“Vivere!”, il valore della vita raccontato da Yu Hua

“Vivere!”, il valore della vita raccontato da Yu Hua
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Considerato dalla critica cinese come il romanzo chiave di Yu Hua, Vivere! è l’opera che ha consacrato lo scrittore come uno dei più importanti autori cinesi contemporanei. Vincitore nel 2012 del Premio Grinzane Cavour e Premio Giuseppe Acerbi grazie a Vivere!, Yu Hua abbandona le tematiche cruente proposte in passato, per raccontare la dura vita della gente comune da spettatore

Vivere! (活着) è il romanzo manifesto della nuova corrente che trovò terreno fertile nel panorama letterario cinese della fine del Novecento: il Neorealismo. L’introduzione di nuove tecniche narrative più espressive ha mutato non solo il modo in cui gli autori sceglievano di scrivere i propri racconti, ma anche le tematiche proposte. Nella Cina di fine anni Ottanta, si percepiva la necessità di confrontarsi direttamente con la nuova realtà dell’epoca delle Riforme che ha rivoluzionato completamente lo stile di vita cinese.

L’attenzione di Yu Hua si concentra sul cercar di rappresentare al meglio il senso della vita in continua evoluzione attraverso le storie popolari di famiglie qualsiasi. L’opera è narrata sia in prima che in terza persona con il narratore che si limita a raccontare al lettore le vicende di un contadino alle prese con la sua dura vita. Esponendo i fatti senza alterare nulla e rimanendo a debita distanza, l’autore, mediante la penna del narratore, enfatizza la necessità di sopravvivere nonostante le sofferenze che la vita può riservare.

Ho deciso di scrivere questo romanzo per descrivere la capacità dell’uomo di essere ottimista nei confronti del mondo. Durante la stesura ho capito che gli uomini vivono per la vita in sé e per null’altro al di fuori di questa. Sento di aver scritto un’opera nobile“.

La vita di stenti di un contadino ordinario

In Vivere!, Yu Hua si avvale della tecnica della retrospezione per iniziare il racconto. Dopo più di dieci anni che il narratore si era recato nelle campagne a raccogliere spunti per la stesura di ballate popolari, sente improvvisamente l’irrefrenabile voglia di raccontare la turbolenta storia di un anziano contadino conosciuto a quei tempi. Il vecchio agricoltore si chiamava Fugui e mostrava con certo orgoglio il bufalo che lo seguiva ad ogni passo. Desideroso di conversare con qualcuno, Fugui si confessò al narratore parlando della sua strana vicenda famigliare e del perché era considerato da tutti la pecora nera della famiglia Xu.

Figlio di un ricco proprietario terriero, Fugui conobbe l’egoismo fin da giovane sperperando tutte le proprietà della famiglia nel gioco d’azzardo. Dopo il tracollo finanziario, Fugui riuscì ad ottenere un piccolo appezzamento di terra e a diventare contadino insieme alla moglie e ai figli piccoli. Il repentino cambio di vita sarà l’inizio della rovina di Fugui costretto a faticare nei campi nella miseria e umiliazione. Dopo la malattia della madre, Fugui ritornò in città dove venne reclutato involontariamente nell’esercito del partito nazionalista.

Fame, senso di impotenza, carestia, povertà ma anche lotta alla sopravvivenza saranno il fulcro della faticosa vita di Fugui e dei suoi cari, fino ad una serie di lutti drammatici che stermineranno improvvisamente la famiglia. Nel momento più acuto di dolore, il vecchio contadino giungerà a capire la vera essenza delle cose e l’autenticità dell’amore che ricevette dai suoi affetti approdando alla consapevolezza che in fondo la vita merita di essere vissuta.

Foto in bianco e nero: Contadini cinesi, fonte: Sebastiano Isaia
La storia di una famiglia comune per narrare la Grande Storia

Vivere! ripercorre fedelmente la storia tragica di Fugui e della sua famiglia andando ad intrecciarla con la Grande Storia dagli anni Venti in poi. Con incredibile maestria, Yu Hua riesce a creare una panoramica accurata dei principali avvenimenti storici della Cina dei primi del Novecento, e di alcune tradizioni cinesi perse nel tempo. Una delle usanze citate nel libro è la fasciatura dei piedi delle figlie femmine. Nelle famiglie benestanti, le bambine erano sottoposte a dei bendaggi dolorosi dei piedi in modo da impedirne la crescita e farli rimanere piccoli seppur deformi.

I piedi minuti erano considerati, oltre che esteticamente bellissimi, anche sinonimo di ricchezza e benessere visto che la futura donna non sarebbe più riuscita a camminare agilmente e quindi a non lavorare. L’arruolamento forzato di Fugui nell’esercito nazionalista e il reclutamento, avvenuto successivamente, nell’esercito della Liberazione introducono al lettore il momento storico travagliato della Cina degli anni Venti e Trenta.

Della presa al potere del Partito Comunista Cinese si sottolinea il grande movimento della collettivizzazione, a cui Fugui dovrà cedere il piccolo appezzamento di terra da lui duramente arato. Del Grande Balzo in Avanti si enfatizza solamente la creazione di mense comuni e la raccolta di tutte le pentole disponibili per accumulare acciaio sufficiente a forgiare munizioni nuove per un possibile scontro bellico con l’esercito nazionalista di Taiwan. Un periodo storico di estrema povertà che costringerà molti a combinare matrimoni per le figlie femmine o a donare il proprio sangue alle casate più abbienti come è successo alla famiglia di Fugui.

La necessità di mantenersi in vita

L’abilità di descrivere tutta la brutalità della vita umana in chiave leggera, a tratti ironica, è una delle caratteristiche di Yu Hua che lo rendono così apprezzato dai suoi lettori. Il suo stile così lineare e costante nella narrazione lascia il tempo necessario a riuscire ad empatizzare con le sventure del protagonista, nonostante la sua gioventù scellerata.

In Vivere!, Fugui evolve. Da giovane prepotente ed egoista, diventa un uomo devoto all’inscindibilità dei legami famigliari accettando le sue fragilità. La rappresentazione degli stenti della fame e dello stato di completo abbandono da parte dell’esercito nazionalista si macchia di un realismo al limite della civiltà, e il fervore patriottico lascia spazio solo alla capacità del singolo di restare in vita.

Nonostante le disgrazie che affliggono Fugui, il romanzo non è classificabile come drammatico. Al contrario, Fugui spiega al narratore le vicende della sua triste vita con leggerezza e divertimento. L’unico affetto che gli era rimasto in vita era un vecchio bufalo salvato dal macello, soltanto questo gli bastava come buon motivo per continuare ad aprire gli occhi ogni mattina. La presa in custodia del bufalo, chiamato poi come lui, è una forma di riscatto per Fugui, che lascia al mondo un messaggio finale: qualsiasi sia il destino riservato per il futuro, la vita è sempre degna di essere vissuta.

Quanti nomi ha il bufalo? – Solo uno, si chiama Fugui.Ma poco fa hai detto un sacco di nomi. – Ah! – si mise a ridere tutto contento e mi fece cenno di avvicinarmi. Quando gli fui accanto, fece per aprir bocca, poi si fermò vedendo che il bufalo aveva alzato la testa. Lo sgridò: – Non spiare tu, giù la testa! Il bufalo obbedì, allora il vecchio mi sussurrò: Ho paura che si accorga che c’è solo lui ad arare, così chiamo tutti questi nomi in più per ingannarlo. Se sente che ci sono altri bufali ad arare il campo non fa storie e ci mette più impegno.”

a cura di
Elisa Manzini

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