Torna l’Officina della Camomilla a divertire l’affezionato pubblico del Locomotiv Club di Bologna a suon di xilofoni punk e poesia
Ho sempre ascoltato l’Officina della Camomilla. Da adolescente cercavo di mettere a tacere le mie delusioni amorose con le parole divertenti della band e dimenticavo il motivo per cui piangevo. Sono canzoni naif e colorate, cantate e suonate da musicisti malinconicamente sorridenti. I testi “wonkiani” danno forma a un mondo fatto di cascate di cioccolato e nuvole di zucchero filato.
Ogni musicista sul quel palco sembrava rappresentasse un colore diverso dello xilofono: il cantante il blu come la malinconia, il chitarrista il giallo come l’allegria con cui sorrideva, cantava e coinvolgeva il pubblico. D’altronde, in un mondo ridotto, in molti casi, al bianco e nero del mercato, loro hanno sempre avuto il coraggio di essere autentici.
Le acrobazie e il romanticismo conditi con un po’ di pop punk conferivano tridimensionalità a una band in realtà ricca di sfaccettature, una band che sa divertire e che autoironizza attraverso una scrittura ubriaca e confusionaria. Dreamcore è la perfetta etichetta per rendere l’idea a coloro che non li hanno mai ascoltati, perché le loro canzoni aprono la porta al sogno spensierato, ad una dimensione puerile… un parco giochi, per intenderci.
È tutto quello che l’indie dovrebbe essere, intriso del carattere bolognese della vita giovanile, del menefreghismo antiborghese, dello spirito del fanciullino che non vuole diventare grande, di un pinocchio che è a suo agio nel paese dei balocchi.
Il chitarrista era uno di noi e andava in giro per il pubblico per godere del nostro entusiasmo da vicino. È incredibile come, dopo un anno intriso di concerti, io abbia sentito di più la partecipazione e la gioia dei musicisti in piccoli concerti come questi che in altri visti negli stadi. Non è sempre così ma questo è un esempio. Noi li abbiamo accolti come nostri amici, noi che con l’Officina della Camomilla in sottofondo abbiamo dato i primi baci e vissuto le prime vacanze.
a cura di
Benedetta D’Agostino
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