e rifrazioni di luce e riflessi rendono le sequenze ancora più veritiere e ci sembra di essere una piccola mosca sul parabrezza dell’auto che assiste a tutta la scena.
La colonna sonora è affidata a Motta, che con la collaborazione di Roberta D’Angelo (Music Editor), Diego Berré (montatore) e il regista ha creato qualcosa di unico e caratteristico.
In sostanza, un road movie e coup-de-fil di buon livello e, nonostante io sia un po’ scettica nei confronti dei film italiani, questo l’ho promosso a pieni voti.
a cura di
Emanuela Giurano
Seguici anche su Instagram!