Intervista ad Alessandro Betti ed Elia Castangia: “Scatola Nera” approda su Serially

Intervista ad Alessandro Betti ed Elia Castangia: “Scatola Nera” approda su Serially
Condividi su

In occasione dell’arrivo di “Scatola Nera” sulla piattaforma gratuita Serially, noi di The Soundcheck abbiamo avuto l’occasione di intervistare il protagonista della serie, Alessandro Betti, ed il regista, Elia Castangia. Le due stagioni sono disponibili sulla piattaforma gratuita a partire da oggi, giovedì 6 giugno.
Di seguito trovate l’intervista!

Ciao, Alessandro ed Elia. Sono Claudia Camarda, di “The Soundcheck”.
Voglio iniziare ringraziandovi per il tempo dedicatoci con questa intervista, in occasione dell’arrivo della vostra serie Scatola Nera sulla piattaforma Serially. Parto subito con una domanda riguardante le origini di tutto: com’è nato il progetto Scatola Nera?

Elia Castangia: Questo progetto è nato dalla follia di Roberto Bosatra, che ai tempi era il CEO di Bananas per Zelig. Roberto era il punto comune tra me e Ale, con cui avevamo già lavorato. Ed un giorno ha semplicemente detto: “Facciamo una serie. Io ho un casale, scrivete qualcosa che stia in esso”.

A quel punto io e Ale ci siamo trovati e abbiamo unito le cose che ci piacevano di più. Lui aveva questa pièce teatrale, poi utilizzata nella prima stagione.
Mentre io ho contribuito con tutto il “carico cervellotico” (la trama, gli intrecci, i segreti). Così abbiamo iniziato a scrivere, siamo partiti, siamo andati in questo casale e…

Alessandro Betti: … e abbiamo fatto danni. Abbiamo fatto la nostra.

Elia Castangia: Abbiamo fatto i danni, sì. Quindi [Scatola Nera] nasce da un’opportunità, come spesso accade in questo settore.Ha origine come serie indipendente – una condizione di stretti confini di budget, ma, al contempo, rappresentante anche una grande libertà per esplorare e per fare qualcosa di… non so se poco convenzionale – non so nemmeno cosa voglia dire convenzionale! Però di sicuro qualcosa di esplorativo!

Ci siamo posti delle domande e abbiamo giocato in modi diversi, in una stagione e nell’altra. Provavamo tanta curiosità e il desiderio di poter realizzare un prodotto creativamente libero. Io ho fatto tanta pubblicità e ho lavorato in televisione; anche Ale, comunque, ha i suoi copioni. Questa è stata un’opportunità di divertimento non di poco conto.

Alessandro Betti: Poi, appunto, l’indipendenza – pesata tutta sulle spalle di Roberto – ci ha dato la possibilità di scegliere il cast di attori con la massima libertà, rispetto al progetto stesso. 

Come avete detto, è una serie che vi ha lasciati molto liberi dal punto di vista della sperimentazione. Quali sono state, invece, le principali difficoltà nel realizzarla?

Alessandro Betti: Prima fra tutte, una difficoltà che ha vissuto tutto il mondo, visto che abbiamo girato nel 2020 in pieno periodo Covid. Proprio a metà ci siamo trovati con questo dramma e, non avendo una struttura gigantesca alle spalle, la risoluzione di alcuni problemi (come l’apertura e chiusura dei set) è pesata sulle esili, ma robuste spalle di Roberto. 

Elia Castangia: In quel periodo avevamo sette settimane per girare. Ne avevamo già fatte tre prima del blocco Covid e, nelle quattro successive, avremmo dovuto realizzare le scene dell’ospedale dove Luca è in rianimazione.

Avremmo dovuto girarle al Niguarda, con cui avevamo già preso i contatti e dove avevamo ristrutturato un’ala, facendo un investimento. Ma, ovviamente, al primo giorno di dichiarata pandemia il Niguarda ci ha riferito che avevano “bigger fish to fry”.

Al contempo, abbiamo pensato a cos’altro avrebbe comportato il Covid: la chiusura delle scuole. E, quindi, siamo andati in una scuola elementare del paesino vicino al casale, ricostruendo l’ospedale all’interno di essa. Insomma, da un lato ci siamo dovuti adattare, dall’altro ci sono state tante cose che abbiamo risolto con buon spirito.

Alessandro Betti: Ovviamente erano d’accordo! Non è che andavamo nei luoghi dove non c’era nessuno.

Elia Castangia: Abbiamo anche così dato una mano alle comunità locali che, in quel momento, erano in difficoltà. 

Alessandro Betti: Anche solo il fatto di poter riaprire un ristorante, con debite distanze, per far mangiare la troupe. Quanti eravamo, in quaranta?

Elia Castangia: Eravamo una bolla gigante. Siamo usciti dalla quarantena e, successivamente, abbiamo stabilito i metodi da seguire. Ti ricordi che c’era un percorso da fare? Non potevi andare in sala costumi passando dalla stessa strada che portava al set, per evitare contatti.

Alessandro Betti: In realtà, una volta tutti negativi e vivendo isolati in una comune lassù, non c’era possibilità di venire contagiati. 

Elia Castangia: Infatti, durante le quattro settimane successive non si è ammalato nessuno.

Per quanto riguarda il casting, è stato un processo semplice? Si è creata subito alchimia sul set? A maggior ragione durante un periodo complesso come il Covid.

Alessandro Betti: Beh, il cast è più o meno lo stesso tra la prima e la seconda stagione, tranne qualche aggiunta. Per la prima stagione abbiamo lavorato con le nostre conoscenze, ma non per una questione di favoritismo.
Ci siamo un po’ divisi: siccome io e Roberto conoscevamo attori più “vecchi” come me, ci siamo occupati di quella parte del cast. Elia, invece, ha portato la quota più giovane di ottimi attori.

Alessandro Betti: “Vecchi” da intendersi come appartenenti al mondo Zelig. Tutti loro nascono in teatro, quindi, quando prima parlavo di indipendenza, intendevo proprio la possibilità di proporre nomi senza essere legati a logiche di mercato.

Essendo un progetto artigianale, abbiamo potuto scegliere persone di cui fidarci. Soprattutto nella prima stagione, dove c’era una doppia lettura anche comedy e servivano persone che potessero reggere sia questa parte che quella drammatica. Ecco perché abbiamo scelto queste persone.
Invece per i giovani… Eli, erano persone con cui avevi già lavorato, giusto?

Elia Castangia: Sì, con Ilaria e Luca avevo fatto una sketchcom per Italia1. Avevo fatto alcui casting, li avevo trovati e mi erano sembrati molto interessanti. Marial è un contatto di una nostra amica e Monica l’aveva trovata Roberto.

Insomma, c’è stata questa unione con il gruppo “Zeligesco”, che è riuscito comunque a rendere anche la mia parte drammatica. Le prestazioni di Antonio, Marta, del mio adorato Enzo – che poi ha avuto anche un bel percorso nella fiction generale italiana, di cui siamo tutti molto contenti – sono state tutte molto buone. C’era, quindi, un gruppo di lavoro affiatato, con questo desiderio di creare qualcosa di un po’ particolare.

Alessandro Betti: Di personale.

Avete avuto fonti d’ispirazione particolari durante stesura della serie?

Elia Castangia: Quello che sto per dire è da prendere molto con le pinze, perché i riferimenti sono sempre alti.

C’è un tema Lost, legato all’uso dei piani alternativi temporali, cioè i vari flashback. Mentre, invece, nella seconda stagione, è presente un riferimento a Rashomon, cioè l’idea di raccontare una storia da otto punti di vista diversi. Era da quando studiavo al DAMS a Bologna che volevo realizzare una cosa del genere, quindi mi è sembrato un sogno.

La prima stagione racconta di otto attori che si chiudono in un casale per mettere in scena uno spettacolo. Ciò viene narrato attraverso i flashback, mentre, in tempo reale, viene mostrato lo spettacolo posto in scena.
La seconda parte dal finale della prima, in cui, a causa di tutti i segreti celati dietro, era scappato il morto. Si erano create, dunque, le circostanze per cui venisse commesso un omicidio.

Questo è quello che dà il via a Nella Scatola Nera: un ispettore, Matilde di Malta, deve scoprire chi ha assassinato la donna trovata in uno stanzino. I diciotto giorni successivi alla sua morte vengono raccontati otto volte, ciascuna dal punto di vista di un personaggio diverso. Le stesse scene trovano così un respiro differente nelle varie puntate. Forse nella prima puntata lo spettatore non capirà perché Enzo faccia un certo gesto, ma poi, nella quarta, capirà cosa c’è dietro. 

Tutto questo avviene a causa del disegno di uno dei personaggi, di cui non posso parlare per una questione di spoiler violenti. Però, quello specifico personaggio merita il mio plauso, perché si è dimostrato/a particolarmente efficace. 

Cosa ne pensate dell’approdo della serie su una piattaforma gratuita come Serially?

Elia Castangia: In realtà è stato un incontro di simpatia. Con Roberto stavamo portando in giro la serie e di Serially ci è piaciuto molto questo sguardo verso i giovani. Speriamo infatti che quel pubblico – un po’ più curioso e attento alle cose meno mainstream – possa essere interessato.

Scatola nera e Nella scatola nera rappresentano una sfida: non sono due serie semplici, per cui vedi la puntata e la risolvi lì. Sono oneste, perché gli elementi ci sono, ma, nel corso delle puntate, questi ultimi vanno un po’ assemblati. Ecco perché pensiamo che il pubblico di Serially possa essere quello giusto.

E un po’ anche per il modo in cui Serially ha approcciato la nostra serie: ci siamo trovati in sintonia con la loro valutazione. Inoltre, la piattaforma si distingue in un momento in cui tutte le altre stanno rincarando i loro prezzi.

Avete qualche progetto in cantiere che volete sponsorizzare?

Elia Castangia: Siamo, in realtà, in giro per ZenEurope (la società che ha prodotto Scatola Nera), con due progetti. Uno è un thriller-thriller senza comedy che amo particolarmente, ambientato a Stromboli. L’altro è un progetto di dark comedy che non posso citare, perché è un progetto BBC di cui abbiamo preso i diritti. Insomma, siamo in giro a raccontare ai broadcaster queste due idee e vedremo come andrà. 

Alessandro Betti: Io dopo l’estate riprenderò un’altra stagione del GialappaShow, con la Gialappa’s Band. Dovrò studiare quest’estate per portare qualcosa di nuovo, quindi vedremo. Infilerò la mano nel cilindro e speriamo ne esca un coniglio.

Per adesso c’è questo. In genere quando non si lavora si dice che si sta scrivendo. Quindi, sì, sto scrivendo, però aspetto di avere qualcosa di più concreto prima di parlarne. 

Avete qualche consiglio per artisti emergenti, attori, scrittori o registi che siano?

Alessandro Betti: Adesso è un po’ difficile parlarne, rischierei di essere troppo poco indulgente. Mi verrebbe da dire di studiare, di prepararsi. Se si è all’inizio ed è solo una passione, è meglio arrivare poi preparati alle situazioni offerte.

Dopo di che, purtroppo viviamo in un momento in cui tutto è molto più accessibile. Questo è un bene, però ha anche dei lati negativi, perché ci sono sempre meno filtri. Io sono convinto che ci si stia abituando ad una qualità che non è sempre così alta, ed è un eufemismo. Chiunque può accedere a tutto, ma il fatto che questo avvenga rapidamente e in modo ampio senza che ci sia una preparazione porta, purtroppo, ad una qualità non sempre buona. Però, se qualcuno vuole intraprendere questo mestiere con onestà, sincerità e per sé stesso dovrebbe partire dallo studio, fare la gavetta. 

Elia Castangia: Aggiungo che, oltre allo studiare, è importante il “fare”. Più uno è giovane e all’inizio della sua carriera, più ha tempo. Il segreto è evitare di passare quel tempo lamentandosi del fatto che non ci siano opportunità, ma buttandosi. Anche su schifezze! Avessi avuto io il telefonino quando andavo al liceo!

Alessandro Betti: E non per forza davanti a dieci milioni di persone.

Elia Castangia: Ma sì, anche tra amici. L’importante è fare, fare, fare.
Parlando per il mio settore, quindi giovani registi, montando i propri lavori si capisce, ad esempio, cosa ci si è dimenticati di realizzare sul set. Alla fine, comunque, quelli bravi ce la fanno. Quello che dice Ale è vero, il mercato è complesso, però ce n’è. 

Alessandro Betti: Sul fatto che ci sia possibilità assolutamente.

Elia Castangia: Io non parlo di ambire alla fama, di diventare il “regista di”, l’“attore di”. Però, riuscire ad esprimersi in questo settore, dal mio punto di vista, è un privilegio, perché non sembra quasi di lavorare.

Io mi sento un privilegiato a fare questo mestiere. Non sono famoso, ma non è quello che mi interessa. Mi interessa l’opportunità di poter scrivere delle cose e avere la possibilità di vederle realizzate. Che sia uno spot, una fiction, un programma televisivo. Intanto, mi alzo contento di fare qualcosa che viene dai miei pensieri. 

Alessandro Betti: Sono d’accordo. Infatti il senso del mio discorso sullo studiare era poi inteso come “fare”. Non sempre sotto i riflettori.

Io poi ho una mia idea precisa sul fatto che, purtroppo, il talento non riesca sempre ad arrivare. Oggi, secondo me, esso sta diventando sempre meno importante rispetto ad altre cose, ma se hai la passione per questo mestiere, lo fai a prescindere. Dopo di che, puoi avere un microfono e rivolgerti alla massa trovando un tuo canale, ma dipende un po’ da te e da quello che vuoi fare.

Elia Castangia: Io scinderei, ecco. Consiglierei ad un giovane di separare la fama dal mestiere. Il mestiere è interessante ed è qualcosa che puoi perseguire e poi finire su varie opzioni. C’è chi fa televisione, pubblicità, chi il teatro, perché no! La fama e i followers sono altro.

Alessandro Betti: Sì, puoi essere molto famoso senza saper fare molto. Mettiamola così.

Elia Castangia: Il quale, però, non può essere un obiettivo. Al netto del fatto che sia possibile raggiungerlo, uno che inizia per diventare famoso che contenuti fornisce?

Vuoi raccontare una storia?
Sei uno che vede la vita? Mi ricordo che Luca, uno degli attori di Scatola Nera, durante la prima stagione mi ha chiesto cosa potesse fare per migliorare. Io gli ho detto: “Leggi”. Leggere ti aiuta a capire e capire ti aiuta ad interpretare.

Avete notato maggiori difficoltà ad emergere nel settore post pandemia?

Alessandro Betti: Io direi proprio il contrario. Mi scuserete, ma sono un po’ integralista su questo. Per me è molto più facile emergere. Si sentono molte persone dire che hanno iniziato a fare video a casa su TikTok e Instagram durante la pandemia: i creators sono aumentati in modo esponenziale.

Trovo proprio che oggi sia più semplice, anche perché le piattaforme sono cambiate. Instagram oggi permette di promuoverti ed è una telecamera accesa sul mondo. Se sei riuscito a crearti una fanbase, hai una tua popolarità a cui molti canali importanti prestano attenzione. Secondo me, questa popolarità non è sempre strutturata e legata al talento effettivo.

Elia Castangia: Detto questo, ai ragazzi che dovessero leggere questa intervista direi che non si può partire con l’obiettivo di diventare popolari.

La popolarità arriva casualmente, non si può inseguire la fortuna. Bisogna invece perseguire uno sviluppo e una competenza personali. Bisogna lavorare per fare ciò che piace e trovare così la propria via. A volte serve essere nel posto giusto al momento giusto.

Non si può programmare la vita in funzione del successo, ma lo si può fare in funzione del lavoro che piace. Questo è raggiungibile, la fama, invece, è un capitolo complicato. 

a cura di
Claudia Camarda

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – “Dancing for the Devil: The 7M Cult” – dietro le quinte del successo social
LEGGI ANCHE – “Kinds of Kindness”: il ritorno alle origini di Lanthimos
Condividi su

Claudia Camarda

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *