“Enea” – come Pietro Castellitto ha sfatato i preconcetti

“Enea” – come Pietro Castellitto ha sfatato i preconcetti
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Enea, opera seconda di Pietro Castellitto, è stata presentata in anteprima in concorso all’80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. E’ in sala dall’11 Gennaio, fra polemiche e apprezzamenti.

Il nepotismo rappresenta indubbiamente un grave problema in vari contesti della vita di tutti i giorni, dalla sfera politica al mondo del lavoro, coinvolgendo anche il cinema. Non sono affatto rare le apparizioni improvvise di figli o figlie d’arte in ruoli di rilievo davanti o dietro le quinte, che spesso si sono poi rivelate autentiche tragedie grottesche.

Fortunatamente, non è questo il caso

Enea, opera seconda di Pietro Castellitto, è un’aspra dose di rabbia e ribellione nei confronti dei canoni tradizionali, che conserva però un forte retrogusto dolce e casereccio. Un’opera complessa ma completa, ricca di significati palesati e celati, un arcobaleno di emozioni e sensazioni che trascina dietro di sé un lungo silenzio in seguito alla visione.

Pietro Castellitto nei panni di Enea
Trama

La trama si snoda attorno alla figura di Enea, interpretato dallo stesso Castellitto, figlio di una ricca famiglia borghese romana. Qui gestisce un ristorante di sushi, trascorrendo le ore di sole tra i luoghi della Roma bene e quelle di buio in privilegiati club intrisi di droghe e sfrenati festeggiamenti. Ciò in costante compagnia dell’amico d’infanzia Valentino (Giorgio Quarzo Guarascio, in arte Tutti Fenomeni), giovane pilota appena brevettato.

Nel tentativo di scacciare la noia e il senso di vuoto, i due si immergono in eventi esclusivi della Capitale, ritrovandosi coinvolti in un ricco traffico di cocaina. Parallelamente all’ascesa del figlio, la famiglia di Enea deve fronteggiare le proprie difficoltà: il padre psichiatra (Sergio Castellitto) dedica la vita a salvare le menti altrui trascurando la propria, la madre giornalista televisiva (Chiara Noschese) è ormai satura del mondo artificiale e pilotato in cui lavora, mentre il fratellino Brenno (Cesare Castellitto) è un liceale con problemi di comportamento. 

La vita di Enea prende una svolta drammatica quando il giro di droga si dimostra essere più grande di quanto avesse immaginato, mettendo in pericolo se stesso e tutto ciò che ha più caro. Solo l’amore di Eva (Benedetta Porcaroli) porterà conforto e sostegno alle difficoltà affrontate dal protagonista, nella ricerca di un senso alla vita e nel fare i conti con le conseguenze delle scelte compiute.

Enea con Eva in una scena del film

Da questo punto in poi, attenzione agli spoiler.

La mia interpretazione riguardo la rottura dei canoni si focalizza su un’analisi della pellicola in tre punti di negazione. Partendo dalla struttura e il background dell’opera – la catabasi anti-dantesca -, passando alla sfera parentale – la famiglia anti-clanica -, e concludendo con il personaggio di Enea, o meglio Pietro – il borghese anti-borghese -:

La catabasi anti-dantesca

La struttura di Enea è quella di un film ‘rise-and-fall’, ma nasconde altro. 

Nella seconda parte, Castellitto presenta la catabasi del suo protagonista, assimilabile a quella dantesca. Enea si trova ad affrontare un percorso impervio, ma non da solo: è infatti accompagnato da Valentino, simbolicamente però lontano, lontanissimo, dalla figura di lume della ragione virgiliana

Proprio l’assenza di una guida con raziocinio porta ad un finale inatteso, diametralmente differente dalle aspettative. L’ascesa al paradiso si rivela fittizia, con Enea che trova la morte sul più bello, appena sposato, una fine a cui lui stesso e noi della platea avevamo smesso di pensare.

L’assassino silenziosamente termina la sua acerba vita, aprendo ad un tragicomico finale di pellicola: vediamo infatti i genitori di Enea, ignari della tragedia appena accaduta alle loro spalle, che dolcemente superano le loro difficoltà dopo una felice giornata di nozze, ritrovandosi piú innamorati di prima e volando via in un romantico abbraccio da film fantasy

La famiglia perde un pezzo fondamentale nel suo migliore momento. E forse proprio la perdita di Enea è in realtà un sollievo, amara realizzazione che si costruisce nel ‘cut to white’ che conclude la pellicola. 

Parliamo dunque del ruolo di questa famiglia, e delle altre, in “Enea”.

La famiglia anti-clanica

La cinepresa di Castellitto non inquadra mai una ‘bella’ famiglia, né la sua né le altre.

Il monologo iniziale di Enea punta ad affermarlo subito, in modo da non dare spazio di manovra: la struttura di famiglia come ‘clan’, descritta come ideale, è lontanissima da quella della sua, che non riesce nemmeno a stare ‘unita’ per un semplice bicchiere di vino a tarda notte. 

L’unico frangente in cui la famiglia è raffigurata come un nido dolce e accogliente, ovvero nella conversazione in auto condotta da un enorme Adamo Dionisi, è bruscamente interrotto dall’agguato crudo e sanguinolento che porterà alla sua morte. 

Non vi è spazio per lo scudo affettivo del focolare domestico, bisogna sempre stare in guardia, attenti. Non vi sono clan, ma individui che combattono ognuno per sé al fine di rimanere a galla. 

Valentino e la madre in una delle scene topiche della pellicola
Il borghese anti-borghese

L’ultimo punto inizia con una domanda: cosa funge da legante per l’intera pellicola, rendendola molto solida strutturalmente e facendo appassionare a ciò che è narrato? Il fatto che Castellitto ritragga la vita di una famiglia borghese e il suo ambiente in maniera eccelsa, proprio perché ne fa parte e ha potuto viverne i particolari anche più nascosti.

E il ritratto non é positivo, non c’é alcun raggio di speranza nella coltre di nebbia di una città malata, e tutto ciò é bislaccamente evidenziato dalle ispirazioni dell’autore: Castellitto é figlio artistico di quel “maschilismo” attribuito a Fellini, prendendo tanto spunto dalla Roma caotica e infernale di serie e film dell’ultimo decennio (vedi Suburra), pur mantenendo l’alone mistico sorrentiniano (il quadretto della famiglia al cenone di Natale, composta da tutti i veri Castellitto, con storie passate di generazione in generazione, ne è esempio lampante).

Castellitto non rifugge il suo essere borghese, bensì distrugge questa essenza, rimettendo insieme i pezzi per portare una raffigurazione a modo suo agli spettatori. 

Autoironicamente si annulla per portare il miglior contenuto possibile sul tema, ma con i suoi occhi, coadiuvato dal padre.

Considerazioni finali

Enea non è assolutamente un film perfetto, infatti ha i suoi limiti, a volte esagera inutilmente nel rompere gli schemi della settima arte. E’ anche un film di particolari, alcuni citati, altri lasciati alla vostra interpretazione. Ma soprattutto è sperimentazione, il giocare con il cinema, con il montaggio, con la regia. 

E’ una pellicola che non trova consenso unanime, odiata da alcuni e amata da altri, divisiva; e le migliori innovazioni, in qualunque ambito, sono sempre state tali. 

Perciò in bocca al lupo, Pietro Castellitto.

a cura di
Francesco Pasquinelli

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