“Dalla Certezza alla Puodarsità” raccontato dall’eclettico Kama

“Dalla Certezza alla Puodarsità” raccontato dall’eclettico Kama
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Kama, cantautore dalla penna tagliente e dalle sonorità trasversali, fa il suo ritorno sulle scene con il disco “Dalla certezza alla puodarsità”.

Il titolo non inganna: in queste nuove canzoni c’è spazio per la critica sociale ma anche per il gioco. Noi di The Soundcheck abbiamo avuto l’occasione di parlarne con lui. L’intervista è un concentrato di libertà artistica e di pensiero. A voi la lettura!

Cosa ti ha ispirato nella realizzazione di questo nuovo disco,” Dalla certezza alla puodarsità”?

Dopo “Un Signore anch’io” che era un album principalmente analogico, molto suonato, avevo desiderio di provare a tuffarmi in qualcosa di diverso. Forse nemmeno io sapevo esattamente cosa ma la veste del cantautore l’ho sempre trovata un po’ riduttiva. Mi piacciono gli strumenti anche digitali, mi piacciono i suoni, mi piace gestire la produzione artistica delle canzoni.
Così ho iniziato un simbolico viaggio, zaino in spalla, tra i generi musicali, le mia passioni, i miei nuovi ascolti cercando di spingere un po’ più in là il confine man mano che le canzoni si creavano. Tante sono state scritte a pezzi senza un ordine definito di lavoro. 

Quanto ai testi, ho sempre cercato di utilizzare l’ironia per stimolare pensieri critici, per cercare di dipingere il mondo da più angolature. Forse, a differenza del passato, c’è qualche testo un po’ più rabbioso. Stiamo vivendo un’epoca estrema, in cui i giornalisti, i politici e più in generale gli individui costruiscono una realtà fake, fatta di proclami, sintetica e spesso vuota. Abbiamo banalizzato la bellezza della vita e questo mi fa male, mi genera rabbia, soprattutto pensando ai miei figli e alle generazioni future.

Come hai affrontato questo ritorno sulle scene dopo tanti anni di silenzio?

Mi rendo conto che per i ritmi di oggi 6 anni siano tantissimi. Mi sono svincolato dalle etichette discografiche anche per non subire pressioni di nessun tipo. Io scrivo canzoni, so di saperlo fare e mi impegno per realizzare dischi pieni di contenuti, curati in maniera minuziosa, che mi rappresentano.
Non è un disco con filler da skippare, ogni canzone è un singolo e si porta appresso mesi di lavoro per trovare la parola giusta, il suono giusto, in mix giusto.

Mi sono preso il tempo che serviva, l’ho praticamente suonato, registrato e mixato da solo.
Il ritorno sulla scena è scontato, credo di avere una dote e concretizzarla è un mio desiderio ed in qualche modo anche un dovere.

E citando “Tramontana”, io ci provo a emozionami per davvero, se non sarò bravo almeno sarò sincero.

Parliamo delle collaborazioni con Edda e Lele Battista. Come sono nate e come è stato lavorare con loro?

Due collaborazioni prestigiose che mi riempiono di gioia perché Edda e Lele sono artisti che stimo profondamente da tanti anni.

Edda era un mio mito. Prendevo il mio Si Piaggio per andare a vedere i concerti dei Ritmo Tribale. Edda è stato il capostipite di tante band musicali indipendenti e non di quel tempo. E’ stato copiato anche da artisti che hanno avuto più successo di lui. Ha una voce unica. Così registrando “Non Passerà” mi è sembrato davvero di sentire la sua voce cantare una strofa. Allora gli ho scritto allegando la canzone, gli è piaciuta ed ha accettato senza esitare. 

Poi in studio si è lamentato che lo facevo cantare come Paperino perchè ora usa un registro più basso, ma per me era perfetto così. 

Lele è uno dei cantautori più bravi e sottovalutati che io conosca. Oltre ad essere un musicista preparato, ha una sensibilità unica, poetica.
“Come Falene” è un brano intimo che analizza la condizione umana del nostro tempo e avevo desiderio di sentire la sua opinione sul tema. 

Gli ho mandato il brano con lo spazio per la sua strofa, spiazzandolo un po’ perché i miei cantati sono diventati un po’ più serrati, quasi rap. Credo ci abbia pensato sei mesi e quando me l’ha mandata l’ho trovata perfetta. Gli ho scritto: “Ti sei preso il tuo posto. E’ bellissima”. E’ nata un’amicizia, Lele è venuto anche a fare una parte nel video e al live di presentazione del singolo. Credo che la soddisfazione sia reciproca. 

Nel disco è interessante il mix di generi che ne è alla base. Come definiresti la tua musica a chi si approccia per la prima volta ad un suo ascolto?


Non mi ingabbierete mai! 

Anzi, ti dirò, le recensioni di questo disco sono in assoluto quelle con meno riferimenti ad altri artisti. Evidentemente la mia musica si evolve, riesco ad esprimermi con più creatività, la mia cultura musicale si espande e con essa la musica che produco.


A chi si approccia per la prima volta alle mia canzoni direi che i miei tre album sono espressione di un cantautore polistrumentista (innanzitutto batterista e percussionista) che lentamente cerca di abbandonare i clichè per liberare la creatività che è in lui. Mi piacciono gli strumenti e i loro suoni, mi piaccioni i campioni, l’elettronica, la musica classica, il funk e al contempo sono innamorato dei cantautori della nostra penisola.

Ti sei confrontato negli anni con livelli diversi dell’industria discografica. Pro e contro di essere sotto major e di essere indipendente?


Ho firmato il mio primo contratto con un’etichetta indipendente ma di rilievo (Eclectic Circus). Stefano Clessi (che oggi è un importante personaggio dell’industria musicale) ai tempi era un infaticabile lavoratore innamorato della musica. Mi ha insegnato molto e gli sono molto grato.
Dopo la pubblicazione di “Ho Detto a tua Mamma che Fumi”, nel 2006, il mondo discografico ha subito uno stravolgimento. Per intenderci il mio cd era nelle colonnine di ascolto della Fnac o delle Messaggerie Musicali…
In pochi anni i cd non si vendevano più, Mtv è praticamente sparita , il digitale ha preso il sopravvento. Iniziavano i primi talent.

Ecco queste sono le circostanze storiche del mio approccio in Sony Bmg dove speravo di trovare un posto in cui accrescere le mie doti artistiche collaborando con esperti che credevano in me.

Purtroppo ho fallito per un soffio l’approccio a Sanremo, il primo singolo non è andato come Sony sperava, e il mio progetto, come tanti altri, è stato subito accantonato. Mi è stato chiesto di collaborare come autore ma non era tra le mie priorità. Nel frattempo mi ero laureato un paio di volte e lo sguardo della mia carriera lavorativa volgeva anche altrove.

Oggi leggo di giovani artisti consumati dalla pressione della discografia, dai ritmi estenuanti e dai pochi guadagni (perché la maggior parte di loro ha firmato contratti discografici capestro) e li capisco bene.

La strada per la salvezza è fottersene della discografia e dare la priorità alla propria musica che esisteva prima dell’industria musicale e gli sopravviverà.

Questa industria è nemica dell’arte, su questo concordo con Morgan. Le canzoni sono perlopiù tutte uguali, prodotte allo stesso modo e scritte dalla stessa manciata di autori. L’arte e la musica, per come le concepisco, devono per necessità scappare da questa omologazione anche se questo vuol dire ridurre il pubblico o dovere trovare un lavoro per mantenersi.

Visto che ami giocare con le tue canzoni, facciamo un gioco: per ogni canzone del disco, suggerisci ai nostri lettori un posto o un momento della giornata adatti per ascoltarli.

Gioco bellissimo! Grazie lo faccio con piacere.

1) “Sto zitto” va ascoltata in un bar/ristorante in pausa pranzo perchè lì è ambientata. Smaschera il gioco di ruoli in un approccio tra un uomo e donna.

2) “Bellissima” si ascolta in macchina al rientro dopo aver fatto serata. E’ una canzone ironica in cui suggerisco a Papa Francesco di smettere di bere e trovarsi un lavoro. Tutta la vignetta di questo buffo mondo si risolve con l’arrivo della mia Beatrice…

3) “Tramontana” è la mia biografia raccontata dalla “signorina musica”, consiglio la domenica mattina in tuta senza mutande…

4) “Banane” è perfetta per fare sport, ritmo e un po’ di rabbia.

5) “Un Gioco in cui ti Senti Grande” necessità di atmosfera natalizia, come il video che abbiamo girato in piazza Duomo. Freddo, caldarroste e luminarie.

6) “Dalla Certezza alla Puodarsità”. Hai presente la domenica mattina della tuta senza mutande di “Tramontana”? Si esce a fare una passeggiata, si guardano in volto le persone che si incontrano e si inizia a sognare.

7) “Banzai” è una canzone da reclusione da Covid. Nei momenti di tristezza e paura potrebbe essere utile ricordare quando si stava male davvero…

8) “Ma Come no” è da rivoluzione quando siete stanchi di sentire le boiate che l’informazione ci propina quotidianamente. Facciamo cuffia in manifestazione?

9) “Come Falene” si ascolta a letto, al buio, un viaggio esistenziale tra la società contemporanea.

10) “Mayo no” va ascoltata in un ufficio magari di una bella multinazionale o di una redazione guardando le buffe dinamiche tra i vostri colleghi…

12) “Non Passerà” è una canzone da riordino di appartamento, mentre riempite sacchetti della spazzatura di cose inutili che avete accumulato e che ora, che avete deciso di dare una svolta alla vostra vita, non vi servono più.

13) “Gino” è una canzone da weekend in Emilia tra lambrusco e culatello alla ricerca della felicità nelle piccole cose.
14) “Allontanare” in vasca da bagno per ripulire anche la mente. Il vostro mental coach privato!

Dove suonerai prossimamente?

Il 25 aprile in piazza a Verderio per festeggiare e prenderci cura della nostra libertà. E visto i tempi che corrono, ne sono fiero.

a cura di
Redazione

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